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Il ritorno di Renzi e Berlusconi e il buco dell'Italia intorno a loro

Mario Sechi

Nella settimana appena trascorsa l’agenzia canadese DBRS ha segato l’ultima A che rimaneva al rating del nostro paese. Ci saranno una serie di conseguenze spiacevoli per la finanza italiana

San Marcellino I

Il Vecchio e il Giovane

Lo slancio per affrontare con nuove energie la settimana è arrivato ieri con due interviste parallele che segnano una nuova stagione della politica italiana. Hanno parlato insieme, il Vecchio e il Giovane. Come cantava Fabio Concato, una domenica bestiale.

Il Vecchio. Silvio Berlusconi è stato intervistato da Francesco Verderami sul Corriere della Sera. Dal 1994 “in campo”, Berlusconi promette di candidarsi nel 2018. Nel frattempo nel Regno Unito Margaret Thatcher è morta, Tony Blair e David Cameron sono andati a casa e a Downing Street c’è Theresa May; in Russia Boris Eltsin è morto, Putin e Medvedev si sono cambiati i ruoli al Cremlino; negli Stati Uniti Bill Clinton suona il sax, George W. Bush fa il pittore e Barack Obama rosica; in Germania Helmut Kohl fu dato per morto ma è vivo, Gerhard Schroder si occupa di gas per i russi e Angela Merkel è a caccia del quarto mandato; in Francia Francois Mitterrand è morto e al funerale c’è stato un gran traffico di ex fiancés e figli(a) a sorpresa, Jacques Chirac ha passato il Natale in famiglia dopo un ricovero, Nicholas Sarkozy ora ha molto tempo da passare con Carlà, Francois Hollande avrà moltissimo tempo per sbrigare il traffico via twitter con le sue fiancés di ieri, oggi e domani. C’è altro? Berlusconi vuole il proporzionale e stima tanto tanto Mattarella.

Il Giovane. Matteo Renzi è stato intervistato da Ezio Mauro su Repubblica. Dal 2004 “cambia verso”, Renzi promette di candidarsi nel 2018 (anche prima, forse). E’ già ex presidente del Consiglio, è ancora segretario del Pd. Disse alla Leopolda: “I sondaggi si cambiano, non si leggono”. Scrisse (Fuori!): “Attenzione. Decidere non significa non ascoltare nessuno. Al contrario: è importante ascoltare tutti”. Renzi parla sempre con Io (ma non è Scalfari), Ezio Mauro chiede: Insomma, "noi" non riesce a dirlo fino in fondo?”. Egli risponde: "Sto imparando, vorrei ci provassimo tutti”. Disse a Enrico Letta “stai sereno”. Nell’intervista a Mauro ha assicurato: “Adesso c'è il presidente Gentiloni cui va tutto il nostro sostegno”. C’è altro? Renzi dice che non vuole il proporzionale ma spiega alla massa: “Con il proporzionale torniamo a un sistema più simile alla democrazia cristiana. Ma il Pd sarà decisivo comunque”. Mattarella? Citato una sola volta, per ricordare il momento delle sue dimissioni. Con il petto in fuori, ha dichiarato al Mauro: “Dove non mi troverà mai è nei salotti, soprattutto a Roma”. Se li avesse frequentati, avrebbe capito qualcosa di più su se stesso e gli italiani. Ha confessato di aver pensato di lasciare la politica dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre scorso. Non l’ha fatto. Il noi è un plurale maiestatis: “Noi guardiamo avanti, non indietro”. Noi? Io, moi après le déluge. 

