Pos, contanti, evasione: cara Meloni, attenta all'agenda Tafazzi

Chi ha scritto a Claudio Cerasa. Le lettere al direttore del 2 dicembre 2022

Al direttore - Caro Cerasa, ho letto con interesse il suo articolo “L’economia italiana tiene, ma non è una notizia per l’industria del catastrofismo” e sono d’accordo con la sua lettura più ottimistica determinata dai dati sulla discesa dell’inflazione, sul lavoro che va, sul pil che regge. “La narrazione della recessione”, effettivamente, continua ma è spostata in avanti: dall’estate si è arrivati all’autunno e adesso, sostenuta dalle previsioni della Ue, “ci attende un periodo difficile” che ci sarà nel primo trimestre 2023. Tornando alla “narrazione catastrofista” citata dal suo articolo, a mio avviso ha una spiegazione endogena nel sistema Italia spesso sottovalutata. Oggi esistono (almeno) due Italie. Un’Italia aperta alle piattaforme globali, alla conoscenza, alla rivoluzione digitale e un’altra più legata al passato, alla rendita e alla chiusura. E non è una distinzione economica o geografica ma più orizzontale, sociale e culturale. Questo ragionamento si innesta in una situazione internazionale complessa: un esempio, l’ipotesi che la fine della politica “zero Covid” ridia il via alla “ripresa” cinese, dando uno scossone all’economia globale, la quale resta comunque ostaggio del rischio di un nuovo ciclo rialzista sulle commodity, come è già successo per metalli, prodotti agricoli e gas. E’ la rivincita dell’economia reale su quella finanziaria. Viva l’ottimismo.
Gianni Bessi

 

“A ottobre 2022 prosegue la crescita dell’occupazione registrata a settembre, per effetto dell’aumento dei dipendenti permanenti. Rispetto a ottobre 2021, l’incremento è pari a quasi 500 mila occupati ed è determinato dall’aumento dei dipendenti che ammontano a circa 18 milioni 250 mila. Rispetto al mese precedente, a ottobre 2022, il tasso di occupazione sale al 60,5 per cento (valore record dal 1977, primo anno della serie storica), quelli di disoccupazione e inattività scendono al 7,8 per cento e al 34,3 rispettivamente”. Istat, 1° dicembre 2022. A proposito di buone notizie. Slurp.


 

Al direttore - Questa proprio non l’ho capita: perché un esercente dovrebbe potersi rifiutare di accettare un pagamento con Pos se l’importo è inferiore a un dato importo, 30 o 60 euro che sia? Premesso che la moneta elettronica non ha, a differenza di quella emessa dalle banche centrali, corso legale, cioè la caratteristica di non poter essere rifiutata per l’estinzione delle obbligazioni pecuniarie, è il mezzo di pagamento sempre più usato da italiani e ancor più da molti stranieri. Il fornitore cerca di accontentare il cliente senza che glielo dica la legge, il divieto è solo una “grida” in più. Ma soprattutto, posto che quanto il gestore richiede per il servizio è una percentuale del prezzo, non c’è nessuna ragione economica per accettarla per pagare la rivista d’arte da 100 euro e di rifiutarla per il giornale da 2,50. Al contrario: l’esercente che non accetta il Pos per piccoli importi magari non si accorge se ha sbagliato un cliente nel pagare o lui nel dare il resto, e alla fine della giornata, invece di chiudere la cassa con un clic, deve contare monete e monetine, ricontarle quando li porta in banca: quanto più esiguo è il singolo importo, tanto maggiore è il vantaggio di avere qualcuno che tiene i conti per lui. Telepass offre uno sconto del 10 per cento a chi paga l’importo della sosta nelle righe blu con la carta anziché in contanti: in parte sarà per farsi pubblicità, ma in parte è perché così si riducono i costi della raccolta. Se gli edicolanti ritengono che non gli conviene più vendere giornali, e chiudono uno dopo l’altro, la questione riguarda gli editori (e i coriacei lettori “cartacei”), non il Pos. Gli unici che ci perdono sono quelli che vivono di elemosina: cosa gli do se non ho monete in tasca? Già è dubbio che il Reddito di cittadinanza sia lo strumento giusto per risolvere il problema della povertà: non sarà il limite all’uso del Pos a risolvere quello della miseria nera.
Franco Debenedetti

 

Torno a ribadire: per quale ragione un servizio come il Pos non andrebbe pagato? Meno rischi di rapine. Meno fatica nella rendicontazione degli scontrini emessi. Tempo guadagnato nel non essere costretti a portare i soldi in banca. E torno a ribadire che se sei contro il Pos, sei a favore dei contanti liberi, se sei a favore dei condoni e non ti preoccupi di alimentare il fenomeno dei falsi minimi, non stai solo strizzando l’occhiolino agli evasori fiscali ma stai anche creando le condizioni giuste per avere nella prossima manovra meno soldi, ricavati dalla lotta all’evasione, da usare per aiutare gli italiani più in difficoltà (tra il 2015 e il 2020, grazie a fatturazione elettronica e digitalizzazione dei pagamenti, l’Italia ha registrato una riduzione dell’evasione fiscale di circa 17 miliardi di euro, grosso modo il 20 per cento del totale. Dicesi, cara Meloni, agenda Tafazzi).