La fogliata del sabato

Redazione
Titoli, copertine e suggerimenti per un weekend da trascorrere con dieci libri in mano.

NEMMENO HOUDINI

 

Alessio Mussinelli
Fazi, 317 pp., 14,90 euro

 


Chissà se alla “gente di lago” con cui nessuno vuole avere a che fare, ai tipi di Sarnico, il bel romanzo di Alessio Mussinelli sarà piaciuto. Non è che il ritratto di quella popolazione, abituata a badare al sodo e a passar ore nel circolo della Doris a trangugiare tutto ciò che di più o meno bevibile veniva loro messo sotto il naso, tra un “aloss” e una badilata, sia granché positivo. A ogni modo, il risultato della fatica di questo giovane autore (che la gente di lago la conosce bene, se non altro perché pure lui è del luogo) è un libro dove non si salva nessuno: dalla vecchia benestante con dentiera che sa di cipolla e in preda a sconvolgimenti ormonali per il maggiordomo furfante dai pettorali esplosivi al prete don Fulvio, che di stare con quelli lì non ne aveva proprio voglia. E che dire del cagadiavoli, il Paternoster che tra un bordello e l’altro decide di passar per la canonica e di fingersi prete, sfruttando l’assenza del legittimo prevosto causa trauma cranico sopraggiunto in modo misterioso. Le signore, poi, sono una peggio dell’altra: detto della vedova raggrinzita che se ne sta col suo cane incontinente, ci sono la Nina delle merde – chiamata così perché indiscussa leader dello spurgo locale – che si crede una cantante provetta e in realtà non azzecca una nota che sia una, e la Doris: un elefantiaco donnone baffuto e sudato che governa un’osteria senza saper cucinare, tenere il locale pulito, far di conto e dire una buona parola per gli avventori. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 

 

LA RAGAZZA DEL TRENO

 

Paula Hawkins
Piemme, 306 pp., 19,50 euro

 

In “Qualcosa era successo” Dino Buzzati racconta il suo viaggio su un treno che attraversa il paese da nord a sud. Seduto a bordo, l’autore fa quello che ogni viaggiatore fa sempre: guarda fuori dal finestrino. A un certo punto nota una donna accanto ai binari che invece di guardare il treno che passa si volta verso un uomo che le corre incontro agitato, urlando qualcosa. La corsa prosegue, e il viaggiatore comincia a notare che nei campi, nei paesi e nelle città attraversate dal treno la gente è in fibrillazione: tutti corrono, gridano cose incomprensibili, si preparano a partire, per poi fuggire in fretta nella direzione opposta a quella in cui viaggia la locomotiva, che oramai non ferma più nelle stazioni. Le persone a bordo capiscono che è successo qualcosa di brutto. Non sanno cosa, ma il mondo che loro vedono dal finestrino del treno è sottosopra. Il treno che Rachel – la protagonista di “La ragazza del treno” – prende tute le mattine per andare a Londra dalla periferia in cui abita non corre senza fermarsi, ma un giorno offre al suo sguardo la stessa sensazione che colpisce Dino Buzzati: è successo qualcosa, ma cosa? Rachel ama guardare una villa davanti a cui il suo treno ferma tutti i giorni, all’andata e al ritorno, a causa di un guasto al semaforo. Nel tempo ha immaginato i nomi e le vite dell’uomo e della donna che vivono in quella villa. Rachel arriva da una storia d’amore finita male, beve sovente e si è convinta che quella coppia sia felice. Arriva persino a sentirli amici. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 

 

L'ESTATE DELL'AMICIZIA

 

