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Ricordare Loris D'Ambrosio prima del prossimo proiettile di fango

Le lettere al direttore del 25 settembre 2021

Al direttore - Nel giorno in cui la “mastodontica inchiesta sulla Trattativa è naufragata definitivamente” vorrei rendere un omaggio alla memoria di un magistrato integerrimo che una gogna spietata alimentata da ambizioni, velenosi sospetti e da una spregiudicatezza inquisitoria, condusse alla morte. Parlo di Loris D’Ambrosio, consigliere per gli Affari dell’amministrazione della Giustizia del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Infaticabile servitore dello stato, Loris D’Ambrosio fu “ferito a morte” da una oscena campagna di insinuazioni calunniose. Pochi giorni prima che un infarto lo colpisse egli scrisse una lettera a Napolitano in cui tra l’altro ricordava che “i procedimenti sulle stragi imporrebbero per la loro complessità, delicatezza e portata, strategie unitarie, convergenti e condivise oltre che il ripudio di metodi investigativi non rigorosi nella ricerca delle prove e nella loro verifica di affidabilità, l’abiura di approcci disinvolti non di rado più attenti agli effetti mediatici che alla finalità di giustizia”. D’Ambrosio era consapevole che la campagna violenta e irresponsabile mirava a colpire il presidente della Repubblica e lo scrisse esplicitamente a Napolitano:  “Cercano di colpire me per colpire Lei”. Per Napolitano fu un dolore profondo, nel salutarlo per l’ultima volta nella chiesa di Santa Susanna a Roma il 28 luglio del 2012, a fatica trattenne le lacrime.   
Umberto Ranieri

  
La gogna uccide. Ricordarselo prima del prossimo proiettile di fango. 


  
Al direttore - Superata la titolistica sulla trattativa stato-mafia e/o Mafia capitale, se vuoi vendere tre-quattro copie in più è ovvio che devi insinuare il dubbio di una possibile trattativa province-mafia. Poi, dovesse andar male, ci sono sempre circoscrizione-mafia e condominio-mafia. Insomma nelle gagliarde redazioni dei manettari il lavoro non manca né mancherà.
Valerio Gironi

  
Curioso poi che gli stessi che hanno costruito una piccola fortuna editoriale raccontando fregnacce sulla trattativa stato-mafia siano oggi in prima fila a chiedere all’Europa di costruire in fretta una dolce trattativa stato-talebani. E’ il cialtronismo, bellezza.


  
Al direttore - “Il fatto non costituisce reato”. E’ come se la Corte di appello di Palermo avesse detto ai pm: “Scusate, ma a che cosa servirebbe altrimenti disporre di Servizi efficienti, se non a compiere operazioni borderline?”.
Giuliano Cazzola
 

Sarebbe stato sufficiente, ancora prima che leggersi qualche carta, studiare per qualche minuto la storia del capitano Bellodi, ne “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, per capire che differenza c’è tra un patto criminoso fra lo stato e la criminalità e un carabiniere che cerca di trasformare un criminale in un confidente. 

 


Al direttore - Curiosi quelli che sono favorevoli all’obbligo vaccinale ma contrari al green pass. Come se, una volta stabilito l’obbligo per legge, non dovessero mostrare comunque il green pass per andare al lavoro, al cinema o al ristorante.
Michele Magno


  
Al direttore - Il riferimento alla concertazione introdotta da Ciampi presidente del Consiglio nel 1993  – alla quale si fa riferimento a proposito del Patto per il futuro o Patto per l’Italia nelle diverse formulazioni adottate da Draghi e Bonomi – aveva come quadro di riferimento la politica dei redditi, lanciata allora dall’ex governatore della Banca d’Italia, di tutti i redditi, come egli amava ribadire. Essa coinvolgeva politica salariale, politica monetaria, profitti e rendite. Oggi sarebbe attuale una tale impostazione? E se no, qual è il fondamento del Patto proposto e come si svilupperebbero i rapporti tra parti sociali, governo e Parlamento, nonché Europa? Sono aspetti che necessitano di un chiarimento importante, se non si vuole lasciare il tutto alla genericità. 
Angelo De Mattia

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