Lettere

Chi sarà eletto presidente si rilegga Cassese sulla magistratura

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Che cosa succede, caro Cerasa, se i grandi elettori non riescono a trovare un nuovo presidente della Repubblica? Torna il re?
Giuliano Cazzola

 

Difficile fare previsioni. Ma se proprio dobbiamo giocare con i nomi una piccola certezza c’è. E a prescindere dalla candidatura, chiunque sarà eletto presidente della Repubblica farebbe bene a rileggere questo passaggio di Sabino Cassese sulla magistratura, consegnato qualche mese fa alla Leopolda di Matteo Renzi. Si parla di giustizia, si parla di Italia, si parla di futuro. “La Costituzione separa i poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario. Ma una parte dell’ordine giudiziario, una parte di magistrati, ha le posizioni più importanti nel ministero della Giustizia. Il ministero della Giustizia è l’unico a essere citato nella Costituzione, che dice espressamente che il ministero si interessa dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Questa è una funzione amministrativa. Ma l’ordine giudiziario svolge questa funzione amministrativa e nello stesso modo l’ordine giudiziario, i magistrati, concorrono alla formazione legislativa per esempio svolgendo le funzioni di capi degli uffici legislativi dei ministeri. E infine si sta verificando un fenomeno opposto a quello di cui si preoccuparono i costituenti, che era una eventuale politicizzazione che venisse dall’esterno verso il corpo giudiziario. Invece si sta creando e si è sviluppata una politicizzazione endogena, all’interno della magistratura. E quindi c’è una terza confusione: i poteri, invece di essere separati, sono concentrati all’interno dell’ordine giudiziario. L’articolo 111 della Costituzione dispone che l’accusato sia informato riservatamente delle accuse. Invece, come è già stato detto da altri poco fa, l’accusa viene fatta in pubblico, l’accusa diventa un giudizio e quindi serve ad additare al pubblico ludibrio”. Se proprio dobbiamo rinunciare a Draghi, quantomeno non rinunciamo al buon senso. 

 


Al direttore - Nei commenti sulla crisi ucraina spesso si fa riferimento alle presunte promesse di non espandere la Nato a est, pronunciate da Washington e dai suoi alleati dopo il crollo del Muro di Berlino, durante le trattative con l’Urss per la riunificazione della Germania. E si dice che l’adesione alla Nato di paesi che precedentemente erano parte dell’impero sovietico è stata una violazione di quell’impegno. Ma un impegno di questo tipo non c’è mai stato. Nel 1990 tra i paesi occidentali e l’Urss si discuteva esclusivamente della riunificazione tedesca. Il Muro di Berlino era caduto da pochi mesi, era imminente il crollo della Germania Est comunista e alleata dell’Urss, e il dibattito era se una Germania riunificata avrebbe fatto parte della Nato (e in che modo) oppure no. Nel tentativo di convincere i dirigenti dell’allora Unione sovietica ad accettare la riunificazione tedesca, il ministro degli Esteri americano James Baker disse loro: “Accettereste una Germania unita nella Nato se noi ci impegniamo a non muovere la Nato nemmeno di un pollice verso est?”. E’ evidente che Baker non si riferiva in generale ai paesi dell’Est Europa, che in quel momento facevano ancora parte dell’alleanza militare del Patto di Varsavia guidato dall’Urss, ma solo alla Germania. Alla domanda di Baker non ci fu risposta da parte dei sovietici, che ancora speravano di potere ostacolare l’adesione alla Nato della Germania riunificata. E’ evidente anche che la domanda rivolta da Baker a Gorbaciov e al governo russo non costituiva in alcun modo un impegno a non estendere la Nato nell’Est Europa. Non era un impegno, nemmeno verbale. Ma la domanda di Baker va inquadrata nel contesto delle trattative sulla riunificazione tedesca e sulle alleanze militari e politiche della Germania che di lì a qualche mese sarebbe stata riunificata, e sulle basi militari che la Nato avrebbe potuto collocare nella Germania orientale, una volta che le truppe sovietiche se ne fossero andate. Basi militari Nato che in seguito al trattato sulla riunificazione tedesca non vennero collocate nella ex Germania orientale. A questo si riferiva Baker quando parlò dell’ipotesi di una Nato che avrebbe potuto non estendersi a est. Quella di Putin è allora solo una cattiva e pericolosa propaganda.
Andrea Ruini