Lo spettacolo (ridicolo) della Lega che critica l'Europa non solidale

Al direttore - Sovranisti vogliono tutto il potere a Bce, urge eurotampone.

Giuseppe De Filippi

Ho sentito dire con le mie orecchie durante una conferenza stampa dal leghista Alberto Bagnai, il Papa dei no euro italiani, che la ragione per cui la Lega chiede un intervento della Bce ed è scettica sugli Eurobond (anche se diversi esponenti della Lega, da Giorgetti a Garavaglia, gli Eurobond li chiedono da tempo) è legata a una questione particolare. Sentite qui: “Non esistono le condizioni di solidarietà del progetto politico europeo tali da pensare a una soluzione di questo tipo. L'unica cosa che abbiamo messo in comune seriamente è la politica monetaria. Intervenga la politica monetaria. Intervenga la Bce”. Non so se è chiaro: gli antieuropeisti no euro dicono no agli Eurobond perché nell’Europa non solidale le uniche istituzioni che possono funzionare sono quelle che riescono a tradurre la solidarietà del progetto europeo. Per tutto il resto c’è il “Benny Hill Show”.

 


 

Al direttore - Va bene la moda e il settore auto, come pure le librerie, per carità. E va bene pure discutere e accapigliarsi sul Mes. Ma le messe? Se la notizia che la Cei sta lavorando a una proposta per sbloccare la situazione è da accogliere positivamente, si capisce meno per quale motivo debba essere il governo ad avere l’ultima parola su cosa si possa o non si possa fare in chiesa. Per cui bisognerà fare molta attenzione. Intanto un punto va ribadito: l’interdizione della messa con il pubblico non soltanto non trova (né trovava prima) alcuna giustificazione di ordine sanitario, ma quel che è più grave veicola la supina accettazione dell’estromissione di Dio dalla vita pubblica, ciò che puntualmente è avvenuto nel momento in cui il governo ha equiparato il culto a una qualsivoglia manifestazione ludica a carattere pubblico. Non solo. L’aspetto ancora più grave è il fatto che in certi ambienti cattolici si è ormai consolidata l’idea di una fede “smaterializzata”, incorporea, tutta spirito e intimità. Se non fosse chiaro: trattasi di una concezione della fede che fa a sportellate con quella cattolica. E’ vero che si può pregare Dio nel proprio intimo, nel chiuso della tua camera da letto o in autobus, mentre corri e fai palestra o in ufficio. Né è la chiesa in quanto edificio che fa la differenza. Ma qui si sta parlando della possibilità di partecipare alla messa e alle celebrazioni in quanto popolo, comunità, corpo di Cristo. Tutt’altro, come qualche prelato forse troppo frettolosamente ha detto, che un discorso astratto sul diritto di andare in chiesa. Che poi la messa la si faccia in mezzo a una radura nel bosco o su un campo da basket, in una piazza piuttosto che in famiglia o in un parco, in una maestosa cattedrale o in uno scantinato cambia poco. Cambia molto, invece, esserci oppure no, essere presente con il proprio corpo e in quanto membra di un corpo più grande che è il corpo stesso di Cristo. Altrimenti, se passa il principio che il corpo sia tutto sommato ininfluente ai fini del culto, beh allora tanto vale che smettiamo di chiamarci cattolici. Persino un prete anglicano, Tish Harrison Warren, ha ricordato di recente sul New York Times una verità tanto semplice quanto dimenticata: “La storia della creazione nella Bibbia ci ricorda che noi umani siamo corpi. Non siamo semplicemente cervelli conficcati su un’asta o anime intrappolate in una prigione mortale. Noi crediamo che anime e corpi siano inseparabilmente intrecciati… E noi crediamo che Dio non è venuto a mo’ di un libro o di un codice di leggi o come un ologramma o un credo o un’idea, ma come una persona in un corpo, Gesù”. Non credo servano commenti. E’ tempo di essere responsabili, certo; ma è tempo anche di essere fedeli a ciò che si è. Le modalità operative per fare tutto in ordine e in sicurezza si trovano. Basta volerlo.

Luca Del Pozzo

 


 

Al direttore - Pubblicato per la prima volta nel 1967, “The Medium is the Massage. An inventory of effects” è uno dei testi fondamentali del Novecento sulla teoria della comunicazione. Il titolo del volume era un palese refuso tipografico. Marshall McLuhan, che aveva uno spiccato senso dell’humour, decise di non correggerlo. Perché, come poi ammise, era un gioco di parole volontario tra “Message”, inteso come “Mess Age” (età del caos), e “Massage”, inteso come “Mass Age” (età delle masse). Aveva capito tutto. Oggi infatti, ai tempi del coronavirus, il medium è il massaggio delle masse con il messaggio del caos.

Michele Magno

 

What a Mes!

 


 

Al direttore - Maurizio Landini continua a urlarci nelle orecchie che la salute viene prima del profitto. D’accordo, ma come la mettiamo con l’occupazione, il lavoro, il reddito e tutti gli altri ‘’beni necessari’’ per ottenere i quali è necessario che ‘’girino le macchine’’ nelle officine?

Giuliano Cazzola

Sarebbe interessante capire quando è esattamente che l’opinione pubblica ha accettato di creare una contrapposizione tra la salute dei cittadini e il benessere di un paese.

Di più su questi argomenti: