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Meno rutti, più cravatte. Ragioni per convertirsi al proporzionale

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa, ho letto con attenzione il suo editoriale, il “Tonfo del vaffa politico”. Ai partiti e ai movimenti politici manca la competenza e il coraggio di confrontarsi sul futuro. Le elezioni in Umbria c’insegnano che i cittadini non hanno mai smesso di fare domande, anzi le richieste stanno aumentando e diventando sempre più particolari. Ciò che manca oggi alla politica è la capacità di cercare risposte e la competenza per gestire la complessità delle richieste. Le risposte ci sono quando si è all’opposizione, ma cambia tutto quando un partito che nasce sul “vaffa” diventa partito di governo: ci sono doveri nazionali (le manovre finanziarie ad esempio) e internazionali (la questione curda c’insegna qualcosa) che si scontrano con la base e la responsabilità verso il paese viene sempre prima della responsabilità verso il partito. Lo scotto per chi decide di candidarsi a governare è che spesso viene indebolita la propria identità di dirigente di partito. Ma l’ex governatore della Bce, Draghi, ci insegna che spesso per chi manca di competenza, coraggio e umiltà, la strada verso il dimenticatoio istituzionale è pressoché segnata. Abbiamo bisogno di politici responsabili capaci di creare quel ponte tra il consenso del passato e quello del futuro e per farlo servono persone competenti perché “la competenza fondata sulla conoscenza è essenziale per capire la complessità”.

Andrea Zirilli

I populisti possono governare solo a condizione di cambiare. Se non cambiano, muoiono. Se cambiano ma non spiegano, si spengono. Se cambiano provando a spiegare, hanno possibilità di campare. Ma la buona notizia, pensando sia al governo sia all’opposizione, è che oggi i partiti populisti non sono scomparsi ma hanno capito che per poter governare devono mettersi la cravatta e ruttare un po’ meno.

 

Al direttore - Sarà un caso, ma quando la legge elettorale è stato cambiata anzitutto per metterlo in quel posto all’avversario politico di turno (Porcellum e Rosatellum), abbiamo puntualmente assistito a una sorta di eterogenesi dei fini. Vedo che oggi il ritorno al proporzionale, anche se a quale proporzionale ancora non è chiaro, tira molto a sinistra. Il maggioritario ha fallito, si dice, e con i tempi che corrono consegnerebbe il paese a Salvini. Può darsi. Strano, però, che lo sostengano anche i più tenaci fautori del nuovo “campo riformista” imperniato sull’alleanza organica tra Pd e 5s. Essi, infatti, non dovrebbero essere insensibili alle virtù di un maggioritario a doppio turno di tipo francese, sistema che meglio di altri può favorire la costruzione di un nuovo bipolarismo in Italia. Misteri di quella politica che, come diceva Michael Oakeshott, talvolta è “solo una conversazione senza fine”.

Michele Magno

Sappiamo tutti che il modello dei sindaci, lo splendido doppio turno, è ciò che servirebbe all’Italia ma sappiamo anche che fino a quando avremo un bicameralismo perfetto avere il doppio turno è impossibile. E per questo, fino a quando non si cambierà il sistema istituzionale italiano, il modo migliore per difendere la nostra democrazia rappresentativa dai professionisti dello sfascismo è quello di scommettere su uno splendido proporzionale, che respinga l’estremismo nazionalista e che non renda strutturale l’alleanza tra Pd e M5s.

 

Al direttore - Un “perimetro di sicurezza nazionale cibernetica”: sembra un termine da film di fantascienza, ma è uno strumento sempre più opportuno che finalmente stiamo adottando a livello normativo anche in Italia. E’ la creazione di un’architettura articolata e condivisa che proteggerà le istituzioni, le imprese private e soprattutto i cittadini dai rischi di attacchi cibernetici, di furti di dati, di intrusione indebita nella vita e nel lavoro di ognuno di noi così come nella sfera pubblica e democratica italiana. Dietro al tecnicismo di un decreto, c’è in realtà un’antica e cruciale necessità di difesa dei cittadini, della loro proprietà, della loro incolumità e della loro libertà. Secondo le analisi di Accenture, a causa di cyberattacchi e furti di dati, i costi addizionali e i mancati ricavi delle aziende nei prossimi 5 anni varranno fino a 5.200 miliardi di dollari a livello globale: dotare il nostro paese di una governance intelligente di protezione è una priorità anche in termini di competitività e certezza degli investimenti. I cyberattacchi rappresentano una sfida primaria di questo secolo e una realtà come l’Italia è un target primario per operazioni di tipo “predatorio” nell’acquisizione di know-how industriale. Nel decreto in discussione è stata prevista anche l’estensione del cosiddetto “golden power” alla stipula di contratti o accordi per l’acquisto di beni o servizi relativi alla progettazione e gestione delle nuovi reti di infrastrutture tecnologiche, come il 5G. Le infrastrutture radiomobili, e in particolare il 5G, avranno una rilevanza enorme negli ambiti più disparati della società e dell’economia (dalla salute al telelavoro). Non dovranno mai esporre i cittadini a un indebolimento del grado di sicurezza, di tutela dei loro dati e della loro sfera personale e pubblica, né di perdita di know-how strategico del nostro paese e dei suoi partner europei a vantaggio di potenze rivali, da Pechino a Washington. Ecco perché, tutelando la sicurezza informatica del paese, proteggiamo la libertà dei cittadini e la forza dell’Italia nel mondo.

Gianfranco Librandi, deputato di Italia Viva

 

Al direttore - Grazie, e come sempre puntuale, Giulio Meotti, che sul Foglio ricorda significativi episodi subiti e patiti da Vladimir Bukovskij. Ricordo la sua partecipazione al congresso del Partito Radicale del 1986: si iscrive al partito, grato per l’impegno a favore dei diritti umani nei paesi dell’est: “Avete iniziato una campagna importantissima sull’informazione dei paesi comunisti. Avete cominciato un lavoro importantissimo per cercare una nuova strada, una terza strada che non sia né quella della capitolazione né quella del riarmo nei confronti dell’Unione Sovietica. Chi la continuerà, se voi smettete?”. Non è il solo. Il matematico Leonid Pliusc, anche lui lunghi anni di detenzione nelle cliniche psichiatriche sovietiche, scrive a Marco Pannella che “molte idee e molti metodi del Partito radicale sono necessari per risolvere i tanti problemi della situazione internazionale”. Questo era il Partito radicale di quegli anni. Lo stesso che è a congresso in questi giorni a Napoli.

Valter Vecellio

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