Corna e Strega

Mariarosa Mancuso

Petrignani fa la biografa-ritrattista della Ginzburg facendo parlare Natalia e raccontando il contorno

“I premi letterari sono una droga psichedelica” confessa al Guardian lo scrittore Benjamin Myers. Era candidato al Walter Scott Prize, da assegnarsi a un romanzo storico. E’ stato ricevuto nella tenuta del duca Richard Scott, discendente nonché gran proprietario terriero di Scozia. Racconta: “Per un paio di giorni ho vissuto in una canzone di Noël Coward – il compositore di “Mad Dogs & Englishmen go out in the midday sun”. Ingozzato a intervalli regolari di salmone e gamberetti”. Il duca aveva pregato i genitori del candidato di parcheggiare la roulotte nel parco, ma loro erano troppo timidi per farlo.

     

In attesa di un candidato che racconti con uguale sincerità la corvée dello Strega e il Grand Tour di festival letterari intrapreso dai finalisti (ci provò l’anno scorso Teresa Ciabatti, ma solo per rubare la scena al vincitore Paolo Cognetti) esaminiamo l’ultimo candidato. Inteso come libro, mai vorremmo privare Sandra Petrignani della sua desinenza in A. Come finisce in A “La corsara - Ritratto di Natalia Ginzburg” (editore Neri Pozza).

     

Genere: scrittrici raccontate da scrittrici. Pagina 69 racconta l’incontro di Natalia (che era nata Levi) con il primo marito Leone Ginzburg, nato a Odessa nel 1909 e morto a Regina Coeli nel 1944, torturato dai tedeschi. “Era questo Ginzburg tutto nerissimo e brutto” dirà Natalia Ginzburg in un’intervista a Oriana Fallaci. La biografa-ritrattista non può che riportare la frase tale e quale. Succede, quando il personaggio ha scritto un libro come “Lessico famigliare” (premio Strega 1963, casomai portasse bene), regalando ai lettori gli “sbrodeghezzi”, i “potacci”, e le “negrigure”: “non siate dei negri, non fate delle negrigure” urlava il genitore, nella Torino intellettuale.

    

Alla biografa-ritrattista – si era già esercitata sulle case delle scrittrici, da Karen Blixen a Colette, e su Marguerite Duras – non resta che raccontare il contorno. I primi lavori letterari, l’attesa di un giudizio e della pubblicazione, la ragazza che si guarda in giro cercando “un principe azzurro” – scrive Sandra Petrignani – e non bada granché a Leone Ginzburg e alle sue doti di conversatore.

   

E’ ancora Natalia Ginzburg a prendere il comando, quando racconta le capacità di ascolto di Leone, sempre in “Lessico famigliare”. Citiamo a nostra volta la citazione: “Sapeva ascoltare i fatti degli altri con profonda attenzione, anche quando era profondamente assorto a pensare a se stesso”. Mai metteremo il dito tra moglie e marito, soprattutto quando è una vedova a parlare. Ma c’è un’evidente contraddizione, nel complimento (abbiamo sempre coltivato l’idea che Natalia Ginzburg avesse una perfidia tutta sua, ecco un altro esempio).

   

A pagina 99, su oltre quattrocento senza contare bibliografia e indice dei nomi, siamo alla vigilia del matrimonio con Leone Ginzburg, quando Natalia Levi pubblica il racconto “Casa al mare”. Ripensandosi nel 1964, l’autrice ferocemente scrive: “Tutto quel distacco mi disgustò”. 

    

La biografa-ritrattista si dedica alla parafrasi. L’indifferente e pur tuttavia fascinoso Walter, che comunque decide di sposarsi. Il narratore suo amico che si stupisce della decisione. La moglie Vilma che subito lo tradisce con un musicista nella casa al mare (sono tutti lì, compreso il narratore, per risolvere la crisi coniugale).

   
Riassunta così, pare una storia di corna poco interessante. Non potendo fare paralleli tra la vita e l’opera – Natalia Levi stava per diventare felicemente la signora Ginzburg – tornano comodi altri disastri sentimentali in famiglia. Come osa una scrittrice inventare qualcosa? Se lo fa, Sandra Petrignani subito la richiama nei ranghi.

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