Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

Verso l'alleanza tra M5s, Lega e Fratelli d'Italia

Mario Sechi

I Cinque Stelle arriveranno primi alle elezioni, daranno le carte, Lega e Fratelli d’Italia entreranno nel governo pentastellato pur di liberarsi definitivamente dell’ombra di Berlusconi

Immacolata Concezione della beata Vergine Maria.

  

Renzi, Grillo e il delitto perfetto. Che succede? Niente, le cosiddette istituzioni frullano il vuoto e la cosa mirabile è che in questo nulla da ascensore di Palazzo che conduce alla cantina degli orrori ci sono due figure lontanissime tra loro ma con un unico destino: Renzi e Grillo, il perdente e il vincente del referendum. I numi tutelari della Repubblica stanno scavando per deviare il fiume della storia, pre-pensionare Matteo (c’è sempre un’Ape per tutti, in Italia) e far deragliare la marcia di Beppe verso il governo. Come si fa? Basta sospendere, congelare, rinviare, modificare, emendare, eccepire, richiamare, auspicare, introdurre, annotare, sospirare, consigliare, sussurrare, cospirare e infine, dulcis in fundo, allontanare l’unica cosa che si dovrebbe fare subito: le elezioni.

 

Le due vittime di questo spostamento dei binari verso il vuoto, Renzi e Grillo, vengono trattate con i guanti bianchi e con il martello. Al ragazzo vengono prospettati governicchi e papocchi, perfino il rivoltante governo bis (che non ci sarà), un menu con qualche buona pietanza per gli ultimi amici rimasti (gli altri sono già dietro l’angolo e con la boccetta di arsenico in mano, vedere alla voce Franceschini), l’avvio di un percorso che è un minuetto con un drappo nero, una calma passeggiata nel giardino infestato dalle piante carnivore, insomma, un regolato, mesto, silente e sinistro funerale che conduce verso la tomba politica. Al comico e ai suoi teatranti non si parla e basta, perché occorre portare a termine il suicidio della Repubblica, dunque bisogna scrivere una legge elettorale che impedisca ai Cinque Stelle di vincere in maniera regolare, il voto.

 

Accendete la luce, siamo al buio. I quotidiani sono il tam tam della foresta pietrificata. Il primo caffè se ne va con la lettura del Corriere della Sera: “Mattarella, tre ipotesi per la crisi”. Meglio che a Monopoly. Repubblica mette in pista l’all in sul tavolo verde del Quirinale: “Quirinale, ipotesi Renzi bis”. Carlino-Nazione-Giorno vanno in stereofonia: “Renzi si dimette e rilancia”. La Stampa tira fuori due figurine dall’album della repubblica: “Padoan o Gentiloni per il dopo-Renzi”. C’è sempre un dopo. Che dopo… Serve un caffè ar vetro per tornare con un po’ di spirito sul gioco delle tre carte del Messaggero: “Crisi, tre strade per il governo”. Sintesi di Libero: “Tutto fermo, devono litigare”. La Verità bada al sodo: “Renzi a caccia di stipendio”. I giornali di ispirazione cattolica sono quelli che con fede e saggezza disegnano meglio la situazione. L’Avvenire mette nero su bianco il pensiero della Curia: “Renzi lascia, crisi al buio”. Talmente al buio che sulla prima pagina dell’Osservatore Romano di ieri pomeriggio non c’è alcuna traccia della crisi politica italiana, ma il titolo d’apertura è un presagio: “La virtù dei piccoli”. Nani senza ballerine.

 

Il labirinto senza voto. E’ un interessante quadretto, sembra una di quelle visioni scartavetrate di George Grosz dove il potere ride grassamente mentre alle sue spalle sferraglia il treno a vapore della storia. Questo è il presunto delitto perfetto: disinnescare Renzi e isolare Grillo. Gli unici due, se ci pensate, che credono al voto come possibilità (giusta o sbagliata, ma libera) per il domani. Chiudere Renzi in un eterno labirinto di se e ma, lasciare Grillo fuori dal castello, vicino al fossato pieno d’acqua e con i coccodrilli. Il caso del segretario fiorentino è un plot da Agatha Christie, quello del capo dei Cinque Stelle è un hard boiled da Dashiel Hammett. L’esito finale è sanguinoso: impedire al popolo di scegliere, cancellare anche l’ultima possibilità, quella di sbagliare in piena libertà.

