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Il centrodestra si salverà solo quando il Cav. mollerà Salvini. Dialoghi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Da tesò a ministro del tesò è un attimo.

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Si sono chiesti gli strateghi pentastellati perché hanno subìto una sonora batosta proprio in due regioni meridionali in cui sta per arrivare quel reddito di cittadinanza, la cui promessa aveva portato tanta fortuna al movimento il 4 marzo dell’anno scorso? Non sarà che gli elettori, reddito o non reddito, cominciano ad accorgersi – e a pentirsi – di aver preso sul serio degli “scappati di casa”?

Giuliano Cazzola

 

Al direttore - Il titolo del suo ultimo editoriale coincide con il quesito che si pongono tutti gli elettori di centrodestra non “truciani”. Ed è una domanda a cui Berlusconi dovrà rispondere al più presto. E per farlo, forse, dovrebbe fare ciò che non ha mai fatto in tutti questi anni: superare per davvero Forza Italia e dare vita al Partito popolare europeo in Italia. Aprire la strada verso la successione, fondando finalmente un partito popolare conservatore a gestione democratica. Dare il via a una grande costituente dei moderati che aggreghi tutti i cespugli democristiani, liberali, civici in giro per l’Italia chiedendo al grande popolo del centrodestra “non-truciano” di eleggere un/a nuovo/a giovane leader alla Pablo Casado. E chissà se a questo nuovo partito non si affiancherà con il tempo un Ciudadanos de noantri. La strada è impervia, magari molti eletti di Forza Italia per salvare la cadrega si faranno accogliere dal Truce, ma qualcosa va fatta. Diversamente moriranno (noi no) tutti “truciani”.

Vittorio Aldo Cioffi

 

Il punto è tutto lì: di fronte a un paese che prova ad ampie falcate ad avvicinarsi alle democrazie illiberali ha senso barattare la difesa delle libertà per non perdere qualche consigliere regionale?

 


Al direttore - Finalmente qualcuno che dice a Berlusconi che il suo restare “unito” a Salvini è l’ossigeno indispensabile nel tenere in vita il boccheggiante Di Maio?

Franco Miracco

 

Il Cav. capirà presto che togliere un forno alla Lega è come tagliare i capelli a Sansone.

 

Al direttore - Caro Cerasa, il suo consiglio al Cav. di negare a Salvini la comodità di un secondo forno è apprezzabile. Tanto apprezzabile che temo non verrà seguito. La strategia di Berlusconi verso il leader leghista mi ricorda semmai un’icona della televisione pre-berlusconiana: “Torna a casa Lassie”. Con una differenza. Che Lassie era un cane buono, onesto, fedele. E infatti tornava a casa. Dubito che Salvini farà altrettanto. E dubito, come lei, che abbia un senso chiederglielo. A meno che non si abbia l’ansia di ubbidirgli facendo finta di comandarlo.

Marco Follini

 

Non andrà così. E più ci avvicineremo alle europee più il Cav. capirà che Salvini non va coccolato, ma va attaccato, va messo a nudo, va inchiodato alla sua incompatibilità con la realtà. Forza.

 

Al direttore - Caro Cerasa: il re è nudo! Possibile mai che lo veda solo lei? La strategia di Salvini è chiara: spuntare il massimo risultato possibile da ciascuna situazione, a ogni livello politico e istituzionale, in modo cinico e spregiudicato. Forza Italia assiste, come giustamente osserva nel suo editoriale di oggi, da amante relegata all’ombra. Ritengo anch’io che occorra una mossa capace di sparigliare, di ridare orgoglio a un elettorato moderato che dire disorientato non basta per definire. Oggi l’abilità del leader della Lega è di riuscire a svuotare i Cinque stelle a livello nazionale, e Forza Italia a livello regionale e locale. E che lo stato di salute del partito azzurro debba misurarsi su micro oscillazioni sondaggistiche in rialzo, tutte ben distanti (verso il basso) dai lustri conosciuti in un passato anche recente, è triste da accettare. Occorre un taglio netto, una cesura politica: la coalizione che si continua a onorare, a incensare, con tutta evidenza, al passato appartiene ormai. Avrei piacere se Berlusconi ponesse termine alla stanca giaculatoria: “Matteo ritorna, questa casa aspetta te!” e aprisse un nuovo scenario per il centrodestra. Lo spazio c’è. Togliamo un po’ di terra da sotto i piedi del Truce (mi permette la citazione, vero, direttore?), affinché inizi a camminare con minore iattanza. L’Italia non è il cortile di casa sua. Grazie e un cordiale augurio di buon lavoro.

