(Ansa)

Lettere

Viva il green pass e i regali di Natale! Botta e risposta con l'Anm

Chi ha scritto al diretto Claudio Cerasa

Al direttore - Porti aperti ok, ma ora bonus regali di Natale.
Giuseppe De Filippi

La globalizzazione doveva distruggere il mondo e invece ancora una volta ha salvato il mondo. Prima proteggendoci a colpi di vaccini. Poi, nel nostro piccolo, mettendo di fronte ai portuali una drammatica verità: provare a sabotare il green pass può essere anche socialmente accettabile, ma mettere a rischio l’arrivo dei regali di Natale non lo è. Viva il green pass, viva la globalizzazione.  


 

Al direttore - La rubrica “Andrea’s Version” di giovedì 14 ottobre interroga retoricamente i lettori del suo giornale sulla utilità, per una nazione moderna e civile, dello scioglimento della molto democratica Associazione nazionale magistrati. Lo fa dichiarando un antifascismo con tanto di pedigree dopo aver enumerato numerosi processi penali noti al grande pubblico, e dozzinalmente appellati porcate. Non discuto dell’arguzia del trafiletto, perché mi sfugge, e mi limito a osservare che non occorre, per affrontare correttamente il quesito – sol che lo si prenda sul serio –, un pedigree antifascista. È più che sufficiente un po’ di memoria storica. Fu una legge fascista, la n. 563 del 3 aprile 1926, a sperimentare la soluzione caldeggiata nel trafiletto, ponendo il divieto, assistito da numerose sanzioni, di associazioni di magistrati. Quella previsione non ebbe modo di essere concretamente applicata perché poco prima l’Associazione dei magistrati, sorta nei primi anni del Novecento, aveva deciso di autosciogliersi, per la piena consapevolezza della netta incompatibilità della sua presenza con il regime fascista. Sono trascorsi poco meno di cento anni da allora e la memoria sembra non assisterci, pedigree a parte. 
Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati


Caro Santalucia. Se è davvero interesse dell’Anm combattere i totalitarismi ci dovrebbe spiegare per quale ragione l’associazione che lei presiede tende a essere così silente ogni qual volta un magistrato sceglie di usare in modo discrezionale i propri poteri per alimentare quel mostro chiamato circo mediatico-giudiziario. L’Italia, se ne sarà certamente accorto, somiglia spesso, da anni, a una Repubblica giudiziaria fondata sul processo mediatico e una Repubblica fondata sul processo mediatico è una Repubblica all’interno della quale i magistrati, usando gli strumenti di indagine come se fossero fatwe, diventano con un po’ troppa frequenza simili agli ayatollah. E un’associazione che non si accorge di questo, che non denuncia gli estremismi, che considera la difesa di una corporazione più importante della difesa dello stato di diritto, è un’associazione che fa certamente gli interessi dei suoi iscritti ma che non necessariamente fa gli interessi del paese. E a chiedersi se questa associazione abbia senso, caro Santalucia, non dovrebbe essere solo un giornale. Dovreste essere voi. 


 

Al direttore - Da quando ci sono i vaccini, ho ripreso le settimanali cene a casa mia con amici romani conosciuti nei miei dodici anni da senatore. Ciascuno di loro dà per scontato che io garantisca che tutti siano vaccinati. Sto contribuendo a un errore politico, come teme l’Elefantino del 14 ottobre? Sono davvero in conflitto l’interesse pubblico e… il diritto alla cena? Il lavoratore vaccinato ha il diritto di non avere accanto a sé dei non vaccinati: è un diritto riconosciuto dalla legge, che pone in capo al datore di lavoro la responsabilità di garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro.  E se insieme a Ferrara si sospetta che impedire a chi non ha il green pass o equivalente di andare in fabbrica o in ufficio sia qualcosa “che assomiglia molto a un abuso”, o il governo dà una manleva ai datori di lavoro riguardo alla salubrità dell’ambiente di lavoro (cosa ovviamente assurda) oppure gli dà i mezzi per non ammettere i non vaccinati o non tamponati. Etica? Diritto formale.
Franco Debenedetti

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