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Lettere

Coincidenza: i più dubbiosi sui vaccini hanno fatto cadere Draghi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Crampo largo.
Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Due recenti provvedimenti giurisdizionali tornano a far discutere degli obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie: l’ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia sulla sospensione dal servizio di un tirocinante in infermeria e quella del tribunale civile di Firenze sull’analoga misura presa dall’Ordine degli psicologi toscano nei confronti d’una professionista iscritta all’albo. Le due ordinanze hanno un aspetto comune, ma anche un’importante differenza. L’aspetto comune consiste nel non dare per acquisite le giustificazioni addotte a supporto degli obblighi vaccinali, perché le acquisizioni della ricerca medica sono, per loro natura, in costante evoluzione. Inoltre, si ritiene che non sia stata fornita la prova della totale assenza di rischio per quanti si sottopongono al vaccino. Mentre la prima osservazione è ragionevole, la seconda sconta un evidente difetto: l’assenza di rischio non è raggiungibile, come è stato ben spiegato da una filosofa della scienza, Simona Morini. Il Consiglio di giustizia amministrativa se ne mostra consapevole, tanto che fa riferimento al contenimento del rischio entro un normale margine di tollerabilità, evocando la prospettiva del bilanciamento tra gli interessi in gioco. L’ordinanza del giudice ordinario fiorentino, invece, afferma apoditticamente che lo scopo perseguito mediante l’obbligo vaccinale, ossia la protezione della salute vista come interesse collettivo, è “irraggiungibile”. Convinto che dal vaccino non derivino benefici per la collettività, il giudice rifiuta la logica del bilanciamento tra gli interessi. Si spinge fino ad asserire – erroneamente – che il vaccino è coperto dal segreto “militare”. Si tratta, dunque, di un’ordinanza singolarmente carente sotto il profilo giuridico. Questo difetto si aggiunge agli altri già segnalati da scienziati come Guido Rasi (sul Foglio del 15 luglio), secondo cui il giudice fiorentino è incorso in gravi fraintendimenti sul grado in cui i vaccini attenuano i rischi connessi con il Covid. Questa ordinanza presenta un ulteriore difetto, rispetto a due basilari princìpi istituzionali. Spetta all’organo rappresentativo del popolo, il Parlamento, stabilire limiti ai diritti, al giudice delle leggi – la Corte costituzionale – valutarne la costituzionalità. Pur se la motivazione data dal Consiglio di giustizia amministrativa non è convincente, gli va dato atto di aver agito correttamente, chiedendo alla Corte costituzionale di pronunciarsi e riservandosi di decidere in un secondo momento sull’istanza di sospensiva presentata dal ricorrente. Il giudice fiorentino non ha fatto altrettanto: ha criticato aspramente l’equilibrio tra diritti dei singoli e interesse della collettività fissato dal Parlamento, ma non si è rivolto alla Corte, bensì ha deciso da solo. Per di più, ha sospeso, sia pure a titolo provvisorio, la misura comminata alla psicologa. A questi errori potranno porre rimedio gli ulteriori gradi di giudizio. Ma vi è un problema più profondo, che si manifesta nell’avversione d’una parte della magistratura per la conoscenza scientifica. A questo problema, che è culturale, si potrà rimediare soltanto migliorando la cultura dei giuristi, cominciando dalle università. 
Giacinto della Cananea

Perfetto. Con uno spunto in più. Non è curioso che oggi i meno entusiasti dei vaccini, in politica, siano anche tra i primi responsabili della caduta del governo?

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