Gertrude Stein

Nicoletta Tiliacos
Anna Verna, Giulietta Rovera
Luciana Tufani Editrice, 216 pp., 14 euro

    Dell’importanza di Gertrude Stein per l’arte del Novecento, così come del suo leggendario salotto parigino al 27 di rue de Fleurus, incubatore delle più importanti avanguardie artistiche, musicali e teatrali dell’epoca tra le due guerre, della straordinaria collezione di dipinti acquistati con il fratello Leo quando i loro autori erano ancora perfetti sconosciuti (un nome per tutti: Pablo Picasso) e perfino del suo sodalizio amoroso con Alice Toklas, pensiamo di sapere e di aver letto ormai tutto. E’ invece una bella scoperta questo saggio a due voci, che ha come sottotitolo “Identità e genere. Temi di una scrittura magica”. Va riconosciuto a Gertrude Stein, scrive nella prima parte (“Stein as Stein”) la studiosa di Storia delle donne Anna Verna, il merito di essere andata oltre tutti i generi letterari, di aver abolito “l’ordine lineare e i significati fissi” e quindi di aver liberato, praticandoli, orizzonti espressivi del tutto inediti. Una libertà perseguita giorno per giorno, in ogni atto della vita quotidiana, una libertà radicata nel rigore e perfino nella solidità degli studi giovanili di psicologia e biologia, oltre che di filosofia, come mette in luce, nella seconda parte del libro (“Immagini di Gertrude Stein”), la giornalista e scrittrice Giulietta Rovera. Quest’ultima ripercorre, con l’aiuto di un ricco apparato di fotografie, spesso inedite in Italia, l’intera biografia della scrittrice nata in Pennsylvania nel 1874 e morta in Francia, dove era arrivata nel 1902 e dove trovò una perfetta patria di adozione, pur non smettendo mai di sentirsi americana. Gli aspetti umani straordinari della sua vita (la preveggenza, la conversazione affascinante, l’eclettismo, la generosità, il carisma, la saggezza unita all’eccentricità) non devono offuscare il dato di straordinaria grandezza della sua scrittura, cosa che invece le è stata riconosciuta solo a partire dal femminismo, sottolinea Anna Verna. E’ che Stein ha praticato come arte la capacità di “partire da sé” che il femminismo ha accolto come propria stella polare: “Il fatto di essere donna e gay e di essere autrice di una scrittura sovversiva ha reso a lungo invisibile il valore del suo lavoro che non doveva per i motivi suddetti essere preso sul serio e neppure esistere”. Questo libro mette in luce in modo chiaro e “innamorato” radici e genesi di un’esperienza esistenziale e artistica straordinaria, che ha dato frutti copiosi lungo il Novecento e fino a oggi, e che è impossibile incasellare in categorie convenzionali. Perché, scrive al termine del suo saggio Giulietta Rovera, il segreto di Gertrude Stein rimane tuttora inviolato.

     

    GERTRUDE STEIN
    Anna Verna, Giulietta Rovera
    Luciana Tufani Editrice, 216 pp., 14 euro