Foto: Ansa/Angelo Carconi

Lettere

La pace che Salvini dovrebbe promuovere è quella con se stesso

Redazione

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Sarebbe da fare un film su Salvini che parte per l’Ucraina per fermare la guerra. Sarebbe un capitolo glorioso della commedia all’italiana. Sarebbe un classico. Sarebbe un trionfo.
Pasquale Annicchino

 

Ha ragione Dario Di Vico: nei libri di storia resterà un fatto. Ovverosia che nei giorni più drammatici dell’assedio russo alla libera Ucraina “il leader della Lega Matteo Salvini rischiò di far cadere il governo di Roma per una riforma del catasto che sarebbe dovuta entrare a regime nei quattro anni successivi”. Da questo punto di vista, la pace che Salvini dovrebbe promuovere, prima ancora che tra la Russia e l’Ucraina, è un’altra: quella con se stesso.  


 
Al direttore - Quanti sono in Italia gli errori giudiziari? Se lo chiede da oltre venticinque anni Errorigiudiziari.com, il primo preziosissimo archivio sull’ingiusta detenzione. Il suo ultimo report, aggiornato al 31 dicembre 2020 e pubblicato pochi giorni fa, precisa che c’è una differenza fra le vittime di ingiusta detenzione e chi subisce un errore giudiziario. Tuttavia, “per avere una prima idea di quanti sono gli errori giudiziari in Italia vale la pena di mettere insieme sia le vittime di ingiusta detenzione sia quelle di errori giudiziari in senso stretto. Ebbene, dal 1991 al 31 dicembre 2020 i casi sono stati 29.659: in media, poco più di 988 l’anno. Il tutto per una spesa complessiva dello stato gigantesca, tra indennizzi e risarcimenti veri e propri: 869.754.850 euro e spiccioli, per una media appena superiore ai 28 milioni e 990 mila euro l’anno”. La stragrande maggioranza è rappresentata da chi è finito in custodia cautelare da innocente: “Dal 1992 al 31 dicembre 2020, si sono registrati 29.452 casi. Il tutto per una spesa che supera i 794 milioni e 771 mila euro in indennizzi, per una media di poco superiore ai 27.405.915 euro l’anno”. Nel 2020 i casi di ingiusta detenzione sono stati 750, per una spesa complessiva in indennizzi pari a 36.958.648 euro. “Rispetto all’anno precedente, si assiste a un netto calo sia nel numero di casi (-250) sia nella spesa”, scrive Errori giudiziari. Come si spiega questa flessione così evidente? “E’ molto probabile che sia dipeso dal Covid, che ha rallentato pesantemente l’attività giudiziaria a tutti i livelli, dunque presumibilmente anche a quello delle Corti d’appello incaricate di smaltire le istanze di riparazione per ingiusta detenzione”. Per quanto riguarda invece gli errori giudiziari in senso stretto, il totale è di 207, a partire dal 1991. La spesa in risarcimenti è di 74.983.300,01 euro (circa 2 milioni e 500 mila euro l’anno). Insomma, solo per ricordare che in Italia “La justice est une espèce de marthyre” (Jacques Bénigne Bossuet, teologo e predicatore francese del Seicento).
Michele Magno


 
Al direttore - L’avevano chiamato Shamil il loro primo figlio (che sarebbe poi stato mio nonno materno). Shamil, come il leggendario capo della resistenza antirussa nella guerra del Caucaso dal 1834 al 1859, che era morto nel 1870. Stabilito uno stato indipendente nel Daghestan, Shamil organizzò e rafforzò le forze cecene e daghestane e le guidò in imponenti incursioni contro le posizioni russe. La spedizione organizzata dai russi nel 1838 non riuscì a catturarlo, e così neppure quelle successive: si impadronivano di fortezze e città, ma Shamil riusciva sempre a sfuggirgli. Tra la sua gente era diventato una leggenda, e anche in occidente era visto come un romantico combattente per la libertà, una sorta di alleato di Francia e Inghilterra, e quindi dei nostri bersaglieri, nella guerra di Crimea. Per i miei bisnonni, che dovevano aver avuto buone ragioni per lasciare la nativa Nuova Aquitania, il Piemonte era patria di adozione: motivo in più per auspicare per il neonato un futuro di indipendenza delle nazioni e di libertà dei popoli. E dunque Shamil, nomen omen: diventerà ufficiale e morirà accidentalmente nelle grandi manovre prima della guerra del 1914-’18, lasciando mia madre orfana a 8 anni. La sofferta partecipazione agli orrori a cui sono sottoposti gli ucraini e l’ammirazione per il coraggio di cui danno prova sono sentimenti che dovrebbero indurci ad apprezzare le libertà di cui godiamo, e a fare giustizia di posizioni che oggi ci appaiono in tutto il loro cinismo e opportunismo. Prendere posizione è ciò che dobbiamo fare noi, ma è anche qualcosa che possiamo pretendere da altri. Certo, direttori d’orchestra, cantanti, giocatori di calcio non sono loro i “volonterosi carnefici”, che ha ogni dittatore: ma forse è stato il loro successo a far sì che ci facessimo meno caso. Vale per loro come per noi: alcuni dovranno pagare per gli sbagli, ma non è che chi non ha fatto quel che poteva per evitarlo non abbia anche lui motivo di riflettere. Zelensky sarebbe un nome po’ ingombrante per un neonato, ma qualche coraggioso Shamil verrà certo fuori in questa tragedia.
Franco Debenedetti

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