La condizione disumana

Mattia Gozzi

Jacques Sommet
EDB, 75 pp., 8 euro

Jacques Sommet, gesuita francese, viene arrestato con l’accusa di aver creato una rete di ospitalità per ebrei in fuga dalle autorità naziste. Deportato nel campo di concentramento di Dachau, decide di raccontare in maniera dinamica la sua personale esperienza all’interno del primo grande campo di concentramento istituito dalla Germania nazista. L’opera racchiude due testi differenti scritti immediatamente dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Nella prima parte dell’opera, intitolata “La condizione disumana”, Sommet racconta nei dettagli la sua detenzione a Dachau, analizzando con sorprendente lucidità i rischi quotidiani che deve affrontare ogni deportato. Quest’ultimo, infatti, non solo deve difendersi dalle violenze dei guardiani, ma anche dai propri compagni di baracca, pronti a farsi strada in qualunque modo pur di aver salva la vita: “Numero fra i numeri, senza spazio vitale personale, l’individuo deve difendersi dall’oppressione del suo spirito, dal furto del suo magro bene”. La prima parte viene conclusa con l’ammonimento da parte dell’autore di non rispondere agli aguzzini con la medesima violenza di cui si è stati vittime: “Non vendicheremo quindi gli scomparsi con l’odio di un paese o con l’apoteosi del loro sacrificio a vantaggio del loro partito o della loro chiesa, ma anzitutto con l’odio verso tutto ciò che in noi imiterebbe o ricorderebbe i metodi che li hanno uccisi”. Nella seconda parte, intitolata “La conquista della libertà”, Jacques Sommet pone delle riflessioni più accurate sulla sua esperienza: egli cerca di comprendere come ci si può orientare di fronte a una tragedia così immane e dai contorni spaventosi. Per lo scrittore francese è fondamentale creare dei legami di solidarietà in un contesto in cui l’animo umano viene messo a dura prova. In particolare, elogia coloro che nel campo di concentramento si sono sacrificati per altri, quando avrebbero potuto guardare altrove e disinteressarsi delle sorti altrui. Il riferimento va a quei prigionieri che durante l’epidemia di tifo nel campo di Dachau decidono di chiudersi nelle baracche insieme ai malati per accompagnarli nelle loro ultime ore di vita: “ho visto la pace risplendere sui loro volti e i loro gesti assumere la precisione tranquilla dell’operaio padrone di sé e della sua opera”. Sommet afferma che dovremmo prendere questi gesti come esempio per il futuro, poiché essi rappresentano quel briciolo di umanità che ci permette di sperare ancora in un mondo migliore lontano dalle barbarie del nazionalsocialismo. Pensieri di un uomo di fede che anche davanti ai crimini più brutali non ha mai smesso di credere in Dio e nell’importanza di rimanere “umani”.

 

LA CONDIZIONE DISUMANA
Jacques Sommet
EDB, 75 pp., 8 euro

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