Meglio tornare alla lira o alla scala mobile?

Al direttore - Tornare alla lira, all’art.18, ma non alla scala mobile.

Giuseppe De Filippi


    

Al direttore - Nel loro pezzo della settimana scorsa, Roberto Defez, Deborah Piovan e altri informavano che qualcosa finalmente si muove nel campo della ricerca relativamente alle nuove tecnologie di coltura. Tra le altre cose hanno anche ricordato la nostra merenda Crispr del 5 marzo scorso davanti al Parlamento europeo.  Il 2 aprile saremo ascoltati a Bruxelles dalle autorità locali sul nostro spuntino di riso editato gustato assieme a un centinaio di giovani biotecnologi di mezza Europa. Vi faremo sapere com’è andata. Nell’attesa di poter raccontare nel dettaglio l’interrogatorio, abbiamo però un paio di richieste per il ministro Centinaio: la prima è insistere, lo facemmo l’anno scorso col suo predecessore Martina senza troppo successo, affinché individui dei campi dove poter far sperimentare quanto si studia in diverse università italiane relativamente ai nuovi prodotti frutto dell’editing del genoma; la seconda è chiedere “se” e “come” l’Italia intende adeguare la propria normativa alla sentenza della Corte europea di giustizia che a luglio dell’anno scorso, senza consultare la comunità scientifica,  ha stabilito  che Crispr sia da ritenersi una tecnica  ogm  andando a normare un’invenzione del 2012 con una direttiva del 2001. Defez e gli altri concludono ricordando che “se tutto diventa ogm, nulla è più ogm”. Concordiamo. Visto che ormai tutti si proclamano postideologici, possibile che l’agricoltura nostrana debba rimanere ostaggio di approcci, a volte letteralmente oscurantisti, che dopo tutti questi anni di mancanza di evidenze scientifiche relative alla pericolosità per la salute umana, animale e l’ambiente, non vogliono bilanciare il principio di precauzione con quello di innovazione? Non si tratta di un complotto neoliberista che vuole preparare la via per l’invasione delle multinazionali del cibo, bensì di consentire a una nuova agricoltura sostenibile di potersi affermare tanto da noi quanto, visti i costi contenuti delle tecnologie, anche nei paesi in via di sviluppo. Non dovevamo aiutarli a casa loro?

Marco Cappato, Marco Perduca


    

Al direttore - Il danno più grave che la corruzione arreca all’economia è costituito dall’interferenza che questi comportamenti illeciti hanno sul buon funzionamento di un’economia concorrenziale. Non penso solo all’assenza di una sana competizione, ma alla profonda differenza tra il valore di un’opera o di un servizio realizzato secondo regole di favoritismo e non secondo regole di efficienza. Papa Francesco ci ricorda che chi “ha perso la dignità nella pratica delle tangenti, porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma soltanto la mancanza di dignità”. Serve un rigurgito di moralità e la necessaria presenza in economia di norme etiche. Educhiamo i nostri figli a essere onesti. “Un animo onesto, non si adegua mai a chi sbaglia”.

Andrea Zirilli

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