le lettere
I partigiani della pace che oltraggiano la verità con l'ambiguità
Chi ha scritto al direttore, Claudio Cerasa
Al direttore - Curiosi i nostri partigiani della pace: si oppongono agli aiuti militari della Nato all’Ucraina (perché se no c’è l’escalation), ma tacciono sugli aiuti militari dell’Iran e della Corea del nord alla Russia. Chissà, forse considerano innocue le armi di Ali Khamenei e Kim Jong Un (due noti galantuomini). Non ricordo chi diceva che la verità si può oltraggiare non solo con la menzogna, ma anche col silenzio.
Michele Magno
Curiosi i nostri partigiani della pace, che per costruire la pace a volte danno l’impressione di considerare anche gli aggrediti come i responsabili del protrarsi della guerra. E a proposito di pace, un dettaglio interessante. I viaggi recenti del cardinale Zuppi, come ha scritto più volte sul nostro giornale Matteo Matzuzzi, sono viaggi nati per fallire. Un viaggio che, nei giorni cui Zuppi si trova a Pechino, ha forse prodotto un unico risultato: portare il numero uno della Cei a usare una frase che sarebbe utile sentire risuonare più spesso in Vaticano quando si parla di pace: “Deve essere una pace scelta dagli ucraini con le garanzie, l’impegno, lo sforzo di tutti”. La verità si può oltraggiare non solo con la menzogna, ma anche con l’ambiguità.
Al direttore - Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, in relazione alla dura competizione tra Renzi e Calenda – intervenuta dopo la rottura tra Italia viva e Azione con il fallimento del progetto del partito unitario – afferma che insistere a questo punto per una lista comune delle due formazioni centriste alle elezioni europee sarebbe una “toppa peggiore del buco”, che darebbe agli elettori l’impressione di essere presi in giro. E sin qui concordo con il presidente della Fondazione. Invece concordo meno, anzi dissento da Giuseppe Benedetto quando scrive che non sarebbe di “nessuna utilità concreta e politica” intestardirsi a chiedersi di chi sia la responsabilità della rottura tra Italia viva e Azione. Certo, che questo avvenga prevalentemente sui social è pessima cosa. Però, al contrario di Benedetto, penso che l’esame di quanto avvenuto in questi mesi tra Italia viva e Azione – purché svolto nelle sedi di partito organizzative o congressuali (è il caso di Italia viva) e con disposizione a comprendere gli eventi accaduti e le loro possibili cause – non sia un rimuginare ossessivo e inutile, bensì il necessario presupposto qualora si vogliano valutare e, perché no, anche cambiare e correggere comportamenti politici del passato anche recente. E, dunque, perché dovrebbe risultare inutile, per esempio, interrogarsi se una causa politica di come sono andate a finire le cose tra Italia viva e Azione, da aprile scorso a oggi, sia forse da ricercarsi nella stessa forma – insufficiente, insoddisfacente e distorta – che ha avuto il processo decisionale e la gestione del percorso verso il partito unitario da parte di entrambe le formazioni? E perché inutile, di conseguenza, dovrebbe essere domandarsi se tra le file interne sia di Italia viva sia di Azione non ci fossero già all’inizio del percorso verso un partito unitario dei liberal-democratici e riformisti posizioni politiche che, piuttosto che a quel progetto di partito pensassero, e tuttora pensino, a un’idea di centro sì, ma come spazio di manovra soltanto di Italia viva o soltanto di Azione? E dunque, in conclusione, perché dovrebbe essere inutile domandarsi se chi – non condividendo in cuor suo, sin dall’origine del tentativo, l’idea di un partito unitario tra Italia viva e Azione e, però, non ingaggiando un’aperta battaglia politica interna alle due formazioni – abbia in qualche modo favorito, oggettivamente, che resistenze e contrarietà al progetto unitario si raggrumassero in pregiudizi personalistici? Sono certo, invece, che solo rispondendo a questi interrogativi, militanti e dirigenti di entrambe le due formazioni potranno scegliere – consapevolmente – come andare avanti nel presente e nel futuro prossimo.
Alberto Bianchi
Al direttore - Se sugli eccessi del politicamente corretto siamo tutti d’accordo, con il pensiero unico come si fa?
Marco Vanucci
L’unico pensiero unico oggi mi sembra quello di chi vuole squalificare l’avversario bollando come estremista ogni opinione che non si condivida.