L'Italia non è uscita dall'Europa: non faccia uscire l'Europa dall'Italia

Le lettere al direttore del 13 novembre 2019

Al direttore - Il giudice del processo ai carabinieri che depistarono le indagini sul caso Cucchi si è astenuto dal giudicare in quanto ex carabiniere ora in congedo. A mio avviso dovrebbe dimettersi dall’ordine giudiziario oppure dovrebbe essere cacciato. Ma non succederà: è la giustizia bellezza.

Frank Cimini


 

Al direttore - Insomma, a voler sintetizzare il Foglio di ieri, ci sono gli indiani e coloro che fanno gli indiani. I primi sono più corretti e trasparenti dei secondi, che si comportano come il lupo nella favola di Fedro.

Mauro Martini

 

ArcelorMittal è quotata presso le Borse di Parigi, Amsterdam, New York, Bruxelles, Lussemburgo e Madrid. Ha sede in Lussemburgo. Il suo nome deriva dalla fusione (2006) tra un’azienda madre (l’indiana Mittal) e un produttore europeo dell’acciaio (Arcelor). Il fatto che buona parte dell’opinione pubblica continui a chiamarli con disprezzo “gli indiani” ci dimostra che la grammatica dell’“invasione” è qualcosa che va ben oltre la retorica salviniana.

 


Al direttore - Nella vicenda Ilva alcune forze politiche si accingerebbero a presentare emendamenti, in ipotesi al decreto fiscale, per introdurre nella formula in cui era stata adottata in precedenza, poi soppressa, la protezione penale per ArcelorMittal. Se confermata questa decisione, saremmo al “bis in idem”. Un tale scudo dovrebbe essere introdotto con una norma generale ed astratta, valida erga omnes, maggiormente perché si tratta di una norma di esonero penale, non circoscrivibile a un caso singolo, ché se tale fosse, la si farebbe incamminare sicuramente verso la bocciatura della Consulta. D’altro canto, il premier Conte ha detto che il gruppo franco-indiano, nei colloqui, non ha chiesto la protezione, ma ha sollevato il tema degli impatti industriali, produttivi e occupazionali discendenti dalla situazione problematica dell’acciaio a livello internazionale. In sostanza, da ArcelorMittal si vorrebbe accollare allo stato, ai lavoratori e ai cittadini quello che si dovrebbe chiamare rischio di impresa. In casi non ordinari ciò è ammissibile. Ma se si sbagliano previsioni e piani, è corretto l’atteggiamento di chi si sottrae a obblighi contrattuali e che magari ha pensato “ab origine” alla rete di salvataggio dello stato, così sentendosi libero nel “moral hazard”? Siamo alle solite: privatizzazione dei profitti, pubblicizzazione delle perdite? In ogni caso, una protezione penale – che però lo stesso Conte afferma possibile (pur non richiesta?) solo se si raggiunge un accordo con il predetto gruppo sulle altre questioni – non potrebbe che avere i caratteri e le potenziali destinazioni sopra indicati. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

 

Un paese ostaggio come l’Italia di un ambientalismo manettaro deve fare una scelta: o mettere in fuga gli investitori o mettere in fuga i giacobini. Avendo scelto di non mettere in fuga i giacobini tocca capire come non mettere in fuga gli investitori. E sarebbe il caso di darsi una mossa. Anche alla luce di un problema che è in fondo il cuore del problema del governo. Il governo di svolta, in fondo, era nato per non far uscire l’Italia dall’Europa. Sarebbe curioso che ora fosse impegnato a far uscire l’Europa dall’Italia.

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