 

Gli elettori di Cinque Stelle e Lega. Andrà così? E’ un piano che non sta in piedi per un motivo talmente banale da non essere neppure preso in considerazione: Renzi in questo momento si può forse (auto)eliminare, ma Grillo no. I Cinque Stelle hanno un alleato più forte di tutto, la storia. Là fuori succedono cose che il grigiore del Quirinale e il pallore di Montecitorio non possono né immaginare né fermare. Gli elettori dei grillini, della Lega e della destra in disordine sparso si parlano, votano i rispettivi candidati senza porsi nessuno steccato, si scambiano le figurine Panini nelle amministrative, attendono di farlo alle elezioni politiche, sono un paio di scene avanti nel film e la conclusione è già scritta: Cinque Stelle, Lega e Fratelli d’Italia sono destinati a trovare una forma di collaborazione e alleanza per il futuro. Non conta cosa pensino i loro leader, perché gli elettori questo scenario lo hanno già realizzato e le cose sono decisamente più forti degli uomini singoli. E’ questo dettaglio a sfuggire alla corte del castello che progetta quello che un attento lettore di List ha battezzato con sulfurea ironia “il pentapartito 2.0”. Vaste programme. Tornare al proporzionale per depotenziare Grillo che mai e poi mai farà un’alleanza con qualcuno? Che stupidaggine. E’ lo scenario migliore per Beppe e i suoi fratelli. Una restaurazione da ancien regime da bombardare tutti i giorni con il napalm fino all’inevitabile collasso e al voto tra le macerie. I Cinque Stelle arriveranno primi alle elezioni, daranno le carte, Lega e Fratelli d’Italia entreranno nel governo pentastellato pur di liberarsi definitivamente dell’ombra di Berlusconi. Non ci credete? La storia non si compie in un giorno, wait and see. Diceva il comandante Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”.

 

La cassa. Nel frattempo, succedono cose importanti alla cassa. Unicredit presenterà il suo piano di ristrutturazione e rilancio il 13 dicembre e oggi ha annunciato la cessione del 32,8% del capitale di Bank Pekao a Powszechny Zaklad Ubezpiecze e Polski Fundusz Rozwoju. Incasso per Unicredit 2,4 miliardi. Servono a migliorare i parametri di bilancio e uscire dall’incertezza. Si vendono i pezzi buoni e si cerca una via per il futuro. Il Monte dei Paschi fa l’unica mossa possibile in questo scenario: chiede tempo alla Bce per portare a termine la ricapitalizzazione. La data sul calendario a questo punto slitterebbe almeno fino a metà gennaio. Si può fare? Le condizioni ci sono tutte: l’Italia è senza governo, gli investitori – il fondo del Qatar e altri – vogliono garanzie e, in ogni caso, se va male la soluzione privata serve quella pubblica (il piano B) che deve essere elaborato da un governo in carica e non da un esecutivo che sta facendo gli scatoloni. In queste condizioni, sarebbe saggio affidare il timone di Palazzo Chigi a Pier Carlo Padoan, procedere nel programma di cessione di Mps e le quattro banchette decotte e salvate l’anno scorso di questi tempi, scrivere una legge elettorale e andare al voto tout de suite. Questo sarebbe il modo giusto, si pensa naturalmente ad altro, a una lenta agonia del sistema politico.

 

Draghi. Si riunisce il board della Bce e tutti si attendono l’estensione del Quantitative Easing. Serve? Senza, l’Italia fa la fine di un agnellino nel forno. Una guida per sapere e per capire, sul Wall Street Journal. Un paio di numeri spiegano tutto:

 



 

La Banca centrale europea ha acquistato finora (dati aggiornati al 2 dicembre) oltre 200 miliardi di titoli pubblici italiani. I mercati non hanno aggredito il debito sovrano solo perché c’è la Bce che compra. Smette di comprare? Siamo finiti. Mario Draghi ha davanti uno scenario completamente cambiato: l’arrivo di Trump ha invertito l’appetito degli investitori che stanno comprando sul mercato azionario e disinvestendo dai titoli pubblici, tanto che i rendimenti salgono nonostante il QE; il referendum italiano ha aperto il tendone del circo elettorale d’Europa che nel 2017 vedrà votare Francia e Germania con nessuna certezza sul risultato finale. Azione attesa dai mercati? Un robusto allungamento del piano, da 6 a 12 mesi e importo mensile invariato a quota 80 miliardi.

 

Wall Street. Corre. Lasciate perdere lo storytelling su Trump, guardate il mercato, la Borsa, cosa fa chi compra e chi vende. Queste sono le chiusure degli indici americani ieri, record su record:

 



 

Serve altro? Ieri la borsa americana ha messo a segno una seduta memorabile, la migliore dal 7 novembre, i titoli industriali volano, le attese sul piano economico di Trump sono grandi. Wall Street non conta niente? Il titolare di List tiene sempre bene a mente una frase di Gordon Gekko: “Se stasera questo posto crollasse, il mondo resterebbe senza governo”.

 

8 dicembre. Nel 1976 gli Eagles pubblicano Hotel California, uno degli album musicali più venduti di sempre. Un capolavoro.

“ You can check out any time you like but you can never leave”.

 

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