Barack Obama alla cerimonia per il Thanksgiving (foto LaPresse)

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Trump, il Thanksgiving e il nostro jumbo bond

Mario Sechi

La Borsa americana è chiusa. Buono per l’Italia, avremo meno pressione sui titoli di stato. Sul fronte della politica interna si registra la fine del dibattito sul merito del referendum costituzionale

Santi Andrea Dung Lac, sacerdote, e compagni, martiri.

 

Trump, il tacchino e il nostro jumbo bond. Oggi è Thanksgiving Day e la Borsa americana è chiusa. Buono per l’Italia, avremo meno pressione sui titoli di stato perché la crescita dei rendimenti in America ha un impatto globale e il debito italiano tra referendum e banche ripiene di titoli pubblici (e non performing loans, crediti deteriorati) è in costante tensione da settimane. La prima tabellina da guardare è quella dello spread, ecco la situazione:

 


 


 

Cala leggermente quello dei Btp rispetto al Bund (eravamo a quota 187 e stamattina siamo a 182) ma siamo sempre sopra i 180 e esposti al vento. E soprattutto continuano ad esserci 50 punti di distacco dai Bonos spagnoli. Perché? Occhio ai numeri dell’economia spagnola, ecco i croccanti dati della produzione, appena sfornati dalla pizzeria di Madrid: il pil è cresciuto dello 0,7 per cento (l’Italia più 0,3 per cento) e su base annuale avanza del 3,2 per cento contro una media europea di crescita di più 1,6 per cento. Fanno la siesta, sono rimasti un anno senza governo, hanno votato due volte, hanno un sistema politico barocco, ma la produzione cresce a un ritmo che per l’Italia è impossibile. Chiusa la campagna referendaria da Rocky Horror Show, forse sarà meglio interrogarsi sulla grande scomparsa della produttività italiana. E’ tutto un problema di prospettiva e lunga durata, insomma, per avere un minimo disegno del futuro bisogna sapersi proiettare indietro (le lezioni del passato) e avanti (avere un’idea decente del domani). Andiamo.

 

Longue durée 1. Jumbo bond. Il titolare di List segue con vivo interesse l’andamento del nostro jumbo bond a 50 anni, emesso un mese fa, collocato a 97,2 ieri è precipitato a 83,5 e stamattina galleggia a quota 84,2. Boom.

 


 

 


  

Cosa significa? Che su ogni milione di euro investito c’è una perdita di oltre 130 mila euro. Certo, finché non si vende tutto è virtuale, ma resta il tremendo sospetto che scommettere contro la storia non sia una grande idea. Messo secolo, chi può dire cosa saremo, dove saremo e cosa faremo? C’è un pizzico d’arroganza terrena nel voler giocare a dadi con la lunga durata della storia.

 

Longue durée 2. Le banche. Come vanno le cose? Alla grandissima, i margini sono così sottili che fare soldi in banca è diventato un mestiere per maghi. Tre anni di quotazione dell’indice settoriale dei bancari danno l’idea di quel che è accaduto:

 



 

Longue durée 3. Monte dei Paschi. Oggi c’è l’assemblea straordinaria di Mps, è stato raggiunto il quorum, deve deliberare un aumento di capitale da 5 miliardi. Senza, si apre la porta del bail-in. Sempre per dare un’idea di quanto conti il tempo, di quanto la lunga durata racconti il non-detto del giorno per giorno, ecco un grafico che riassume la performance del titolo di Mps:

 


 


 

Referendum, Italia. Siamo al pomodoro concentrato sul voto del 4 dicembre. Com’è la salsa? Pessima, da splatter neurologico. Il dibattito è spostato su altri argomenti, la riforma costituzionale è un caso a parte che non viene ormai più discusso nel merito. Perfino l’idea del referendum contro Renzi è obsoleta rispetto alle evoluzioni circensi in corso. Siamo allo scoperchiamento miracoloso di tesi che il Sì e il No spacciano come rivoluzione, ecco una carrellata perfetta per Mel Brooks: la vittoria di Trump negli Stati Uniti è un No; per uscire dalla palude basta un Sì; se hai il diabete vota Sì; costituzione argine a lobby e poteri criminali dunque voto No; servi di regime io voto No; Lazzaro alzati basta un Sì; Ilaria D'Amico e Giorgio Napolitano annunciano il Sì al Referendum.

 

Mancano Pippo, Pluto e la Banda Bassotti, poi ci sono tutti io voto No; quindi la moglie di Brunetta aiutava i grillini con propaganda falsa e basta un Sì. Il titolare di List si ferma qui, l’orgia via Twitter è da ricovero. Sta succedendo, è tutto vero.

 

Giornali italiani. Sono lo specchio preciso del format in onda, niente di più e niente di meno che la distopia in corso. Il primo caffè se ne va con la lettura del Corriere della Sera che fa un titolo da cocktail: “Le inchieste agitano il voto”; Repubblica distende la cronaca dei fatti salienti dai quali dipende il destino del paese con il terzo debito pubblico del mondo: “De Luca, l’Antimafia chiede le carte ai pm. M5S, altra inchiesta”; il caffè ar vetro anticipa le conclusioni della storia con Il Messaggero: “Renzi al Colle sul dopo voto”; La Stampa registra la fase da Ok Corral: “Firme false e magistrati. Nella sfida fra Pd e grillini il giorno dei colpi bassi”; Carlino-Nazione-Giorno fanno il titolo in stereofonia: “Grillini, firme false a raffica”. Libero torna sulle brunettiadi via Twitter con la foto della coppia e questo titolo: “State attenti a questi due”; La Verità sfodera un elenco: “Referendum, 20 ragioni per votare No”; la lettura dei giornali finisce con una certezza, un fatto che rassicura, tutto andrà per il meglio, titolo della Gazzetta del Mezzogiorno: “Allargare gli immobili, in Puglia si può ancora”. E viva l’Italia.

 

24 novembre. Nel 1826 nasce a Firenze Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio, l’insuperabile biografia degli italiani.

 

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