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Il voto a Roma, il green pass, la giustizia: come direbbe Enrico Michetti…

Le lettere del 21 settembre al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Dice Letta che le elezioni comunali non hanno impatto sul governo, come le politiche.
Giuseppe De Filippi
 


Al direttore - Seguendo le performance elettorali di Enrico Michetti ci chiediamo come sia stato possibile che i partiti di centrodestra lo abbiano candidato a sindaco di Roma Capitale. Che cosa penseremo, caro Cerasa, degli elettori romani quando lo manderanno (almeno) al ballottaggio?
Giuliano Cazzola

Come direbbe Enrico Michetti, caro Cazzola, amor caecus.


 

Al direttore - Caro Cerasa, la settimana  scorsa, dopo sei anni di indagini, è arrivato per un ex deputato di Forza Italia (Luigi Cesaro) il proscioglimento perché il fatto non sussiste. Niente di nuovo da quando è stata introdotta la fragranza di reato,  una diffusa  fattispecie giuridica che prevede per l’avviso di garanzia il semplice odor di bruciato: ti fotti la carriera, finisci sui giornali e poi, ops!, ci siamo sbagliati. Alla prossima.
Valerio Gironi 

Come direbbe Enrico Michetti, caro Gironi, fiat iustitia et pereat mundus.


 

Al direttore - Gli accademici contrari a che il green pass venga richiesto ai loro studenti, ricorrono anche ad “argomenti” “scientifici” (tra virgolette entrambi). Uno di questi sarebbe, letteralmente, “che farsi iniettare sostanze […] tra vent’anni [possa] causare non soltanto miocarditi, ma anche altri problemi forse peggiori”. Ipotesi evidentemente non falsificabile, quindi carente della condizione che da Popper sappiamo essere essenziale al pensiero scientifico. Una contraddizione a sostegno di un ragionamento contraddittorio fin dall’inizio.
Franco Debenedetti

Come direbbe Enrico Michetti, caro Franco, omne ignotum pro terribili.



Al direttore - Caro Cerasa, se vivessi nella bella e amata Napoli darei il mio voto ad Antonio Bassolino: classica scelta di un “usato sicuro” perché qui parliamo di un politico di lungo corso con una larga esperienza nell’amministrazione della cosa pubblica e una  riconosciuta onestà. Ma così facendo forse commetterei il peccato veniale di nostalgia per i tempi passati della vituperata Prima Repubblica dove, dobbiamo ammettere, non si era mai vista questa totale liquefazione degli attuali partiti politici italiani che devono la loro asfittica sopravvivenza al grande senso dello Stato di due uomini che, per nostra fortuna, sono attualmente ai vertici delle istituzioni: Mario Draghi e il presidente Sergio Mattarella.
Vincenzo Covelli

Come direbbe Enrico Michetti, caro Covelli, semel in anno licet insanire.



Al direttore - Caro Cerasa, leggo ora il suo editoriale. Credo che la evocata “stranezza” del mio caso sia conseguenza di un quadro forse reale nel complessivo panorama della magistratura, ma che non si confà alla mia persona. Ho lavorato per oltre 40 anni mediamente entrando in ufficio alle 6,30 e uscendone alla sera; assai raramente, quasi coactus tamen volui, ho partecipato a convegni et similia. Credo per naturale predisposizione, ho speso parte rilevante della mia professionalità per migliorare e modernizzare l’antiquatissimo sistema della giustizia, avendo avuto l’occasione di espletare per 17 anni, le funzioni direttive prodigandomi anche per esportare nel sistema le innovazioni. Tali sforzi si fondano sulla passione e sul desiderio di fare qualcosa di buono nella vita, non certo per la carriera in sé e per sé; la carriera diventa un mero strumento per coltivare non tanto l’ambizione  personale quanto l’ambizione di lasciare un concreto e rilevante  segno positivo. Tutto questo mi è sempre stato ampiamente riconosciuto, ma nel momento in cui ero pronto a spendere le mie ultime energie, diciamo del tutto inopinatamente, il Csm ha scelto un’altra strada nominando un magistrato che sarà eccezionale ma non aveva, a mio avviso, un curriculum che lo dimostrasse. E’ inevitabile in tale percorso che venga meno la passione e decidere di lasciare non per ripicca, ma semplicemente per evitare di andare a lavorare solamente per mantenere il titolo di presidente del tribunale di Torino. Non mi interessa minimamente né il titolo che ho ancora per qualche giorno né quello per cui avevo fatto domanda. Mi interessava solo applicare la mia passione e le mie competenze in una nuova e più stimolante sfida. Bruciata la passione non servo più. Per questo non ho neanche ipotizzato di contestare la nomina davanti alla giustizia amministrativa; ché le vittorie di Pirro non mi interessano. Questo è tutto; nulla di più e nulla di meno.
Massimo Terzi

Come direbbe Enrico Michetti, caro Terzi, verba movent, exempla trahunt.

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