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Verrà il momento in cui a tutti sarà chiaro che per il Colle c'è solo Draghi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “Homo homini virus” (Thomas Hobbes, “De cive hodierno”).
Michele Magno 

In medio stat virus.



Al direttore - Per quel che vale, sulla corsa al Quirinale la penso come Bill Emmott che, sul Financial Times, ha scritto che “in un mondo perfetto Mario Draghi dovrebbe rimanere primo ministro per tutto il periodo di attuazione del Pnrr”. Ma se questo “risultato perfetto è irrealizzabile”, allora è giusto “perseguire la migliore soluzione imperfetta, cioè che Draghi sia eletto presidente della Repubblica dal Parlamento italiano a fine gennaio e che supervisioni questo processo come capo dello stato nei prossimi sette anni”. Specie se si considera che l’Italia rischierebbe di ritrovarsi contemporaneamente senza Mattarella e senza Draghi. Provate a immaginarlo. Ora immaginatevi, ha scritto infatti Mattia Feltri, “che questo paese fra un mese rinunci a eleggere Draghi al Quirinale, che magari subito dopo o al massimo nel giro di un anno lo congedi da Palazzo Chigi, che lo dichiari dunque un ingombro, lo dichiari inutile al mondo”. Devo dire però che sono ottimista. Se l’Economist ha scelto l’Italia come paese dell’anno per il 2021 è certo perché in Mario Draghi l’Italia ha trovato un capo di governo “competente e rispettato a livello internazionale” ma è anche perché “per una volta, un’ampia maggioranza di politici ha messo da parte le proprie divergenze per sostenere un programma di riforme profonde”, ovvero il Piano nazionale di ripresa e resilienza per utilizzare i fondi dell’Unione europea per la ripresa dalla pandemia. Sono ottimista perché, in fondo, le “larghe intese” sono il segreto di Pulcinella della politica italiana. E’ da un pezzo, infatti, che l’Italia vive di “larghe intese”, palesi o nascoste. In definitiva, il vero cambiamento che ha contraddistinto la politica italiana nel periodo che va dalla nascita del governo Monti ai nostri giorni è proprio il passaggio dai governi di coalizione tra partiti che hanno un simile orientamento ideologico alle “larghe intese”. Iniziò allora, proprio con il governo Monti e la sua “strana” maggioranza, una collaborazione tra diversi che si fonda sulla consapevolezza della gravità della crisi. E sia la crisi che la collaborazione necessaria saranno destinate a durare nel tempo. Anche stavolta, infatti, il dato fondamentale sta nel fatto che il governo Draghi è un “governo di tregua” sostenuto da tutte le principali forze politiche. E allora, sì: viva le larghe intese!
Alessandro Maran

Arriverà un momento in cui sarà chiaro a tutti che votare Draghi al Quirinale sarà l’unico modo per non concedere una vittoria, nella corsa al Colle, ai propri avversarsi politici, e arriverà un momento in cui per tutti, tranne forse per Berlusconi, sarà chiaro che avere un Draghi al Quirinale sarà l’unico modo per evitare che la stagione che sta vivendo l’Italia diventi effimera e passeggera, come uno yogurt non a lunga conservazione. Forse lo faranno per le ragioni sbagliate, ma le motivazioni che spingeranno i partiti a convergere su Draghi sono infinitamente superiori a quelle che spingono oggi i partiti a tenerlo incollato a Palazzo Chigi.

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