Volker Weidermann
Neri Pozza, 158 pp., 15 euro


Una spiaggia in Belgio, case bianche, sole, un ampio viale, piccoli bistrot con vista mare”. Stefan Zweig s’era recato a Ostenda la prima volta nell’estate del 1914, quando “era iniziata la catastrofe”. “Potete impiccarmi a un lampione se i tedeschi occuperanno il paese”, diceva davanti agli amici. Invece la Germania violò la neutralità belga, e l’impensabile divenne realtà. Ventidue anni dopo, nell’estate del 1936, Zweig si trova di nuovo a Ostenda. Con lui ci sono Hermann Kesten, Egon Erwin Kisch, Willi Münzenberg, Irmgard Keun, Ernst Toller, Arthur Koestler, Joseph Roth. Tutti ebrei, tranne Münzenberg e la Keun, che si lega sentimentalmente a Roth. Tutti di lingua tedesca, con l’eccezione di Koestler: madrelingua ungherese, passerà all’ebraico e approderà all’inglese. Tutti orfani della Repubblica di Weimar e dell’Austria-Ungheria asburgica. Münzenberg, Koestler, Kisch e Toller sono comunisti, almeno all’inizio. I primi due si trasformeranno, col tempo, in anticomunisti militanti. Toller, invece, morirà suicida in un lager. Roth è monarchico, un romantico nostalgico dei tempi dell’Impero asburgico, mentre Zweig cercherà di dimenticare la terribile politica del presente tuffandosi nella ricostruzione del passato. Ciascuno di essi è in fuga dalla Germania nazista e dall’Austria fascistizzata su cui Hitler sta per mettere le mani.  Zweig “guarda il mare attraverso le grandi finestre e, con un misto di commozione, timore e gioia, pensa a questa comunità in fuga alla quale si ricongiungerà a breve”. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 

 

SETTE ANNI DI FELICITA’ - di Etgar Keret, Feltrinelli, 176 pp., 14 euro - Nell’estate del 2009 un giornale svedese, l’Aftonbladet, pubblicò un articolo in cui sosteneva che i soldati israeliani rapivano i giovani palestinesi per espiantare i loro organi. Il governo israeliano chiese al primo ministro svedese di scusarsi pubblicamente. In nome della libertà di stampa, gli svedesi rifiutarono e “Israele reagì immediatamente con l’arma non convenzionale che tiene di riserva per i conflitti di questa grandezza: un boicottaggio dell’Ikea da parte dei consumatori”. Etgar Keret, scrittore israeliano di origini polacche, figlio di genitori sopravvissuti all’Olocausto, in quei giorni era in Svezia, alla Fiera del libro di Gothenburg, dove i lettori lo ringraziarono per le sue storie ma erano anche ben attenti a tenere gli occhi aperti mentre autografava i libri “per essere sicuri che non approfittasse della situazione per fregargli un rene o due”. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 

LE DONNE CHE CAMBIARONO LA SECONDA GUERRA MONDIALE - di Denise Kiernan, Newton Compton, 362 pp., 9,90 euro - Celia Szapka, una ventiquattrenne castana di origine polacca cresciuta in una cittadina mineraria della Pennsylvania, faceva la segretaria. Toni Peters, che aveva appena finito le superiori, volle farsi assumere anche lei come segretaria, per capire cos’era quel “progetto” per il quale il governo aveva confiscato la fattoria dei suoi zii. A Jane Greer fu affidata la supervisione di una squadra di giovani donne che macinavano numeri giorno e notte per tenere i tassi di produzione sotto controllo. Kattie Strickland, una nera cresciuta raccogliendo il cotone, si guadagnò da vivere come donna delle pulizie. Fu costretta a lasciare i figli in Alabama, perché – le avevano detto – a nord non sarebbero stati bene accetti. Virginia Spivey era una chimica. Colleen Rowan, espansiva brunetta diciottenne, era l’ispettrice addetta al controllo delle perdite delle tubature. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 

DUE ANNI SULL’OCEANO - di Richard Henry Dana, Castelvecchi, 334 pp., 22 euro - Senza Richard Henry Dana non ci sarebbe stato Herman Melville, e quindi neppure il capolavoro Moby Dick. Due anni in mezzo al mare, e che mare! Gli oceani, l’Atlantico prima, il Pacifico poi, e infine ancora l’Atlantico, solcati in pieno Ottocento. Prima con il Pilgrim, poi con l’Alert, imbarcazione che rimarrà nel cuore dell’autore e che avrà una fine epica: catturata e incendiata nel 1862 dalla nave a vapore sudista Alabama. Distrutta “per effetto di atti malvagi dei nostri compatrioti”. Curiosa coincidenza: anche “il caro vecchio Pilgrim” subirà più o meno la stessa fine: affondato dalle fiamme al largo della Carolina del nord. Una leggera brezza accompagnava proprio il brigantino Pilgrim all’uscita del porto di Boston, Massachusetts. Era il 14 agosto del 1834. Destinazione finale, la California. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 

MOLTI TITULI

 

L'IMPOSTORE - di Javier Cercas, Guanda, 416 pp., 17 euro

 

AUTOBIOGRAFIA DI UN VAGABONDO - di W.H. Davies, Elliot, 231 pp., 19,50 euro

 

FUMISTERIA - di Fabio Stassi, Sellerio, 167 pp., 12 euro

 

COBRA - di Deon Meyer, Edizioni e/o,

 

 

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