Al di là del nero

Giorgia Mecca
Hilary Mantel
Fazi, 491 pp., 19 euro

    Dei morti non si parla che bene, così dice un antico proverbio, così suggeriscono le buone maniere. Chissà perché poi: non si diventa certo migliori passando dall’altra parte. Alison lo sa bene, ha a che fare con i morti fin da quando era bambina, conosce le loro debolezze e le loro banalità, sa quanto possono essere pericolosi e malvagi: sono proprio come i vivi. “La gente ha ragione ad avere paura dei fantasmi”. Dopo aver raccontato la storia della rivoluzione francese e quella di Anna Bolena, vincendo per due volte il Man Booker Prize, il più prestigioso premio britannico, Hilary Mantel ritorna nelle librerie italiane con questo romanzo, pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 2005. Alison è una donna corpulenta e appariscente che di mestiere parla con i morti, è una medium, una sensitiva, ma per esigenze di mercato a volte le capita anche di predire il futuro: 10 sterline in cambio di tanta, tanta speranza. Nei teatri comunali all’estrema periferia di Londra, dove le forme di vita presenti sono scarti o anomalie, i suoi spettacoli fanno sempre il tutto esaurito, tutti vogliono parlare con lei. Le domande sono sempre le stesse: perché siamo qui? Perché dobbiamo soffrire? E Dio, dov’è Dio? Gli spiriti della donna giurano di non averlo mai visto. Il diavolo, invece, quello lo conoscono bene. “Lei non tollera i cretini, giusto?”. Chiede Alison alle clienti per riuscire ad entrare in sintonia con loro; sì, rispondono loro, è giustissimo, come se si trattasse di una rivelazione, come se le persone a domande del genere di solito rispondessero: “I cretini? Io li adoro, li vado a cercare per invitarli a cena. I cretini non sono mai troppi”. Quando la sente dire simili sciocchezze, Colette, la sua assistente personale, sospira profondamente per non insultarla. Colette, a differenza di Al, è una donna precisa, svelta e superficiale, ciò che si dice un carattere forte. Non è incline ai sentimenti e nemmeno agli spiriti, si è ritrovata a uno di questi spettacoli quasi per caso, mentre scappava dal suo matrimonio. “Se Gavin fosse stato il principe del Galles, ti saresti impegnata di più per mandare avanti il matrimonio?”, chiede Al a Colette. “Senza dubbio”, risponde lei. Adesso segue Alison ovunque, la ascolta indovinare il passato degli altri, il loro dolore, eppure non riesce a comprendere come sia possibile. “Non è che non ti creda, ma come faccio, visto che va contro le leggi di natura?”. “Uh, le leggi di natura”, risponde Alison: “Sei sicura che esistano ancora?”.  Insieme alle due donne, durante i viaggi che le portano da uno spettacolo all’altro, ad accompagnarle c’è anche Morris, lo spirito guida di Alison. Di solito gli spiriti delle sue colleghe sono filosofi antichi oppure saggi persiani, Morris invece non fa altro che infilarsi nei letti delle donne per cercare di metterle incinte, ci riesce spesso. Morris è una condanna da cui è impossibile liberarsi, segue Al fin da quando lei era una bambina, conosce ogni cosa della sua brutta infanzia. La donna gli chiede spesso chi fosse suo padre, ma non lo sa nemmeno lui: giravano così tanti uomini per quella casa. A volte la prendevano per mano, lei era piccolissima: “Mi comandavano, mi toglievano la volontà e ci mettevano la loro”. La gioia bisogna cercarla dentro se stessi, ripete durante i suoi spettacoli. In privato, però, ha l’impressione che il compito sia disperato. Come si fa  con tutti quei fantasmi da portarsi dietro, con tutte quelle biografie da conoscere e da commiserare? “Rovistare nel cuore in cerca di gioia: tanto varrebbe dare un’occhiata nei cassonetti”. I fantasmi esistono davvero, e non fanno dormire sonni tranquilli a nessuno. A volte fanno molto ridere, a volte invece no. Ha ragione il Guardian:  Al di là del nero è il miglior romanzo di Hilary Mantel.

     

    AL DI LA' DEL NERO
    Hilary Mantel
    Fazi, 491 pp., 19 euro