Michele Giardino consigliere comunale di Piacenza, Forza Italia

 

Un’altra destra è possibile e se non lo capirà il Cav. ci penserà qualcun altro a riempire quello spazio politico.

 

Al direttore - L’atteggiamento del Cav. e del suo partito è quello di fare opposizione a metà governo, quello rappresentato dai 5 stelle. La speranza che il Truce figliol prodigo ritorni a casa è, ora, smentita anche da lui stesso. Il Cav. se ne faccia una ragione e dia inizio a un’opposizione completa, totale al governo gialloverde. Ricordi di essere liberale ed europeista, anche se critico. Si atteggi a Cavaliere senza macchia e senza paura.

Lorenzo Lodigiani

 

Al direttore - La sua analisi è come sempre lucida, a tratti crudele. Ma se troverà il mio intervento forse deludente in termini di soddisfazione della risposta, non lo troverà altrettanto deludente dal punto di vista della “crudezza” dell’analisi. Concordo nella quasi totalità della sua disamina, e mi appresto a sottolineare anche i passaggi, essenzialmente uno, che mi trovano discorde, ma ciò che mi preme prima di tutto rappresentare è che una riflessione di questo tipo dovrebbe essere all’ordine del giorno di organismi politici interni al mio partito. Organismi che come Lei ben sa, purtroppo mancano da un po’ di tempo in Forza Italia. Si passa dunque da un fideistico appello, quasi una preghiera ormai, a un centrodestra che, quantomeno nella formazione che siamo abituati a conoscere, non esisterà più, all’opposto, con una pregiudiziale contrapposizione a quello che nella storia della Seconda Repubblica è stato spesso alleato fedele di tante esperienze di buon governo, la Lega ovviamente. E qui arrivo anche al punto della sua analisi che mi trova in disaccordo: non ritengo si possa dire che la posizione di Forza Italia sia da ascrivere alla volontà di difendere qualche consigliere regionale, quanto piuttosto alla responsabilità, che ci ha sempre contraddistinto, di salvaguardare esperienze di buon governo di territori anche molto vasti. Responsabilità che abbiamo come movimento politico non solo nei confronti dei cittadini che beneficiano di quelle amministrazioni ma anche dei dirigenti locali che stanno facendo bene. In un sistema che spesso non premia, anzi svilisce l’impegno e il merito, un partito che si rispetti dovrebbe applicare sistemi di selezione della classe dirigente, non più calati dall’alto, ma di naturale emersione dell’eccellenza. E se da lombardo sento particolarmente il peso di una scelta come quella di staccare la spina a una amministrazione che avrebbe come alternativa impreparazione e malgoverno, da italiano, e da politico che ha avuto l’onore di assumere incarichi istituzionali di grande responsabilità, sento ancor di più il peso di condannare tanti territori a esperienze decisamente fallimentari, con il corollario di intensificare il gap economico fra nord e sud. Perché purtroppo il punto che Lei centra nella sua analisi è quello in cui determina il rischio di corresponsabilità di Forza Italia nella sopravvivenza di un governo che inneggia all’8 settembre come un giorno luminoso nella storia del nostro paese, definendolo, come ha fatto il premier Conte, “l’inizio della ricostruzione”, mentre un vicepremier incontra il presidente Ping, etc. in una sequela di gaffe che oltre ad arricchire la satira, impoverisce il paese, come dimostrano i dati economici. Questo purtroppo perché Forza Italia consente alla Lega di agire in maniera perfettamente ambivalente: a livello locale, da forza politica di buon governo, in grado di sostenere lo sviluppo economico e sociale del territorio, e, a livello nazionale, come forza di freno alla crescita, di ostacolo agli investimenti, di isolamento politico internazionale. L’ambivalenza utilitaristica della Lega non è solo determinata dalla volontà di restare al governo, quanto