Lettere

Su Rigopiano Salvini confonde giusto processo e logica dello scalpo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Sciagura dell’Hotel Rigopiano. A Pescara c’è un giudice, il quale sa che assecondare la vendetta non significa “fare giustizia”. Chapeau.
Giuliano Cazzola

“Lei presuppone che l’assoluzione dell’imputato sia il naufragio della giustizia, e la condanna il suo trionfo. Occorre ammettere che è questa l’idea più in voga nella pubblica opinione, nei bar come sui social o nei talk-show televisivi. A nessuno viene in mente, nemmeno per un attimo, che un’accusa possa essere infondata (e che un innocente ne risulti maciullato nella sua vita professionale, nella sua dignità, nei suoi affetti): se ci sono degli imputati, devono esserci dei condannati. […] L’implicazione di questo modo di ragionare è che il buon giudice sia colui che fa proprie le idee della pubblica accusa. Il giudice sta lì non per valutare se l’accusa sia fondata, ma per asseverarla incondizionatamente. Lei pensa questo? Basta dirlo con chiarezza”. Così ieri un formidabile Gian Domenico Caiazza ha risposto al ministro Matteo Salvini, che in modo scellerato ha scelto di commentare così la sentenza di prima grado sul caso Rigopiano: “29 morti, nessun colpevole (o quasi). Questa non è giustizia, questa è una vergogna”. La vergogna, caro ministro, è chi trasforma la giustizia mediatica nell’unica verità processuale. La vergogna, caro ministro, è chi non è in grado di distinguere fra giusto processo e logica dello scalpo. Ripassi Caiazza, caro Salvini, e poi ne riparleremo. 



Al direttore - Quelli che vorrebbero riscrivere Roald Dahl mi ricordano Winston Smith, il protagonista di “1984”, che riscriveva articoli di vecchi numeri di giornale per conto del ministero della Verità, adattando le cronache del passato alle nuove convenienze del presente. Perché – come recitava uno degli adagi del Grande Fratello – “chi controlla il presente controlla il passato e chi controlla il passato controlla il futuro”. Bisogna spiegare agli pseudo-liberal che applicano i princìpi del totalitarismo?
Roberto Basso

Consiglio sul tema un formidabile Giulio Meotti sul Foglio di oggi.


 

Al direttore - Sul nucleare la regola, chissà perché, è la libertà di cavolata. Sul Corriere della Sera (22 febbraio) Gabanelli e Sideri si fanno una domanda (lodevole): esiste davvero il nucleare sicuro e pulito? Ed esiste la quarta generazione di cui molti parlano? L’articolo che segue, però finisce per perdersi su argomenti collaterali  e irrilevanti ai fini della domanda. Che resta senza risposta. Ma pure sugli argomenti collaterali, le argomentazioni risultano inaccurate, tecnicamente scorrette, illogiche. L’impressione è che parlare di nucleare debba servire solo a emozionare e preoccupare il lettore. Per insinuare, ad esempio, che il nucleare partecipa, come le rinnovabili, al consumo di materie prime rare (è vero il contrario) si cita il gas xenon come una vitale esigenza delle centrali nucleari, laddove è un sottoprodotto di scarto e pure dannoso al loro funzionamento. Per conferire un grado di esoticità alla quarta generazione si infilano in suggestioni di totale incompetenza: queste centrali userebbero uranio yellowcake (torta gialla) – semplicemente un prodotto dei processi di concentrazione e purificazione del minerale appena estratto – invece dell’uranio arricchito. Impossibile. Ancora: metà articolo vorrebbe dimostrare che l’uranio è una criticità, che con nuove centrali la domanda e i prezzi di esso si impenneranno, che ci si mette pure la “nuova corsa agli armamenti nucleari” a esacerbare la futura mancanza di uranio, che tra i fornitori di uranio ci sono Namibia e Nigeria (ma anche Australia e Canada). Insomma, andiamo verso il picco dell’uranio. Poi leggi, buttata lì, che le riserve attuali di uranio dureranno 120 anni. Avessero approfondito un po’ avrebbero appreso che le riserve di uranio, al bisogno, potrebbero moltiplicarsi all’infinito.  E poi c’è la quarta generazione, appunto, che riciclerà i propri rifiuti in combustibile minimizzando sia le scorie sia la domanda di nuovo uranio aggiuntivo. Mezzo articolo, insomma, è costruito su un abbaglio. Alla fine, allora, “esiste il nucleare sicuro e pulito”? Esiste. E’ fatto di 423 centrali operative, pulite e sicure (lo dice la Commissione europea), di 56 centrali in costruzione di terza generazione e dei primi esemplari della quarta generazione (esiste anche quella): con i primi impianti già operativi in Cina, Russia, India, con centrali in via di realizzazione negli Usa (tra cui quella partecipata da un certo Bill Gates), con prototipi o impianti in via di completamento dello sviluppo (tra cui qualcuno a leadership italiana). Bastava informarsi meglio. 
Umberto Minopoli

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