(foto LaPresse)

Bonafede e il triste spettacolo di un centrodestra al traino dei pm

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - In questo periodo di pensiero corto e rozzo, quando va meglio alla brevità del pensare fa da compagna la banalità. E’ questa l’impressione che ricavo da una recente intervista a Walter Verini, nella quale da responsabile del settore egli espone la riforma della giustizia penale che il Pd ambirebbe a realizzare (cfr. l’intervista al Foglio, a cura di David Allegranti, del 20 maggio). La premessa politico-culturale è la seguente: “Siamo contro gli opposti estremismi di giustizialismo e garantismo”. Se ci chiediamo in cosa sfoci questa ricerca di equilibrio, la risposta va forse ricercata nella successiva esplicitazione: “Siamo per una giustizia giusta e garanzie e diritti per tutti. Tempi certi e pene certe”. Innanzitutto, riduzione dei tempi processuali quindi, così – conclude Verini – “la questione prescrizione esce di scena”. Che cosa significhi certezza della pena, però, non viene esplicitato. Ne deduco che si ritiene basti tale slogan evocativo di forti pulsioni punitive, invero presenti da tempo nello stesso fronte cosiddetto progressista (già da prima, peraltro, che affiorassero incattivite nel più giovane popolo grillino!). Se il vuoto tabù della pena certa non si deve toccare, per altro verso il Pd non può rinunciare a una modica quantità di riformismo penale di sinistra: da qui la ribadita e scontata proposta di ampliare l’accesso alle misure alternative al carcere. Ripensare invece funditus la pena carceraria, come suggerisce tra gli altri il suggestivo ma inconcludente Gherardo Colombo? Non sia mai, troppo eversivo e pericoloso! In sintesi, dunque, un programma di riforma ispirato a un confuso moderatismo, al tempo stesso giustizialista e garantista; o, con altre parole, improntato a un giustizialismo e a un garantismo entrambi annacquati – appunto – nel grigiore della banalità.

Giovanni Fiandaca 

 

Più che discutere della funzione del carcere forse, se davvero la pena deve avere una funzione rieducativa, potrebbe essere più importante discutere della funzione dell’ergastolo. Per il resto, rispetto alle votazioni di ieri al Senato, ciò che sorprende è stata la posizione di Forza Italia, che, trainata dalla Lega, ha scelto di aderire a una richiesta di sfiducia basata su strumentalizzazioni mediatiche e giustizialiste. Votare ieri contro Bonafede – ovvero contro un ministro processato in piazza da un pubblico ministero sulla base di illazioni – significa votare a favore della cultura del sospetto. Bonafede è forse il peggior ministro della Giustizia della storia d’Italia. Ma è meglio dover fare i conti con un ministro osceno che con un paese ridotto a mandare a casa i ministri sulla base delle invettive dei pm.


 

 

Al direttore - Il decreto “Rilancio” sospende fino al 30 agosto 2020, l’obbligo di indicare le causali per i contratti a termine e la somministrazione di lavoro con il limite però dei “contratti in essere”. Ancora una volta vince l’ideologia. La somministrazione di lavoro soddisfa le esigenze di flessibilità delle aziende utilizzatrici, ed è l’unico strumento contrattuale che, di fronte alla cessazione di un’esperienza lavorativa, garantisce al lavoratore l’assistenza necessaria con un operatore professionale del mercato del lavoro. Dall’agenzia del lavoro con cui si è svolto il rapporto di lavoro cessato, il lavoratore infatti ottiene una valutazione della proprie competenze, rapportandola alla prospettive occupazionali del territorio, percorsi di formazione e riqualificazione, la condivisione delle occasioni lavorative in corso. Allora abbandoniamo ogni ideologia e portiamo avanti quella liberalizzazione che l’Unione europea auspicava nella direttiva 104 del 2008. La logica che traspare dalla direttiva è quella per la quale attraverso il lavoro tramite agenzia, si moltiplicano le possibilità di conseguimento di un lavoro stabile. Da un lato, la liberalizzazione di tale forma d’impiego agevola l’uscita dallo stato di disoccupazione involontaria, dall’altro, lo svolgimento della prestazione lavorativa presso l’utilizzatore, facilita la possibilità di stipulare un rapporto di lavoro stabile alle dipendenze di quest’ultimo o direttamente con l’agenzia attraverso lo staff leasing. La direttiva non prevede l’eccezionalità del lavoro tramite agenzia rispetto al lavoro alle dipendenze dirette dell’utilizzatore, ma al contrario, lo promuove attraverso un processo di progressiva liberalizzazione, indirizzato alla rimozione di “limitazioni” e “restrizioni” alla realizzazione delle fattispecie interpositorie. Solo così si può realizzare “un mercato del lavoro dinamico e flessibile, capace cioè di contribuire alla creazione di occupazione di qualità, di stimolare lo sviluppo delle imprese, oltre che di tutelare l’occupazione e l’occupabilità dei cittadini”. Voltiamo pagina con coraggio.

Andrea Zirilli

Di più su questi argomenti: