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Genitore 1 e genitore 2 sui documenti non è solo pol. corr. ma è anche ridicolo

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 14 gennaio 2021

Al direttore - Reiterare le ministre!
Giuseppe De Filippi

  

Sintesi della giornata di ieri: per reiterare le ministre bisogna passare dalla miscela rossogialla al rosè made in Leopolda.

    


   

Al direttore - “Laudato sii, o mio Signore, per nostra sora Morte corporale, dalla quale nessun uomo vivente può scampare. Guai a quelli che morranno nel peccato mortale. Beati quelli che si troveranno nella tua volontà poiché loro la morte non farà alcun male”. A rileggere in questi tempi di pandemia le straordinarie parole di san Francesco sulla morte corporale, si ha netta l’impressione dell’abisso che separa il suo mondo dal nostro. E dico mondo, non solo chiesa, dal momento che nel Medioevo era impossibile anche solo pensare la vita, personale e sociale, al di fuori di un orizzonte di fede. Quel mondo non c’è più, e non da ieri. E, cosa più grave, non c’è più neanche “quella” chiesa. Oggi ci viene detto che vaccinarsi è una scelta etica (e pazienza se la stessa chiesa dice che il vaccino non è un obbligo morale e che quindi dev’essere volontario: è noto che la chiarezza non è, come si suol dire, tra i punti di forza dell’attuale corso ecclesiale); il che è anche comprensibile, per carità, con una pandemia in corso. Né si tratta di accodarsi alla già nutrita schiera dei No vax e minchiate varie. Ma c’è un “ma”. Perché tra messe sospese e chiese chiuse, continui richiami all’osservanza dei protocolli sanitari e, da ultimo, pure un endorsement ai vaccini, beh insomma pare proprio che la chiesa di oggi tenga in gran conto, forse troppo, la salute corporale. Come se non vi fosse altra prospettiva oltre la morte (morte che, ce lo ricorda san Francesco, presto o tardi raggiungerà ogni essere umano attuale e futuro posto che il tasso di mortalità della vita è del cento per cento). L’esatto contrario di san Francesco, che nel solco della più genuina spiritualità cristiana si preoccupava della salvezza dell’anima. Mai come oggi risuona l’appello del compianto card. Caffarra: “E’ d’urgenza drammatica che la chiesa ponga fine al suo silenzio circa il Soprannaturale”. Di una chiesa che parla solo o quasi di cose naturali, umane, terrene anziché ultraterrene, a parte qualche applauso ogni tanto il mondo non sa che farsene.  
Luca Del Pozzo

    


 

Al direttore - Ancora non ho visto “SanPa”, ma leggo già una valanga di critiche contro Vincenzo Muccioli e i suoi metodi poco ortodossi. Ma prima di puntare il dito dovremmo capire cosa significasse essere tossicodipendente negli anni Ottanta. Oggi la droga è vista come un problema marginale da affrontare secondariamente, come se l’abuso di sostanze stupefacenti e psicotrope, fosse un vizio e non una grave forma di dipendenza. Le sostanze stupefacenti sono oggi “integrate” e incluse nella società, non hanno più il significato di rottura che avevano negli anni Ottanta. Allora ti facevi di eroina ed eri emarginato. La grande differenza con il passato è che oggi si fa un uso non terapeutico di sostanze stupefacenti non per estraniarsi, ma per integrarsi e il consumo diviene un aspetto socializzante e caratterizzante del gruppo di appartenenza. Altro elemento differenziante rispetto al passato è quello economico: adesso per farsi di eroina un ragazzo deve recuperare pochi euro e ti bastano pochi minuti nelle vie dello spaccio. Negli anni 80 non era così. Se ti facevi di un grammo al giorno voleva dire avere a disposizione centomila lire ogni giorno. Così la storia di tossicodipendente era diversa rispetto a chi si droga oggi ed eri costretto a entrare nel vortice dei furti, della prostituzione e del carcere: i soldi li dovevi in qualche modo trovare. I “tossici” davano noia e venivano incarcerati solo la comunità terapeutica poteva salvarli. I nuovi tossicodipendenti invece, sono distanti dai contesti di emarginazione sono invisibili perché non danno fastidio a nessuno e raramente compiono reati connessi con l’uso di droga. La storia per il futuro dei nostri figli può ancora cambiare: serve educare, prevenire, curare e non incarcerare. Questa serie di Netflix ha avuto un merito: ha sollevato le palpebre della società su un mondo che sembra troppo lontano dalla quotidianità, ma purtroppo lontano non è.
Andrea Zirilli 

   


   
Al direttore - Leggo che nella giornata di mercoledì il Viminale ha cancellato “un altro lascito dell’èra Salvini che aveva fatto molto discutere”. Sulla carta di identità per i minori di 14 anni o sui moduli di iscrizione a scuola dei bambini, dunque, si torna a “genitore 1” e “genitore 2”, una dicitura che da tempo ormai aveva sostituito il vecchio “madre” e “padre” e che Salvini ministro dell’Interno aveva invece recuperato. Onestamente, caro direttore, sono senza parole.
Luca Marini

 

Anche un orologio rotto due volte al giorno segna l’ora giusta. E’ il caso di questa storia: sostituire madre e padre con “genitore 1” e “genitore 2” è una scelta non solo politicamente corretta ma persino ridicola.