Matteo Renzi (foto LaPresse)

Di Maio non sa quel che fa, Salvini sì. Dare a Renzi ciò che è di Renzi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Calenda: pienotti poteri!

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Durante queste convulse trattative per il governo mi sembra che nessuno sottolinei abbastanza che il problema del Pd nel medio periodo è uno e uno soltanto: l’assenza di un uomo forte. Se le cose andranno bene, infatti, chi racconterà i meriti dem al paese e chi capitalizzerà il consenso politico? Se le cose andranno male, invece, chi rintuzzerà le accuse di M5s e delle opposizioni? Se persino il segretario Zingaretti non crede in questa esperienza a tal punto da impegnarcisi in prima persona (gongolano i miopi che professano la separazione tra segretario e candidato premier) chi sarà insomma l’uomo o la donna del Partito democratico nel governo, l’alter Di maio, il Salvini del centrosinistra? Al netto dei temi, delle giravolte, delle poltrone, degli hashtag e delle correnti è su questo che si gioca il futuro del Pd.

Francesco Armillei

Difficile dire chi sia oggi l’uomo forte del Pd. Più facile dire chi sia stato il mattatore di questa fase politica. Dare a Renzi quel che è di Renzi.

 

Al direttore - Nel leggere sul Foglio “boss grintoso e padronale ma vuoto”, il “facilismo beota della sottocultura extraeuro e del cortigianesimo automatico e servo di una bella fetta di giornalisti” si pensa subito, oltre che a Salvini per cui Giuliano ha coniato il lessico, anche all’altro vice, auguriamoci ex. Ho però ascoltato in radio una migliore rappresentazione del “capo”, copyright l’economista Manasse, quella di “Zelig”, che mi sembra la più appropriata. Woody Allen nel descrivere il personaggio Leonard Zelig nel film del 1983 parla di “un uomo che non ha un sé né una personalità”, ed è affetto da “camaleontismo che si trasforma in moda”; lo psichiatra Bruno Bettelheim nello stesso film aggiunge con l’autorevolezza che gli è propria che Zelig è “il conformista per antonomasia”. Che c’è di meglio per il vuoto caleidoscopico del nostro che “ha abolito la povertà”? Un saluto.

Massimo Teodori

La differenza tra Di Maio e Salvini è presto detta. Di Maio è pericoloso perché non sa quello che fa. Salvini è pericoloso perché sa quello che fa. Mi pare una differenza sostanziale, non trova?

 

Al direttore - Mettiamo il caso che, in una prossima elezione politica, consegua una buona affermazione (ad esempio il 17 per cento)  un partito che, nel programma, includa la depenalizzazione della pedofilia, purchè il/la minore sia consenziente o “moralmente corrotto/a’’ (così si esprimeva il Codice Rocco). Oppure immaginiamo un contesto politico come quello descritto nel 2015 (allora gli “invasori’’ erano gli islamici, peraltro tutti terroristi) da Michel Houellebecq, nel romanzo “Sottomissione’’. Il partito musulmano, in Francia, condiziona il suo appoggio al governo chiedendo in cambio l’introduzione della poligamia. Facciamo quindi l’ipotesi che  in nome della sovranità popolare venga richiesto il ricorso ad una consultazione elettorale, quale giudice unico delle leggi. In fondo è quello che in Italia ha tentato di fare il Capitano, con i suoi decreti sulla sicurezza che hanno violato tutto ciò che era possibile violare: la Costituzione (art.10), i trattati e le consuetudini internazionali, le leggi del mare e, se vogliamo, anche la pietas umana. Può la sovranità popolare giustificare la negazione di fondamentali princìpi di civiltà?

Giuliano Cazzola

 

Al direttore - Quindi più di Mattarella conta Rousseau?

Jori Diego Cherubini

Conta più la Costituzione che Rousseau. E conta più la bis-continuità che la dis-continuità.

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