Il capolavoro dei populisti in Europa: soli e mazzolati

Al direttore – Btp settete.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Non ho un’unghia della cultura di Ugolino della Gherardesca, e leggo sempre con grande piacere le sue dotte dissertazioni. Ma questa volta, leggendo – con colpevole ritardo – il pezzo sulle ragioni filosofiche della diffidenza italica verso la scienza, che sarebbe dovuta alla religione, un salto sulla sedia non sono riuscito a non farlo. Ohibò! Non ha letto, il dotto conte Ugolino, i libri – per limitarci al mondo anglofono che egli celebra – di Alfred Whitehead, che insieme al suo amato Bertrand Russell ha scritto i “Principia mathematica”, di Rodney Stark, di Joel Mokyr? Tutti studiosi che attestano come “se paragoniamo il tono del pensiero europeo con l’atteggiamento di altre civiltà, abbiamo la sicura impressione che il primo […] non può provenire che dalla concezione medioevale, che insisteva sulla razionalità di Dio, al quale veniva attribuita l’energia personale di Yahweh e la razionalità di un filosofo greco. […] La fede nelle possibilità della scienza, nata prima dello sviluppo della teoria scientifica moderna, è un derivato inconsapevole della teologia medioevale”. La citazione è di Whitehead, ma sfogliando i testi citati le conferme sono innumerevoli. Se ci allarghiamo ad altre aree culturali, e leggiamo per esempio “L’origine cristiana della scienza moderna” di Alexandre Kojève o “I grandi della fisica” di Carl F. Von Weiszäcker, le riprove vengono a bizzeffe. Se poi il problema è specificamente, l’Italia, beh, è difficile dimenticare che, a parte Galileo, nel Belpaese hanno operato, che so, Lazzaro Spallanzani, abate, o Alessandro Volta, catechista, o Gaetana Agnesi, prima donna titolare di una cattedra universitaria, guarda caso nella Bologna papalina. L’Italia ha voltato le spalle alla scienza per altre ragioni, in altre circostanze: allorché, nato in quattro e quattr’otto uno stato nazionale fragilissimo, la sua leadership culturale, Francesco De Sanctis in testa, ha cercato di costruire un’identità nazionale chiedendo ausilio alla letteratura; e da allora il cursus honorum della nuova classe dirigente si è imbevuto di studi letterari, relegando in un angolo quelli scientifici, e costruendo il mito di un paese la cui gloria è legata all’antico. Mi pare una lettura della nostra avversione al progresso scientifico un po’ più aderente alla realtà dei fatti.

Roberto Persico

Spunti gustosi, but God bless il nostro paradisiaco Costantino della Gherardesca.

 


 

Al direttore - Il ministro Giovanni Tria ha voluto, dalla capitale belga, scongiurare l’ipotesi che si voglia “giocare”, tra l’Italia e Bruxelles, al “chicken game” perché, diversamente, entrambe le parti rischierebbero di finire in un precipizio. Ma se è così, allora a fermare la corsa non è certamente chiamata solo la Commissione europea, ma deve essere anche, e innanzitutto, il governo italiano. Bloccare la macchina senza continuare la rischiosissima prova per verificare chi resiste fino in fondo esige in effetti – considerato il tipo dei rapporti istituzionali esistenti – che, a iniziativa italiana, si concordi di arrestare la corsa. Lo farà l’esecutivo? Qual è la sua strategia? Soprattutto, come pensa di fermare quella che non è una corsa a due verso il precipizio ma una potente spinta non lontano da un burrone che l’esecutivo, e con esso il paese, rischia di subire ad opera dei mercati e, poi, dalle interrelazioni che si instaureranno tra questi e le decisioni di Bruxelles, senza trascurare le reazioni delle correnti sovraniste presenti in altri paesi europei che sono le prime a pretendere – sovraniste integrali come sono – che la propria economia non venga danneggiata dalle scelte italiane? Una nemesi, vera e propria, del sovranismo. Ma si può continuare così, con questa forte miopia politico-istituzionale che, però, è ancora premiata dai potenziali elettori? Si arriverà, finalmente, ad aprire gli occhi? Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

L’Italia di Salvini e Di Maio avrebbe dovuto costruire un’alleanza con gli amici dell’Italia per far valere gli interessi dell’Italia in Europa. Salvini e Di Maio hanno costruito invece un’alleanza farlocca con i sovranisti nemici dell’Europa e il risultato è che oggi tutta l’Eurozona ha deciso di schierarsi contro l’Italia. Niente male, no?

 


 

Al direttore - Divertenti e ben fatti gli articoli di Valerio Valentini su un giorno da grillini e un giorno da leghisti. Ma secondo lei, caro Cerasa, il governo arriverà alle europee?

Luca Meffi

In un modo o in un altro ce la farà ma scommetto un caffè sul fatto che non sarà questo governo a fare la prossima legge di stabilità. P.S.: ieri il nostro amico Renato Brunetta ha interpretato una nostra frase come un dileggio sulla sua altezza. Ci spiace, ma l’onorevole Brunetta sa perfettamente che come tutti i nemici del governo populista per noi oggi è un magnifico gigante. Smack.

Di più su questi argomenti: