La veglia per Israele e la pace in Medio Oriente a Roma, al Portico D’Ottavia, lo scorso 12 maggio (LaPresse) 

Lettere

Difendere Israele significa difendere le nostre libertà

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Draghi: “Ora vacciniamo il mondo”. Poi dice che era governo a termine.
Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - “Non vorrei mai morire per le mie idee: potrebbero essere sbagliate” (Bertrand Russell).
Michele Magno


 

Al direttore - La non conferma nel decreto “Sostegni bis” del miglioramento della norma sulle Dta trasformabili in crediti di imposta nei casi di fusione, in particolare, di banche, e la non estensione del periodo di fruizione di tale possibilità costituiscono una decisione niente affatto irrilevante. Dato l’impallidirsi dell’azione della Vigilanza unica, la leva fiscale era stata vista come un’importante alternativa. E’ sperabile, ora, che in sede di conversione del decreto si rimedi all’espunzione dell’ultima ora. Ma da ciò e dal fatto che sulla nuova versione della trasformazione delle Dta sembrava che puntasse l’Unicredit per l’operazione di aggregazione con il Montepaschi sarebbe assurdo che ora si passasse a puntare su di uno “spezzatino” del più antico istituto di credito al mondo. Sarebbe la pessima conclusione di una vicenda iniziata con la sciagurata acquisizione di Antonveneta. E tutto il lavoro svolto nonché i denari pubblici impiegati avrebbero il peggiore esito immaginabile. Esistono, invece, delle alternative da esaminare, ma anche la possibilità di mantenere ancora fermo l’obiettivo di concentrazione con l’Unicredit che si era ipotizzato, in attesa pure dell’iter parlamentare di conversione del decreto. Lo si deve a chi nel Monte lavora, ai risparmiatori, agli investitori, ai prenditori di credito, ai territori di insediamento.
Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia


 

Al direttore - Ci sono dibattiti più difficili di altri, in cui sedendo tra i banchi dell’istituzione parlamentare più importante del continente, si accumula un misto di rabbia e timore che tutto non sia abbastanza. Lo scriveva anni fa Alex Langer sulla guerra dei Balcani che “l’Europa o nasce o muore a Sarajevo” e avendo nel cuore e nella mente queste ore difficili per il medio oriente ho pensato che come un’araba fenice l’Europa politica rinasce o muore a Gerusalemme, in quello che non è solo un confine geografico e democratico per l’occidente, ma è la metafora stessa della complessità dell’essere europei: Gerusalemme è terra di radici comuni, le stesse che esistono qui, nel nostro continente. E l’Aula di Bruxelles ha dato prova di esserci, generando un dibattito non retorico e non semplificatorio. Ieri come oggi non si possono assimilare governi eletti – di cui critichiamo legittimamente le politiche e le azioni di Netanyahu – a organizzazioni terroristiche (a Gaza ne contiamo 16), non possiamo semplificare le ragioni endemiche di un conflitto che ha un innesco contingente ma che nasce da lontano e porta dentro il male oscuro del mondo: la volontà ciclica nella storia di annientamento degli ebrei, la volontà sistematica di cancellare la loro presenza. E, come ci ha insegnato Giorgio Napolitano, questa aberrazione storica non è separabile dall’ideologia dell’antisionismo che definiva “vero e proprio travestimento dell’antisemitismo, al cui rifiuto si rende formale ossequio, ma che in realtà si esprime negando le ragioni storiche della nascita stessa dello stato di Israele”. Anche per questo motivo i democratici e i socialisti devono recuperare il valore delle parole e della conoscenza. Questo non significa non riconoscere le ragioni dello stato di Palestina, in un conflitto che vede errori da entrambe le parti, questo non significa non voler restituire diritti, parole e vita alla popolazione palestinese strozzata prima dalla corruzione della vecchia politica e successivamente dall’estremismo religioso di Hamas che governa questa guerra a distanza, da comodi hotel iraniani o in Qatar. Il nostro compito, da europei, è quello di aiutare i popoli e gli stati, specie quelli sulle rive del Mediterraneo, a raggiungere la pace. La tregua raggiunta è una notizia importante e attesa. Ma come ha sottolineato da ultimo Piero Fassino, ciò non dovrà indurci a facili entusiasmi. Aprire per un po’ la valvola di quella pentola a pressione non basterà. Bisognerà stabilizzare innanzitutto la cinta dei paesi che premono su Israele in costante minaccia. Costruire la pace in medio oriente, è l’obiettivo di tutti i democratici e da questo obiettivo non possiamo sottrarci.
Pina Picierno, europarlamentare del Pd

 

Vivere a contatto con fondamentalismi islamici che sognano di colpire al cuore la libertà di una democrazia è un problema che non riguarda solo Israele. E per questo difendere Israele, anche oggi, significa fare una cosa semplice: difendere, ancora una volta, le nostre libertà.

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