Senti le rane

Giuseppe Fantasia
Paolo Colagrande
Nottetempo, 336 pp., 16,50 euro

Gerasim e Sogliani vivono in un posto in cui non sfugge niente a nessuno, un paese che ha un nome che più difficile da pronunciare non si può: Zobolo Santaurelio Riviera. In una giornata come tante, Gerasim conquista l’attenzione dell’amico parlandogli di Zuckermann, il prete del paese, coinvolto – a detta sua – in un affare più grande di lui e, ovviamente, difficile da gestire. Zuckermann è moderno, giovane e attraente; un uomo che tutto avrebbe voluto fare nella vita tranne che farsi prete. Un giorno, però, ecco che improvvisamente arriva la “chiamata” mentre sta percorrendo la provinciale di Lumbriasco, e la repentina decisione “perché lo spirito va per conto suo e mettersi contro lo spirito sarebbe come andare contro natura e di conseguenza contro Dio, che è poi come dire contro l’uomo”. Amato da tutti, viene scelto come la guida più adatta nel comunicare alle folle “perché unisce la simpatia alla fede”, perché è anche bello e perché ha dei modi che conquistano. Ma c’è sempre un demonio che aspetta in agguato furtivo ed ecco, infatti, che può intervenire, da un momento all’altro, un magico burattinaio che gli farà incontrare e conoscere (molto da vicino) la bella diciassettenne Romana Bonifazzi. Zuckermann diventa allora un santo, “ma solo per modo di dire”, e la sua chiamata divina “è un malinteso”, come la stima che ha nella comunità. Da quel momento cominciano i guai, almeno così pare, perché “il burattinaio ha un canovaccio perverso che le persone normali non possono capire”. Tutto questo – e molto altro ancora – accade nel nuovo libro di Colagrande, finalista all’ultimo premio Campiello, da lui già vinto qualche anno fa nella sezione Opera Prim’ con “Fídeg”, il suo romanzo d’esordio. Questo racconto nel racconto ci fa essere là, in quel bar, seduti vicino ai due personaggi che saltano sulla scena come rane e non fanno altro che gracchiare. L’autore usa associazioni e fa digressioni, unisce la tragicità alla comicità che nell’insieme caratterizzano quei personaggi che staremmo ad ascoltare delle ore, divertendoci. Parlano di tutto e di tutti e sono convinti entrambi delle loro idee. Sogliani, ad esempio, ritiene che la filosofia andrebbe negata “perché è causa della stupidità degli uomini e perché rovina i circuiti del ragionamento di base”, mentre Gerasim ha un’idea tutta sua della trasfigurazione delle donne dopo che hanno conosciuto l’uomo dal punto di vista carnale: “Cambiano sguardo”, dirà citando una scena di “Via col vento” con Rossella O’Hara che conosce solo lui. Ogni riferimento è per la giovane Bonifazzi, tentatrice del prete, che dopo il misfatto si presenta da lui con una consapevolezza diversa e con una coloritura più vivace. Con le loro vaneggianti digressioni e i loro discorsi che vanno da Paterlini all’Uomo Vitruviano, dagli etologi fiamminghi agli asceti di Costantinopoli, dall’Ikea fino all’olio di nespolo babilonese, i due ci fanno perdere in quella provincia intrigante e pettegola. L’epilogo arriverà grazie a un’altra donna che scioglierà ogni mistero. Del resto, basta togliere quella gabbia in cui i due sono rimasti intrappolati per farli tornare a essere loro stessi. Gli uomini non possono stare chiusi dentro un cerchio come l’Uomo Vitruviano riguardo al quale – come scrive l’autore – “si muove un grande equivoco epistemologico” che bisogna sbugiardare prima che faccia danno. “Il corpo umano in fase statica è un impasto di sproporzioni e disarmonie, in fase dinamica è confuso come se qualcosa dentro di lui continuasse a muoversi e a protestare”. Se in quell’immagine è misura e perfezione, nella realtà non lo è affatto. E i fatti raccontati lo dimostrano.

 

SENTI LE RANE
Paolo Colagrande
Nottetempo, 336 pp., 16,50 euro

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