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Combattere la povertà non significa combattere la ricchezza. L'esempio svedese

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 26 maggio 2021

Al direttore - Ma, l'importante sono le partecipate? 
Giuseppe De Filippi

Dalla qualità delle prossime nomine si vedrà la capacità di Draghi di resistere alle pressioni della politica. E’ un test importante non solo per capire il futuro delle partecipate, ma anche per capire quale sarà il futuro del governo: decisioni o mediazioni?


Al direttore - “Nel 2004, il Parlamento svedese ha votato all’unanimità l’abrogazione dell’imposta di successione e donazione. A oggi, non ha ancora cambiato idea. Ciò che più conta, il governo in carica nel 2004 – espressione della maggioranza parlamentare – era una coalizione di socialisti, verdi e altri movimenti di sinistra. Il primo ministro, Göran Persson, era socialista. Non credo ci sia bisogno di sottolineare il prestigio quasi mitico di cui ha sempre goduto il socialismo di questo paese. Un paese storicamente caratterizzato da altissima tassazione, con un’imposizione progressiva dei patrimoni ereditati altrettanto storica che, ancora nel 1983, contemplava un’aliquota massima del 70 per cento anche quando gli eredi erano la moglie e i figli. In Svezia come in Italia, fin dagli anni Venti del secolo scorso, la causa dell’imposta era stata perorata (con grande successo) da chi la vedeva come un tassello fondamentale di politiche volte a ridurre le disuguaglianze. E’ semplicemente successo che gli svedesi hanno preso atto che l’imposta sopravviveva per pura impuntatura ideologica. A fronte di un gettito irrisorio (meno dello 0,2 per cento di tutte le entrate fiscali nel 2004), non solo si registravano pesanti costi applicativi per lo stato e per i privati ma, soprattutto, l’imposta faceva perdere gettito ad altre imposte per le distorsioni che creava e per il disincentivo a vivere e investire nel paese. Forse la causa della lotta alla povertà si serve meglio in un’economia che prospera, piuttosto che in una dove l’invidia sociale camuffata da sentimento di giustizia punta ad allineare tutti al livello più basso. La Norvegia si è allineata alla Svezia nel 2014”. (Nicola Fiorini, “L’imposta di successione tra socialismo e liberalismo. Il caso Luigi Einaudi”, Istituto Bruno Leoni, 24 febbraio 2021). Interessante, no?
Michele Magno

Lezione chiara: si può combattere la povertà senza combattere la ricchezza. 


Al direttore - Scrive Stagnaro sulle vostre pagine che il “povero” ministro Cingolani, da studioso, sa che è assurda l’idea di perseguire la trasformazione energetica basandosi su eolico e fotovoltaico. Che serve ben di più e che non sarà un pranzo di gala. Verissimo.  Ma, allora, per quale motivo tutta l’enfasi della sua azione politica (e del decreto “Semplificazioni”) è rivolta a imporre proprio queste installazioni come se fossero risolutive? Mai si è vista una simile enfasi – tanto per fare un esempio – per superare le ridicole opposizioni agli inceneritori che mancano completamente e colpevolmente dalle regioni centro-meridionali come ricorda lo stesso Stagnaro. Ma, in questo caso, il ministro rassicura quella parte di ambientalismo che ha scelto come proprio interlocutore – e che rimane Nimby per tutto ciò che non è eolico – dichiarandosi addirittura incompetente (?!). Eppure, c’è una differenza sostanziale fra collocare impianti industriali, energetici o manifatturieri, nelle aree industriali appositamente pianificate, spesso deserte o abbandonate, e un piano che si propone di togliere ogni limite alla trasformazione industriale dei territori finora intatti come tutti i crinali appenninici e molte aree agricole. Tutto questo per soddisfare poco più del 15 per cento dei consumi energetici (a tanto corrisponde il 70 per cento di consumi elettrici che il ministro vuole soddisfare con pale e pannelli, che andrebbero comunque affiancati da impianti affidabili, fossili o nucleari, per supplire all’intermittenza).  Ma perché voi del Foglio e il ministro Cingolani, fra tutti i poteri di veto che esistono in questo paese, vi siete fissati proprio su quello che deriva dall’articolo 9 della Costituzione, in difesa del paesaggio, che ha un senso preciso e sacrosanto?
Rosa Filippini 
L’Astrolabio, il giornale degli Amici della Terra

 

Suggerisco, su questi temi, la lettura della paginona di Carlo Stagnaro e Chicco Testa, oggi sul Foglio.
 

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