Robert Faurisson (foto LaPresse)

Il negazionismo di ieri e quelli di oggi. Manovra e tasche: occhio

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Faurisson: sono vivo.

Giuseppe De Filippi

 

Faurisson è morto ieri e fu un decano del revisionismo sull’Olocausto. Un tempo il negazionismo era minoritario ed era concentrato sulla Shoah. Oggi un negazionismo minore, che non affronta e offende la più grande tragedia storica, purtroppo è diventato mainstream. Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e, diceva Goebbels, quella bugia diventerà una verità.

 

Al direttore - Bruciano illegalmente i rifiuti in tutta Italia, a nord e a sud, e la ragione è semplice. Lo ha detto bene Alessandro Bratti, braccio tecnico scientifico del ministero dell’Ambiente: “Quando non si riescono a trattare e smaltire i rifiuti si bruciano”. Economia circolare e raccolta differenziata sono diventati i mantra, che tutti ripetono. Dimenticando però una cosa semplice. Che né l’una né l’altra sono in grado di far scomparire i rifiuti. La raccolta differenziata è un metodo diverso per raccogliere i rifiuti, che però poi vanno trattati e possibilmente riciclati. L’economia circolare a sua volta ha bisogno di impianti che facciano il lavoro di rimettere in circolo materiali diventati rifiuti. E proprio questo manca: impianti. Un po’ dappertutto, ma soprattutto al sud, che paga tariffe più salate del resto d’Italia. Nel Lazio, il presidente Zingaretti ha annunciato l’addio ai termovalorizzatori di Colleferro e il ministro dell’Ambiente ha esultato per la bocciatura di un termocombustore sul modello Acerra in Campania, dove l’80 per cento dei rifiuti finisce tuttora in discarica, dimenticando che se Acerra non ci fosse anche Napoli oggi sarebbe in ginocchio. Viene da chiedersi: come si fa a fare a meno della realtà? Il ministro dell’Ambiente, più di chiunque altro, avrebbe il dovere di darsi una mossa e se non vuole passare come un Forrest Gump dell’ecologia dovrebbe cominciare a capire che c’è una sola soluzione al problema dei rifiuti: realizzare impianti. Di vario tipo. Servono impianti di riciclaggio per rifiuti urbani e speciali, servono discariche di servizio e servono termocombustori. L’illegalità si sconfigge non agitando le manette, ma con un’offerta legale e tecnologicamente avanzata di moderni impianti. Siamo tutti molto felici che si stia impegnando nell’immane compito di rendere il suo ministero “plastic free”. Poi però cerchi di capire anche come gestire tutti gli altri rifiuti italiani.

Luca Martini

 

Pensiamo a Roma. I romani pagano circa 670 milioni di euro all’anno di Tari (tassa sui rifiuti). Di questi, 350 milioni di euro se ne vanno in personale e 200 milioni se ne vanno per allontanare i rifiuti e portarli in impianti che esistono in quasi tutta Italia (sono 47) e che Roma ha scelto di non avere. Sarebbe utile forse organizzare per tutti, ministri e amministratori, un bel giro a Brescia dove la trasformazione di immondizia in energia attraverso i termovalorizzatori ha portato la bolletta energetica e la Tari a essere il 35 per cento più basse della media nazionale. Non è così difficile, no?

 

Al direttore - Caro Cerasa, la rigidità del mercato del lavoro reintrodotta con il decreto dignità (in vigore dal 14 luglio 2018, mentre la legge di conversione lo è dal 12 agosto 2018), rischia di produrre effetti preoccupanti di lungo periodo sulle dinamiche del mercato del lavoro giovanile. I dati di agosto 2018 diffusi dall’Inps, ci dicono che diminuiscono di 17 mila unità le assunzioni in somministrazione di lavoro rispetto al 2017, di 23 mila quelle a termine e non aumentano quelle a tempo indeterminato (che addirittura diminuiscono di circa 700 unità). A questo si aggiunga che la scelta “assistenziale” del reddito di cittadinanza (che dovrebbe vedere i suoi effetti nei primi mesi del 2019), potrebbe rendere più difficile e lento il periodo di transizione tra un lavoro e un altro, con il rischio che un maggior numero di giovani rimanga intrappolato in più lunghi periodi di disoccupazione rendendoli così meno competitivi su un mercato del lavoro che ha sempre più sete di nuove competenze (hard e soft). E’ sicuramente troppo presto per dare giudizi ma i segnali non sono in alcun modo positivi.

Andrea Zirilli

 

Al direttore - Giustamente il Foglio considera preoccupante quella frase nel comunicato di Moody’s sul debito italiano che considera rassicurante l’elevato risparmio detenuto dalle famiglie come potenziale fonte di finanziamento dello stato. Ciò evidentemente non tanto per la frase in sé, quanto per quel che ne può discendere. La ricchezza finanziaria è stata citata, in effetti, anche da Di Maio nello stesso senso di Moody’s. Ma sarebbe bene precisare: una cosa è considerare la ricchezza e il debito privati (più basso di quello di diversi altri partner europei) un fattore attenuante, come previsto, nel contesto del Fiscal compact; anzi, sarebbe opportuno che tale fattore avesse un rango simile a quello delle prescrizioni cogenti contenute nell’accordo intergovernativo; altra cosa è immaginare che risparmio e ricchezza siano una potenziale fonte di finanziamento del Tesoro perché ciò apre subito l’interrogativo sulla patrimoniale o, peggio, ancora, su ristrutturazione e consolidamento del debito pubblico. Ci mancherebbe solo questo per completare la costruzione di un’immagine del governo che lo privi di credibilità e, soprattutto, riduca la fiducia nel nostro paese, quando, all’opposto, di credibilità e fiducia si avrebbe ora bisogno come del pane. E’ sperabile che anche soltanto all’interrogativo non si arrivi mai.

Angelo De Mattia

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