Marco Alpozzi/LaPresse 

Medici che non vogliono vaccinarsi, magistrati che corrono a farlo

Le lettere al direttore del 18 marzo 2021

Al direttore - Biden: “Putin pagherà”, Salvini: “ah, non si può?”.
Giuseppe De Filippi

 
Al direttore - Il voto del silenzio non è come il voto di castità: qualche volta si può anche rompere.
Michele Magno

 
No le dirò che è una questione di trombi.


 
Al direttore - Tra le “buone battaglie” che il quotidiano da lei diretto combatte con coraggio e onore c’è sicuramente quella per assicurare uno scudo penale al personale sanitario che cura e vaccina nella lotta al Covid-19. Non deve essere confortevole lavorare (correndo dei rischi in proprio) quando si avverte la possibilità dell’apertura di un fascicolo per omicidio colposo. Peraltro in materia di tutela penale vi è un precedente disposto dal legislatore in tempi di pandemia. Come lei sa, il contagio contratto “in occasione di lavoro” (quindi anche in itinere) è considerato infortunio, con le conseguenze di carattere penale. Per il datore nel caso che ne derivino danni gravi o il decesso. Giustamente, a seguito di questa norma, è stato anche previsto che la predisposizione corretta delle misure di prevenzione contenute nei Protocolli di sicurezza certifichi l’adempimento da parte del datore pubblico e privato di quanto sancito dall’articolo 2087 del codice civile, la “norma di chiusura” degli obblighi dell’imprenditore, ben oltre quanto disposto dalle leggi vigenti, per la salvaguardia della sicurezza e della dignità dei dipendenti.
Giuliano Cazzola

 
A questo proposito, c’è un’altra buona battaglia che andrebbe combattuta ed è quella che riguarda il futuro dei medici che decidono di non vaccinarsi. Il tema è legato al suo ragionamento perché a inizio marzo, come ricorderà, l’Inail ha stabilito che se il contagio è avvenuto in occasione di lavoro gli operatori sanitari che avevano rifiutato il vaccino hanno comunque diritto a vedersi considerato il contagio come se fosse un infortunio sul lavoro. “Il rifiuto di vaccinarsi – ha spiegato l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro nella lettera – non può configurarsi come assunzione di un rischio elettivo, in quanto il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore”. Il problema di questa vicenda non è tanto l’atteggiamento discutibile dell’Inail ma è la possibilità che vi siano medici che pur scegliendo di non vaccinarsi continuino a lavorare a fianco dei loro pazienti. Il professor Matteo Bassetti, due giorni fa, ha detto, sconsolato, di lavorare in un ospedale in cui ci sono quasi 500 persone, all’interno del quale il 20 per cento del personale ha deciso di non vaccinarsi. “Su questo – dice Bassetti – bisognerebbe avere un’azione rapida, una legge per cui se non ti vaccini non sei idoneo al lavoro. Abbiamo il rischio grandissimo che i nostri cari, le persone che portiamo in ospedale, entrino sani per uscire malati per qualcuno che non si è vaccinato”. E’ una follia? Forse no. Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, un importante sindacato medico italiano, sostiene per esempio che il personale sanitario che non si vaccina “dovrebbe essere spostato a servizi che non prevedano il contatto con il pubblico o in smart working, ove possibile, e per loro si potrebbe arrivare a una sospensione dal lavoro senza stipendio se le soluzioni precedenti fossero non percorribili. Personalmente – dice ancora Palermo – non sono contrario a un obbligo di vaccinazione per il personale sanitario stabilito con una legge nazionale”. Forse sarebbe il caso di non perdere tempo, caro ministro Roberto Speranza, e di mettere al sicuro, al più presto, i nostri ospedali, facendo tutto ciò che è necessario fare.



Al direttore - Mi spiega, caro Cerasa, come è possibile che ogni regione abbia una lista di priorità per vaccinare i propri cittadini? Non mi capacito.
Maria Martone


Non me ne capacito neanche io. Soprattutto leggendo dati come questi, che arrivano ancora dalla Toscana. Su 458.184 vaccinazioni, gli over 80 vaccinati sono 62 mila, gli operatori sanitari 220 mila, mentre 8.500 sono gli operatori degli uffici giudiziari vaccinati e 7.500 (cioè 1.000 in meno degli uffici giudiziari) le “persone particolarmente fragili”. Governatore Giani, abbiamo un problema. 


 
Al direttore - Ci sono 4,4 milioni di 80 e più anni in Italia. Di questi il 30 per cento ha 3 o più patologie importanti. I medici di base li conoscono a menadito. Il 70-80 per cento del surplus di mortalità si annida lì e noi che facciamo? Invece di averli già tutti vaccinati attraverso i medici di base e abbassato così la mortalità del 70-80 per cento chiudiamo le scuole, saltiamo da un colore all’altro come ubriachi e mettiamo su una campagna di vaccinazione di tipo generale che manca del target assolutamente prioritario. E’ l’Italia, bellezza, Conte o Draghi. Ma anche lì, al Foglio, sicuri di avere chi sa fare un po’ di conti?
Roberto Volpi

 
Insisto. Non aver vaccinato tutti gli over 80, affidandosi alla bontà dei piani vaccinali regionali, è stata una totale pazzia. E purtroppo, come ricorda da giorni su Twitter la nostra amica Annarita Digiorgio, i direttori delle asl lo dicono chiaramente: “Il piano nazionale ad interim approvato il 10 marzo in Conferenza stato-regioni non annulla le indicazioni regionali”. Dunque, le regioni possono continuare a fare quello che vogliono, inserendo nelle priorità sindaci, giornalisti, magistrati, avvocati. Follia.
 

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