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I sindacati, la riforma delle pensioni e la posta in gioco a gennaio

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Sul rebus Quirinale, alcuni leader si comportano come quegli allenatori di calcio che non sanno chi mandare in campo e intanto fanno controllare al magazziniere se i palloni sono gonfi.
Michele Magno


Più ci si avvicina all’appuntamento con l’elezione al Quirinale e più risulta evidente che la candidatura di Draghi risolve molti più problemi rispetto a quelli che crea.


 

Al direttore - Un tavolo sulle pensioni non si nega a nessuno, tanto meno ai sindacati. A Mario Draghi, durante l’incontro, è bastato aggiungere più volte il concetto di stabilità a quello di flessibilità, per mettere fuori gioco la piattaforma unitaria delle organizzazioni sindacali. Del resto Draghi ricorderà certamente il contenuto della lettera, firmata con  Trichet mentre era in corso la staffetta per la Bce e pubblicata il 5 agosto 2011. Le riforme e le controriforme intervenute nel decennio trascorso non hanno cambiato la situazione; anzi per certi versi (quota 100 e altre misure) l’hanno peggiorata. E’ bene che si sappia che l’Italia è il paese dell’anticipo del pensionamento: vi sono 6,5 milioni di trattamenti anticipati contro 4,2 milioni di vecchiaia. Questa prestazione  è considerata ovunque la pensione normale. Persino l’Ocse si è chiesta come sia possibile che l’Italia abbia, rispetto ad altri paesi, requisiti anagrafici elevati per la vecchiaia (67 anni), mentre, nel complesso, l’età media alla decorrenza è inferiore a 62 anni. Poi dicono che siamo poco flessibili.
Giuliano Cazzola


Dove si dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che lo sciopero generale è stato del tutto ininfluente per i rapporti tra governo e sindacati e che i sindacati si sono giocati la loro arma più forte senza avere la minima idea di come trasformarla in una battaglia politica concreta. E alla fine il massimo che si potrà ottenere, nel tavolo convocato a gennaio, dovrebbe essere questo: una riforma strutturale che, con alcuni paletti da definire, vada verso il sistema contributivo per chi vuole anticipare la pensione.


 

Al direttore - Nelle ultime settimane ho letto diversi articoli e commenti sulla nomina del prossimo direttore o della prossima direttrice artistica della Festa del cinema di Roma. In particolare, la discussione più animata sembra vertere intorno al “mettiamoci una donna”, questione che  su queste pagine Concita De Gregorio ha definito “operazione di maquillage” nell’articolo a firma Marianna Rizzini. Pur comprendendo la sua analisi, che leggo come una critica alle scelte della politica che alla fine ricadono quasi sempre su uomini, non condivido questa definizione. Nei miei anni di attività di governo in Campidoglio mi sono seduta spesso a tavoli dove si proponevano cv per incarichi, e io stessa mi sono trovata a dover individuare dei profili da valutare per un’eventuale nomina. In quelle sedi accade spesso che si reiteri l’ancestrale consuetudine a considerare per ruoli di vertice prima di tutto profili maschili e solo dopo un’eventuale segnalazione della questione di genere anche quelli femminili. E l’esperienza mi ha insegnato che è in quella fase che si deve – e ci si deve – porre il tema delle pari opportunità. Noi donne paghiamo lo scotto di dover recuperare gap di secoli di storia in cui non abbiamo ricoperto incarichi apicali e oggi, per accedervi, dobbiamo costantemente appellarci alla questione di genere, indicando nomi di professioniste in ogni occasione possibile. E’ un “attivismo necessario”. Se così non fosse continuerebbe a prevalere l’abitudine culturale a individuare in automatico solo degli uomini. Ecco perché, per esempio, difendo le quote rose, anche ritenendole una misura mortificante per una società che si definisca realmente civile e paritaria: le valuto uno strumento transitorio necessario nel breve e medio periodo per permettere alle professioniste di occupare posti di potere, favorendo un cambiamento culturale anche nelle nuove generazioni.  Tornando alla direzione della Festa del cinema di Roma, io metterei sul tavolo di chi farà la nomina il cv di una professionista. Per individuarlo basterebbe semplicemente guardare a chi ha promosso il cinema italiano e internazionale in città negli ultimi anni (insieme ad Antonio Monda), scoprendo così che sono quasi tutte donne: Laura Delli Colli, Francesca Via, Fabia Bettini. E che non si dica che non esistono cv femminili adeguati e validi.

Lorenza Fruci
ex delegata alle Pari opportunità e assessore alla Crescita
culturale di Roma Capitale

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