Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Lettere

Troppi “al lupo al lupo” sulla tenuta democratica del paese

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “La nostra è una Repubblica democratica, è scritto nella Costituzione, fondata sul lavoro. Ma ora domina lo sfruttamento del lavoro, la precarietà del lavoro, l’insicurezza del lavoro. Si è passati dalla tutela del lavoro al disprezzo del lavoro”. Chi parla così è Maurizio Landini, leader della Cgil, il più importante sindacato italiano. E aggiunge: “A rischio in Italia la tenuta democratica”. Tutta colpa delle leggi sul lavoro approvate negli ultimi vent’anni. Che dire davanti a questa performance? “A Maurì, facce Tarzan!”.
Giuliano Cazzola

 

Un tempo, i politici, gli intellettuali e i sindacalisti con pochi argomenti provavano ad arringare la folla evocando la necessità di combattere tutti coloro che mettevano a rischio la tenuta costituzionale. Esaurita la stagione della tenuta costituzionale del paese, i politici, gli intellettuali e i sindacalisti con pochi argomenti oggi provano ad arringare la folla evocando la necessità di combattere tutti coloro che mettono a rischio la tenuta democratica dell’Italia. In entrambi i casi, l’invito per i soggetti in questione è sempre lo stesso: rileggersi Esopo e ricordarsi cosa rischia un paese a giocare con la favola dell’“al lupo al lupo”.

 

Al direttore – Sottoscrivo parola per parola, virgola per virgola, punto per punto l’editoriale di Giuliano Ferrara. Le tragedia di Vermicino ha lasciato una cicatrice profonda nella mia anima, ancora oggi il solo pensiero di quel bambino e il ricordo di quella notte angosciosa mi fa stare male. Grazie Ferrara.
Marco Balbi

 

Al direttore - Come spesso accade, anche il disegno di legge Zan, calendarizzato in Senato, si rivela un “polpettone” composto da tanti ingredienti che mescolati insieme occultano le proprie singole peculiarità, e il prodotto finale, se pur apparentemente gradevole, può risultare pesante e farraginoso. Ho fatto degli studi e credo sia utile fare degli esempi. Ingrediente numero uno: Modifica dell’art. 604 bis del Codice penale (e delle aggravanti dell’art. 604 ter). Modifiche al dl n.122 del 1993. Queste norme sanzionano con la reclusione fino a quattro anni o multa fino a 6.000 euro chi commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi, antisemiti e xenofobi. La legge Zan vi introduce anche la discriminazione fondata sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Qui vi sono due trucchi. Primo. L’equiparazione degli aspetti sessuali a quelli razziali, etnici, nazionali, religiosi, antisemiti e xenofobi tende a far assurgere gli aspetti sessuali ai più alti livelli universalmente consolidati e di conseguenza a imporli automaticamente nella sfera di generale accettazione e condivisione. Secondo. A sostegno e a rinforzo di questo obiettivo viene “strumentalizzata” la disabilità, che nulla ha a che fare con gli aspetti sessuali, salvo che i medesimi promotori della legge non considerino tali gli aspetti sessuali a cui si riferiscono; considerazione non condivisibile. Commento personale: non si fraintendano le suddette considerazioni come contrarie ai principi di rispetto verso chiunque esprima o manifesti orientamenti sessuali conformi o contrastanti con le aspettative sociali. La persona, in quanto tale, va sempre rispettata a prescindere.

Ingrediente numero due: limitazione della libertà di pensiero (di opinione). Le nuove fattispecie penali prevedono la punibilità delle condotte di istigazione (ovverosia di azioni di persuasione). I proponenti in una prima stesura avevano esplicitamente introdotto il reato di opinione, che avrebbe reso perseguibili come istigazione alla discriminazione le manifestazioni di pensiero in difesa della famiglia eterosessuale, o dissenziente dal pensiero Lgbt. La commissione per gli Affari costituzionali, a difesa dell’art. 21 della Costituzione, aveva imposto di specificare che “non costituisce discriminazione la libera espressione delle idee, di convincimenti, di opinioni o di libertà di scelte, purché non istighino all’odio o alla violenza”. Il testo finale approvato alla Camera non ha accolto in pieno l’indicazione della commissione per gli Affari costituzionali, e anziché esplicitare che non costituisce discriminazione (e quindi non è reato), testo che avrebbe fugato ogni dubbio in una eventuale fase processuale, ha raggirato l’indicazione con la dizione che “…sono fatte salve (leggasi: consentite)  la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte”. Commento: Viene sovvertito il naturale senso comune della famiglia, diventa principale la famiglia omosessuale e diventa un’eccezione “consentita” affermare l’opinione di preferire la famiglia eterosessuale. Viene così lasciato all’interprete (al giudice di turno) il compito di stabilire, caso per caso, il confine tra una condotta legittima di espressione del pensiero e una esternazione di convincimento che possa essere interpretata come atto discriminatorio. Non c’è da stare tranquilli! Basta una piccola espressione per essere accusati di reato e condannati.