Due letture davvero istruttive, soprattutto per il bel buco intorno. Nella settimana appena trascorsa l’agenzia canadese DBRS ha segato l’ultima A che rimaneva al rating del nostro paese. Ci saranno una serie di conseguenze spiacevoli per la finanza italiana, una decisione che molto probabilmente il 21 aprile prossimo sarà seguita dall’agenzia Fitch con un altro taglio del rating dell’Italia. Né il Vecchio né il Giovane hanno parlato del lieto evento, del che fare? per evitare il declino. Entrambi hanno sorvolato su questi due dettagli che riguardano da vicino i loro ultimi governi. Il primo grafico è sul rapporto tra debito e pil:

Il secondo grafico – che spiega la performance del primo – è sulla formidabile crescita del pil dal 2008 a oggi:

Sulle banche e i crediti deteriorati, silenzio (Berlusconi) e cieca autodifesa (Renzi). Il Vecchio e il Giovane (forse) governeranno insieme. Buona giornata.

La Borsa peggiore. Il dettaglio che il Vecchio e il Giovane hanno schivato nelle interviste ha cominciato a funzionare a pieno regime nella realtà. Dopo il downgrade di DBRS, la Borsa di Milano è la peggiore in Europa. Dopo quello tedesco, c’è il complotto canadese. Maledette Giubbe Rosse.

C’è un buco in Italia. Letterina dell’Unione europea al governo italiano: “Serve una manovra da 3.4 miliardi”. Anche questi, dettagli. E in ogni caso è un altro complotto, stavolta dell’Europa e della Germania.

 

La settimana di Trump.

Casa Bianca. The Donald si insedia alla Casa Bianca il 20 gennaio, venerdì. A Washington ci sarà un evento celebrity-free ed è un bene. Hollywood non ama Trump, gli elettori di Trump non amano lo star system. Tutto torna.

Giorgio Armani e la First Lady. Gli stilisti, quelli che non puoi proprio farne a meno, hanno dichiarato sdegnati che non vestiranno Melania Trump. Giorgio Armani ha rimesso la chiesa al centro del paese: “Di mestiere cerco di vestire le belle donne, lei lo è”. E’ la conferma che Armani non è uno stilista, ma un sarto sublime e un uomo intelligente. Per la serie chissenefrega: il trio Il Volo non canterà per Trump. Non saremo mai, ma Sanremo sempre.

Anglosfera e Europa. Trump ha deciso di riaprire la porta dell’Anglosfera. Il titolare di List aveva segnalato tempo fa che la nuova amministrazione americana avrebbe allineato la diplomazia alla tradizione: torna l’amico inglese e la relazione speciale con il Regno Unito. E quindi? L’Unione europea è un veicolo della Germania, ci saranno altre Brexit, Angela Merkel è una grande statista ma sull’immigrazione ha commesso un grande errore. Tutto sul Times di Londra, con la firma di Michael Gove, il parlamentare conservatore a capo del movimento del Leave, che è stato invitato a partecipare a un’intervista concessa da Trump al giornale tedesco Bild. Theresa May finora è stata scavalcata da Farage, Johnson e Gove nei rapporti con Trump.

…e la sterlina va giù. Nella settimana dell’insediamento di Trump, la Sterlina ha toccato di nuovo il fondo.

Trump e i maoisti di Davos. In uno scenario da rottura dell’Unione europea si apre il World Economic Forum di Davos. L’establishment si riunisce nella località svizzera con il solito contorno di jet personali (e grande preoccupazione per l’ambiente), champagne in villa (e un pensiero ai diseredati del mondo), un salto al Tonic Bar (e una riflessione profonda, mi raccomando, sulla disoccupazione). Che bravi. Ah, en passant, non ci sarà nessuno della nuova amministrazione americana. Segno dei tempi, basta leggere le cronache di Breitbart per capire che aria tira per l’élite. Basta con gli autocrati che urlano Make America Great Again. Meglio applaudire il presidente cinese Xi Jinping, un leader che sta rispolverando il culto della personalità riservato al Grande Timoniere. A Davos passano con eleganza da Adam Smith a Mao.

Oxfam manda fuori pista i davosiani. Apre Davos e Oxfam pubblica il report su ricchi e poveri del pianeta. Gancio destro e sinistro in faccia a Apple. Come realizza i suoi profitti stellari l’azienda guidata da Tim Cook? Così:

 

16 gennaio. Nel 1994 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro scioglie le Camere. Fine della Prima Repubblica. La seconda non è mai cominciata.