L'ottimismo buono, e quello irrealistico da combattere. Ci vediamo a Firenze

Le lettere del 27 ottobre al direttore del Foglio Claudio Cerasa

Al direttore - Ottimismo con outlook negativo? O pessimismo con outlook positivo?

Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Caro Cerasa, per motivi purtroppo non futili non posso essere con voi oggi a Firenze. Me ne dolgo, ma mi consola il pensiero che in un passaggio della vita nazionale così confuso ed esposto a forti pulsioni plebiscitarie c’è un luogo in cui si discute al riparo dal sonno della ragione. Si può, anzi si deve, essere disillusi: ma non per questo inerti e rassegnati. “In fondo, il coraggio è ottimismo” (Oriana Fallaci, “Lettera a un bambino mai nato”).

Michele Magno

   

Caro Michele, c’è un ottimismo che ci piace e che è quello che ci porta a dire che avere fiducia nel progresso è l’unico modo per guardare in faccia la realtà. C’è poi un ottimismo che non ci piace, quello unrealistic teorizzato dal premio Nobel per l’Economia Richard Thaler, e che porta a sottostimare i rischi di una scelta irrazionale, a sottovalutare i benefici generati dal progresso e a trattare la democrazia con lo stesso tatto con cui i no vax parlano di vaccini. Il primo ottimismo è un ottimismo che scommette sulla società aperta. Il secondo ottimismo è quello che scommette sulla società chiusa. Il primo ottimismo combatte il rancore. Il secondo ottimismo lo alimenta. Noi sapete da che parte stiamo. Ci vediamo oggi a Firenze.


  

Al direttore - Caro Cerasa, premetto di condividere pienamente i giudizi decisamente negativi sulla manovra finanziaria e sulla condotta che su di essa sta osservando il governo. La disponibilità al dialogo con la Commissione presuppone una disponibilità dell’esecutivo a mediazioni sul programma di bilancio che, purtroppo, non si vede. Un analogo atteggiamento si richiederebbe per la Commissione Ue: diversamente sarà, se verrà promosso, un dialogo inutile, tra sordi; forse anche dannoso. Quanto alla Bce, pur condividendo nel complesso le dichiarazioni rese da Mario Draghi nella conferenza stampa di giovedì, ritengo tuttavia che, senza violare il proprio mandato, la Bce potrebbe dare un contribuito non solo con l’Omt – con pesante condizionalità e presupponenti l’arrivo, mutatis mutandis, della Troika – ma anche con altre misure facenti parte della panoplia a disposizione, alle quali ha fatto cenno lo stesso presidente. Si tratta di affrontare situazioni di illiquidità, non di non solvibilità, che dovrebbe essere un modo corretto, tradizionale, di intervenire da parte delle banche centrali. Del resto, perché, di fronte al possibile accrescersi delle difficoltà, attendere l’eventuale contagio e non invece concorrere a prevenirlo, anche, ma certamente non affatto soltanto, con la leva monetaria. Ciò che avvenne negli anni Novanta quando la politica monetaria della Banca d’Italia di Antonio Fazio riuscì a riportare i differenziali da circa 800 punti base verso i 200 ci dice molto. Ciò non riduce di una “et” le responsabilità del governo. Ma, se si profilasse una situazione ancora più grave, sarebbe doveroso utilizzare tutti i mezzi possibili di contrasto, prima del contagio. Ella, caro direttore, ha spesso detto di non confidare sugli spread per sconfiggere l’attuale governo, anche perché ciò sarebbe, alla fin fine, autolesionistico. Concordo. Resterebbe, poi, l’esigenza di una decisa battaglia politica per trarre le conseguenze da una situazione che avesse reso necessarie misure di assoluta straordinarietà.

Angelo De Mattia

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