Ingrediente numero tre. La giornata nazionale contro l’omofobia. La legge Zan prevede  l’istituzione di una “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transofobia”, da celebrare il 17 maggio. In tale giornata le scuole (di ogni ordine e grado) e le pubbliche amministrazioni devono organizzare cerimonie e incontri, e ogni altra iniziativa utile a intendere i significati di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere. Commento: Nella giornata del 17 maggio, oltre alle pubbliche cerimonie, nell’ambito del piano triennale della formazione scolastica dovrà essere inserito anche l’obbligo di istruire i bambini delle elementari, gli adolescenti delle scuole medie e i giovani delle superiori, prevalentemente minorenni, sul pensiero Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender). Gli studenti saranno inoltre istruiti sul significato che la legge (art. 1) attribuisce alle seguenti terminologie: a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione. Domanda: e se qualche genitore si rifiutasse di far assistere il proprio figlio a tali lezioni, potrebbe essere accusato di “fobia” verso ogni termine ivi utilizzato, e perciò denunciato e processato? E se poi venisse giudicato da un giudice di opposte sensibilità?

Ingrediente numero quattro. Strategia nazionale dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). L’Unar è l’organo dello stato presso la presidenza del Consiglio dei ministri, istituito nel 2003, con la funzione di promuovere la parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica. La legge Zan si insinua in tale organismo affinché questa istituzione elabori ogni tre anni una strategia nazionale nell’ambito dell’orientamento sessuale con misure relative all’educazione e all’istruzione, alla comunicazione e ai media, con oneri a carico del Fondo per le pari ppportunità. Commento: Quale concomitanza possa sussistere tra l’omosessualità e le discriminazioni razziali è francamente inconcepibile, ma se la legge fosse approvata in questi termini avrebbe il valido supporto e la tutela di un organo che non ha alcuna relazione con le tematiche Lgbt. Spero che il giornale pubblichi al più presto questa mia lettera poiché fino a oggi mi è consentito esprimere liberamente quanto su detto, dopo l’approvazione in Senato per simili esternazioni non so se potrei dirlo senza essere querelato.
Luca Martone

 

La sua lettera è ricca di spunti interessanti. L’elemento cruciale mi sembra sempre questo: quando si costruiscono norme che rendono ancora più vaghe alcune fattispecie di reato, la possibilità che il reato in questione si trasformi in un reato di opinione è forte.

 

Al direttore – Gentile Sofri. Leggo di invenzioni giornalistiche di cui sarei responsabile. Con certezza lei ne riferisce, seppur de relato, una almeno nel suo pezzo per quanto riguarda la presenza di B. Provenzano nella casa di Mezzojuso. “Ilardo era stato invitato a un convegno dove ‘forse’ si sarebbe potuto trovare Provenzano”. Può togliere con certezza quel “forse”, lì il boss si trovava il giorno in cui c’era anche l’infiltrato Ilardo. Lo dice anche il colonnello Obinu. Ed è un fatto non discutibile. Secondo punto: di sicuro nel mio libro non ho mai affermato che il blitz di fine ottobre 1995 non venne fatto per le pecore. Fu una precisa scelta investigativa, sulla quale come tutte le cose umane possiamo discettare della bontà. I controlli, dopo il summit, non vennero fatti per la difficoltà di avvicinarsi a quel casolare. Come ha spiegato sempre Obinu e come ho riportato nel mio libro. “La difficoltà tecnica di entrare, in quel posto, mette a verbale il colonnello, in quanto era costantemente occupato da pastori, da mucche e da pecore. Succede di confondere due cose diverse, ma di questo almeno non porto responsabilità.
Nicola Biondo

 

Risponde Adriano Sofri. Gentile Biondo, ho ospitato l’opinione, senz’altro degna di attenzione, di Enrico Tagliaferro. Lei ha la sua. Sono opposte. Non sono in grado di dirimerle. Osservo solo che la ripetuta affermazione, nel programma “Abbattiamoli”, secondo cui Provenzano sarebbe rimasto indisturbato per sei anni nel casolare in cui era stato individuato dai carabinieri, che mi aveva lasciato sgomento, era infondata. Per fortuna.

 

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