Un titolo per il prossimo congresso pd: “Et si on arrêtait les conneries”

Al direttore - Da sinistra ribattono: 35 minuti di internet gratuito al giorno per tutti!

Giuseppe De Filippi

 

Come direbbe il saggio: mi spezzo ma non mi spiego.

 

Al direttore - Si deve concordare con le considerazioni della Ciliegia svolte sul Foglio del 26 giugno, riguardanti lo stato di cachessia in cui versa l’opposizione e, in particolare, il Pd. Tuttavia, per raggiungere l’autostrada che, secondo l’articolo, la vicenda politica italiana apre alle opposizioni è necessario valutare perché e come ci si sia ridotti in questo stato, comprendendo nell’analisi anche le perniciose illusioni del renzismo. Sarebbe assurdo, infatti, proporsi i nuovi obiettivi, che giustamente la Ciliegia indica, considerando le sconfitte a ripetizione e le disfatte subite nonché le relative cause “tamquam non essent”. La diagnosi, in questo caso, sarebbe al tempo stesso una terapia. L’analisi potrà far correre il rischio di profonde lacerazioni? Non è escluso, ma nemmeno ciò potrebbe valere per omettere una ineludibile indagine sulle cause, al fine di poter poi ripartire con forza. Finanche l’einaudiano “conoscere per deliberare” potrebbe essere evocato per compiere quest’opera di valutazione critica delle cause, pur avendo presente che “il tempo si è fatto breve”, come per problemi di gran lunga più importanti scrive san Paolo.

Angelo De Mattia

 

A forza di processarsi, di discutere, di lacerarsi, il Pd è diventato il partito che tutti vediamo. Piuttosto che pensare a cosa è andato storto conviene darsi una mossa per mettere insieme il meglio che ha la sinistra oggi e fare quello che suggerì tempo fa ai progressisti francesi Daniel Cohn-Bendit in un libro scritto con Hervé Algalarrondo. Titolo: “Et si on arrêtait les conneries”. Traduzione: “E se la finissimo di sparare cazzate?”. Sarebbe un’ottima traccia per il prossimo congresso del Pd.

 

Al direttore - Anche il suo giornale non sfugge al vezzo di sparare a zero sui dipendenti comunali, questa volta nella variante Ufficio Stampa di Roma Capitale, senza alcun motivo se non quello di aggiungere un orpello di troppo a un lungo articolo di polemica con l’amministrazione capitolina (“Capitale inetta, nazione infetta”). Questi malcapitati dell’Ufficio Stampa starebbero “al bar tutto il giorno” in conseguenza del fatto che sono stati trasformati in niente altro che “inviatori seriali di smentite precompilate”. Sarebbe tedioso stare qui a elencare tutte le mansioni che svolge la nostra struttura, ma la battuta del collega Merlo è particolarmente inopportuna, perché giunge proprio nel momento in cui i giornalisti del comune, insieme a quelli degli altri Uffici Stampa della Pubblica amministrazione, stanno cercando di vedere riconosciuta professionalità e dignità del proprio lavoro, anche da un punto di vista contrattuale. Quando Merlo dice che i dipendenti dell’Ufficio Stampa passano il loro tempo al bar, danneggia la nostra reputazione accusandoci di un comportamento illegale, senza alcuna prova a sostegno, e tira fuori ancora una volta il cliché trito e ritrito del dipendente pubblico che invece di lavorare pensa ai cavoli suoi. In termini tecnici questa sarebbe diffamazione, ma non vogliamo certo scendere sul terreno delle denunce, da sempre inviso a chi lavora nel mondo dell’informazione. Ci sembra utile, piuttosto, approfittare di questo spazio per auspicare una collaborazione improntata ai principi di correttezza e rispetto reciproco perché tutti lavoriamo per lo stesso obiettivo: garantire una giusta informazione ai cittadini che non sia condizionata da ricostruzioni di colore puramente strumentali.

Con immutata stima,

Il Comitato di Redazione dell’Ufficio Stampa di Roma Capitale

 

Risponde Salvatore Merlo: Parlare di bar in Campidoglio può essere frainteso di questi tempi, vista la mitica chat dei “quattro amici al bar”. I colleghi giornalisti dell’Ufficio Stampa del comune di Roma hanno tutta la mia simpatia, e nessuno può dubitare che svolgano i loro compiti professionali con coscienza e dedizione. Quello che si voleva raccontare è che in Campidoglio, accanto all’Ufficio Stampa istituzionale, ce n’è un altro che si muove secondo logiche politiche, e che i colleghi dipendenti del comune in questi ultimi due anni sono diventati vittime delle paranoie complottiste del Movimento cinque stelle, che non si fida di nessuno, e ha centralizzato la comunicazione verso lo staff della “Casalino Associati”. Anche al bar si lavora, e giustamente ci si lamenta.

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