Semplicemente Lili

Mattia Rossi

Chiara Carminati
RueBallu, 112 pp. 19 euro

Ce la farò, papà”. E’ una mattina d’estate del 1913, il 5 luglio. Al cimitero di Montmartre, davanti alla tomba di Ernest Boulanger sosta la figlia minore Lili con un mazzo di gigli tra le mani. Di lì a poche ore “ce la farà” davvero: la giuria del prestigioso Prix de Rome, il più importante riconoscimento musicale da oltre due secoli, le assegnerà il primo posto (per la prima volta ad una donna) per la cantata “Faust et Hélène”.
Lili Boulanger nacque il 21 agosto del 1893 e morì prematuramente a 24 anni, per una tubercolosi intestinale, il 15 marzo 1918: quest’anno, dunque, ricorrono il 125° anniversario dalla nascita e il centenario della morte. Ma quanti conoscono il nome di Lili Boulanger? “Semplicemente Lili”, scritto da Chiara Carminati con le illustrazioni di Pia Velentinis, rappresenta un’ottima strada per approcciare la compositrice francese. E’ un volume di nobile fattura pensato, in primis, per ragazzi, incentrato su una ragazza come loro, una ragazza che, nella sua breve vita, seppe incidere il proprio nome nella storia della musica. Ma non è un libro solamente per ragazzi: vi è, infatti, un ritratto lineare e poetico, semplice e aurorale, dell’esile eppur incisiva figura di Lili Boulanger, una delle voci più promettenti della musica di inizio Novecento.
A Casa Boulanger (padre compositore, nonno violoncellista e professore al conservatorio, nonna e madre cantanti) Gounod e Fauré erano di casa: Lili a 2 anni canta accompagnata da Fauré, a 5 anni frequenta le lezioni in Conservatorio della sorella undicenne Nadia (figura che dominerà la musica del XX secolo Novecento avendo come allievi Bernstein, Copland, Gershwin, Glass, Piazzolla), e a 6 suona violino, violoncello, arpa, organo e pianoforte. Inizialmente influenzata da Ravel e Debussy (che rimarranno sempre sue fonti: il “Nocturne” per flauto e pianoforte, farcito di citazioni dei due maestri, ne è un fulgido esempio), Lili sviluppò un linguaggio personalissimo e distante tanto dal tardo-romanticismo quanto dall’impressionismo. Nella fase centrale della sua breve biografia artistica, in seguito alla vittoria del Prix, Lili dovette fare i conti con la guerra e la malattia che arrestarono il suo soggiorno a Roma, ma non la vena: tra il ’15 e il ’17 compose il “Salmo 24” e “Salmo 130”, brani in bilico tra una scrittura vocale piuttosto semplice e un accompagnamento strumentale più estroverso, e la sincretista “Vieille prière bouddhique”.
Capolavoro di Lili, nonostante la scarna sobrietà, ma per l’alto valore di testamento artistico, fu la sua ultima composizione: il “Pie Jesu”, dettato dal letto di morte alla sorella Nadia e concepito per voce, organo, archi e arpa. Lontane le dense armonie wagneriane del “Faust et Hélène”, Lili si abbandona a una musica mistica e introspettiva che simboleggia nientemeno che la parabola umana: da un asciutto e aspro cromatismo iniziale giunge passa a un sobrio linguaggio diatonico più puro e perfetto.
Il 15 marzo 1919, e siamo alle ultime pagina del libro descritte con apprezzabile lirismo dalla Carminati, la musica del “Pie Jesu” risuonò nella chiesa della Trinitè di Parigi alla messa in suffragio dell’autrice. All’organo, la sorella Nadia: “Le sue mani ripercorrono la tensione e l’angoscia delle prime note, le accompagnano fino a quasi un grido di dolore, e poi l’organo si unisce ai violini a creare uno spazio di respiro, di speranza, di attesa. E quando interviene l’arpa, lo sguardo torna indietro e rivede tutto, ma senza più sofferenza”. La vita di Lili è lì, in quelle sue ultime note.

 

SEMPLICEMENTE LILI
Chiara Carminati
RueBallu, 112 pp. 19 euro

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