Green pass e pacificazione. C'è un modo per farli coesistere

Le lettere del 15 ottobre al direttore Claudio Cerasa

Al direttore -  Sentire parlare Giorgia Meloni di “strategia della tensione” mi ha fatto sobbalzare. Non tanto per aver evocato del tutto a sproposito la buia stagione terroristica delle stragi nel nostro paese, ma per aver rilanciato una tesi storica sempre sposata dalla destra estrema.  Una teoria che suona più o meno così: la manovalanza neofascista delle stragi era composta da utili idioti al servizio delle istituzioni, che furono in realtà le vere responsabili della strategia della tensione. Una tesi sostanzialmente autoassolutoria, che cozza contro la montagna di carte processuali, e offensiva nei confronti delle vittime del terrorismo neofascista. Sarà il caso di ricordare a Giorgia Meloni, allora, che i vari Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Maria Maggi, Carlo Digilio e via discorrendo, erano tutt’altro che utili idioti, ma neofascisti che avevano una chiara strategia in testa, quella di creare le condizioni per una svolta autoritaria nel paese, magari per allinearlo agli altri paesi europei del Mediterraneo come Spagna, Portogallo e Grecia, allora retti da governi militari o autoritari. In ciò, certo, aiutati da apparati deviati e conniventi dello stato, tra cui pezzi dell’Arma dei carabinieri e parte dei servizi segreti italiani e americani, che condividevano obiettivi e strategia della destra estrema. Che poi ciò non sia servito a rovesciare il sistema può essere ascritto a quella eterogenesi dei fini che colpì anche il terrorismo rosso, che voleva la rivoluzione ma non si accorse che colpendo i migliori uomini delle istituzioni contribuiva soltanto a bloccare la democrazia, rallentando la sua evoluzione e il suo sviluppo. Ma le responsabilità dei terroristi di destra (e di sinistra) di allora sono inequivocabili, e non possono essere annacquate dalle connivenze di apparati dello stato. Oggi Giorgia Meloni rilancia quelle tesi, fino a ora relegate ai bassifondi della destra estrema di questo paese, e lancia attacchi virulenti contro la ministra dell’Interno, anziché contro Forza nuova responsabile dell’attacco alla Cgil.  Come a dire, la responsabilità è del ministro, non dei neofascisti, un po’ come in passato le stragi furono responsabilità delle istituzioni, non della destra estrema. Che tutto ciò sia pronunciato da una leader politica in ascesa che aspira a guidare il paese è motivo di grande preoccupazione, altroché, perché dimostra il legame inscindibile, di natura culturale e politica, che la lega agli ambienti della destra più retriva e radicale del nostro paese.


Alfredo Bazoli
deputato del Pd 

 

Non tutti gli errori politici sono anche dolosi. Altrimenti dovremmo pensare che l’errore grave fatto dalla Meloni in questi mesi, ovverosia non fare tutto ciò che era possibile fare per spingere alla vaccinazione il numero più alto di persone nel paese, sia stato un errore finalizzato a rallentare l’uscita dell’Italia dall’emergenza pandemica. Forse la leader di Fratelli d’Italia, insieme con i suoi cugini di Orbán, dovrebbe ripassare la differenza che c’è tra dolo e colpa.



Al direttore - No. Non si tratta di fermezza, di capacità e di ascolto o meno. Andare avanti sul minimo sindacale dei conti con la realtà: green pass e vaccini per non piegarsi ancora una volta al senso comune, avvelenato da anni di furbizie, ammiccamenti, complicità di chi sa sbagliare ma è un professionista di “come vanno le cose” e con questo cinismo tiene in scacco il paese. Sono i mediocri che zavorrano da decenni il riscatto di un grande paese come il nostro. Ascoltarli oggi significa che non cambieremo mai. Tamponi gratuiti no,  grazie.
Marco Bentivogli 


Punto interessante. Sul Foglio di oggi però suggerisco una chiave di lettura diversa. Green  pass e pacificazione: un modo per farli coesistere c’è.



Al direttore - L’intervista di Salvatore Merlo a Dell’Utri è un pezzo di gran classe. Grazie all’autore, a mio avviso la penna più icastica nell’attuale panorama giornalistico, e grazie all’intervistato, denso di humour e di amarezza. Grazie anche al tempo che ci siamo lasciati alle spalle, che ci permette di ripensare sotto una luce nuova a quei trent’anni di sciagurato manicheismo. Craxi e Berlusconi, mafia e antimafia, giustizialismo e giustizia, ignavia delle élite e suicidio della politica: potremo mai ricostruire un giudizio su quell’intreccio di vicende personali e collettive, giudiziarie e politiche? Oggi dobbiamo accontentarci di brevi squarci soggettivi, come quello offerto dall’intervista, o di isolare singoli fili della grande matassa, come fa la sentenza sulla Trattativa. Ma forse la verità sta solo nel dipanare matasse e nel sovrapporre punti di vista.
Enea Dallaglio
Capolavoro!



Al direttore - Nell’articolo di Simone Canettieri pubblicato sul Foglio di giovedì 14 ottobre è apparso un riferimento alla mia persona totalmente privo di fondamento. Inoltre, vengo chiamato in causa a valle di una intervista all’amministratore unico di Ama, ruolo per il quale non ho alcun tipo di aspirazione. Cordiali saluti.
Fabio Bellini