“Buoni a nulla, capaci di tutto”. Salvini: cosa resterà del caso Diciotti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Dijsselbloem: il reddito di cittadinanza è una figata e si fa di sicuro.

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - “Buoni a nulla, ma capaci di tutto” (Leo Longanesi).

Michele Magno

 

“Il populista non sta solo cercando di raggirare il prossimo. Le sue menzogne sono un tentativo di costruire un mondo in cui per un istante può sentirsi bene per poter ingannare se stesso con tranquillità. E’ quindi il detentore del record dell’effetto Dunning-Kruger di tutti i tempi, il fenomeno per cui l’individuo incompetente è così incompetente da non poter comprendere la propria incompetenza” (David Brooks).

 

Al direttore - La procura di Catania ha chiesto l’archiviazione per le accuse rivolte a Matteo Salvini nel caso della nave Diciotti, in quanto, a suo avviso, gli atti compiuti dal ministro dell’Interno rientrerebbero nell’ambito della autonomia della politica. Davvero? Quando mai un’autonomia fornisce copertura anche ai reati? Per di più, in un paese dove si sono processati gli agenti dei servizi segreti che svolgevano i loro compiti riservati e ovviamente borderline. L’ordinanza che Salvini ha letto in diretta tv ricorda il salvacondotto che il Richelieu di Alessandro Dumas consegna alla perfida Milady: “Il latore del presente ha fatto quello che ha fatto per ordine mio e per il bene dello stato’’. 

Giuliano Cazzola

 


L’indagine era sacrosanta, l’archiviazione pure, ma ciò che resterà di questa storia, a parte la scelleratezza di un ministro di tenere ostaggio dei suoi capricci una nave della Guardia costiera carica di migranti, sono le parole usate da Salvini al momento delle indagini: “Questo ministro è stato eletto da voi, loro non sono eletti da nessuno e non devono rispondere a nessuno”. Mai più, please
.

 

Al direttore - Permetta qualche domanda, da lettore assiduo ancorché talora in dissenso dal suo giornale. Anche io sono a dir poco allarmato a causa della piega presa dal governo gialloverde. Pur di venire a capo di una situazione tanto drammatica è giusto pensarle tutte. A prima vista, la sua idea di un accordo tattico tra Lega e Pd per andare a elezioni politiche a maggio ci può anche stare. Ma bisogna pensarsela tutta o almeno un po’. Un minimo. Come ci andrebbe il Pd alle elezioni? Rivendicando di avere aiutato Salvini a vincere facilmente le elezioni alla testa di una destra a tutti gli effetti sua e a insediarsi come premier incontrastato? Raccontando la favola dell’autosufficienza pd oggi del tutto non plausibile? Facendo conto sull’esile spalla di FI, che al contrario canterebbe vittoria un minuto dopo la rottura dell’attuale maggioranza per fare da scendiletto a Salvini? Davvero il futuro leader pd, chiunque esso sia, potrebbe avallare un tale suicidio? La cosa avrebbe una sua plausibilità solo se, seguendo il filo del suo ragionamento circa le affinità tra coloro che si riconoscono nel “partito del pil”, il Pd e soprattutto i suoi elettori non vedessero di cattivo occhio un futuro governo Salvini. Confesso di non avere soluzioni. Solo penso che con i tatticismi non si va lontano.

Franco Monaco

 

Le cose sono semplici. Un accordo per andare a votare subito, dopo aver fatto il congresso, e per mostrare in campagna elettorale l’orrore di un governo sfascista. Non succederà ma prepararsi al voto, e fare di tutto per averlo, è il modo migliore per progettare un futuro diverso dai giochini di palazzo.

 

Al direttore - Il governo di un paese moderno dinanzi ai grandi problemi che affannano la propria società nazionale sceglie soluzioni con il criterio della priorità. Pensare, infatti, di affrontare i problemi tutti insieme è segno di poca saggezza. E’ questo il senso profondo della inadeguatezza della attuale manovra di Bilancio respinta per la prima volta dalla Commissione europea e penalizzata dai mercati finanziari. Per spiegarci meglio il deficit al 2,4 per cento di per sé non è una tragedia insuperabile, il sostegno alla povertà, si chiami reddito di cittadinanza o di inclusione, è una cosa buona e giusta, la quota 100 in termini pensionistici è un obiettivo giusto per i lavori usuranti mentre non lo è per tutti i lavoratori, la crescita economica è un obiettivo centrale ma impone strumenti coerenti. Ma detto tutto ciò immaginare che gli obiettivi ricordati possano essere affrontati tutti nello stesso momento e nel loro insieme dimostra la mancanza assoluta di cultura di governo. Ed è quello che stiamo vedendo sin dall’inizio con questo governo che ha raggiunto il record di far danni con le sole parole, iniettando nelle vene del paese dosi massicce di incertezza e paura. Cosa significa, infatti, far dire per settimane al ministro del Tesoro che il deficit non supererà l’1,6 per cento del pil mentre i due vicepresidenti del Consiglio facevano il controcanto parlando di un deficit poco al di sotto del 3 per cento se non diffondere incertezze nei mercati, nelle imprese e nelle famiglie? Affrontare subito e tutti insieme la riforma previdenziale, la flat tax, il reddito di cittadinanza e la crescita economica ha prodotto una manovra che non raggiunge nessuno dei quattro obiettivi di fondo cui sono legati queste due giovani forze politiche che rischiano di scivolare pesantemente in un protagonismo fatto di slogan, intimidazioni e bullismo d’accatto mettendo il paese in un pericoloso isolamento internazionale e fibrillando i suoi conti pubblici. Infatti la quota 100 si fa ma chi va in pensione con quella quota lascia per strada il 20 per cento circa e viene punito perché per due anni non può fare alcun lavoretto aggiuntivo perché il cumulo è proibito (insomma un nuovo incentivo al lavoro nero). Il reddito di cittadinanza si fa ma non si sa né come né quando con il rischio che i 780 euro promessi facciano lievitare la spesa prevista e con effetti paradossali su quanti ad esempio hanno contratti part-time spingendo le aziende a ridurre il già striminzito stipendio tanto poi ci sarà lo stato a integrare sino a 780 euro. La crescita prevista, poi (1,5 per cento nel 2019 e 1,6 per cento nel 2020) è già di per sé molto al di sotto della media della zona euro ma le stime lasciano prevedere un tasso ancora minore. La flat tax è poco più che uno scherzo limitando i suoi effetti a poco più di 500 mila partite Iva che andranno ad aggiungersi alle 900 mila già inserite nei minimi forfettari con un prelievo del 15 per cento sul fatturato. E per concludere un aneddoto: avete mai visto un decreto fiscale scritto dal presidente del Consiglio e dai due vicepresidenti senza la conoscenza del ministro dell’Economia e delle Finanze? E infine come si può pensare di fare una manovra economica, pur se solo con mezze misure come abbiamo visto, senza chiedere nulla alla ricchezza nazionale che non andrebbe penalizzata con patrimoniali recessive che pure rischiano di comparire improvvisamente all’orizzonte ma che andrebbe coinvolta in un processo di risanamento e di crescita che ha bisogno degli sforzi di tutti. La ricchezza nazionale sa che salvando il paese salverebbe anche se stessa. Ma questa è la politica con la P maiuscola che da tempo, purtroppo, è scomparsa dal paese lasciando il suo governo nelle mani di giovani spavaldi, inesperti e maramaldeggianti nel silenzio complice degli autorevoli ministri tecnici.

Paolo Cirino Pomicino

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