dalla necessità di allearsi al “nuovo”, individuato nel Movimento 5 stelle, per mostrarsi come forza nuova, proprio la Lega che, pur in forme e nell’ambito di alleanze all’occorrenza del tutto diverse se non contraddittorie, è forse l’unica forza politica sopravvissuta della Prima Repubblica. E qui bene fa Lei direttore a ricordare a gran voce quanto Salvini abbia dichiarato apertamente che non si alleerà mai più al “vecchio” nell’ambito di quel centrodestra che, lui stesso non può che ammettere, rimane l’unica tangibile espressione politica positiva e di successo della Lega. Ecco che il governo diventa il frutto di un dissennato patto generazionale, quello tra Salvini e Di Maio, come indica Lei Direttore, ma anche dell’affinità antropologica che, quantomeno in Parlamento, rende palpabile ed evidente quanto il contratto di governo sia anche un’alleanza politica. Un’alleanza fra due partiti, movimenti o piattaforme che nell’èra postideologica e postvaloriare sembra decidere ogni mattina, all’apertura di una sorta di negozio virtuale, quale sia il prodotto di giornata da vendere. Un’approssimazione che inevitabilmente condanna a una deriva illiberale. Perché lo abbiamo visto, lo hanno ampiamente dimostrato, l’utopia dell’uno vale uno non funziona nemmeno con l’utilizzo degli strumenti digitali, utilizzo che nel caso della piattaforma Rousseau non è nemmeno tanto sapiente; resta dunque da difendere a ogni costo il sistema rappresentativo, che continua e continuerà a essere il miglior sistema democratico possibile. E per difendere questo sistema dobbiamo davvero recuperare la funzione di rappresentanza dei partiti politici. Nella crisi dei corpi intermedi, il sistema politico ha l’urgenza di indicare la strada per il recupero di una funzione sociale fondamentale. Laddove il Pd è sempre più chiuso nella contesa della segreteria, non resta che a Forza Italia, in virtù della sua storia, dei princìpi e dei valori che rappresenta, il dovere di dimostrare che il ruolo di una forza politica non è inseguire il consenso, gli umori dei social, ma di anticiparlo disegnando ed elaborando politiche che perseguano il bene comune. Quella che Lei indica è una scelta sicuramente di coraggio, ma anche di irresponsabilità nei confronti dei territori che governiamo: ed è su questa dicotomia che dovrebbe concentrarsi il dibattito interno a una forza politica come quella che mi onoro di rappresentare in Parlamento. In questa lettera non intendo finalizzare il mio contributo a indicare una via, e in questo probabilmente, come le accennavo all’inizio, la deluderò, perché non ritengo che un partito come Forza Italia possa agire in base a estemporanee dichiarazioni. Intendo piuttosto indicare la necessità di avviare internamente al movimento, in organismi politici adeguati, e che al momento non esistono, una riflessione approfondita. L’azione di un partito come Forza Italia dovrebbe essere figlia di elaborazione politica e di sintesi fra tutte le anime che è in grado di rappresentare. Solo così possiamo recuperare la funzione sociale prima ancora che politica che ci compete. Non è in ballo la sopravvivenza del partito, è in gioco la forma costituzionale della Repubblica parlamentare.

Paolo Romani

 

Tutto giusto e tutto interessante. Ma caro Romani penso che si possano fare entrambe le cose: un conto, come dice anche Salvini, sono le alleanze sui territori, dove una visione del mondo diversa da parte di Lega e M5s non ha un impatto sull’amministrazione di una città o di una regione, un altro conto è immaginare di governare il paese insieme. La Lega è una costola del Movimento 5 stelle e se Forza Italia continuerà a comportarsi come una costola della Lega sarà destinata a fare il gioco di chi sogna di trasformare il nostro paese nel Venezuela d’Europa.

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