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La vita eterna e bianca di Pauline, che non è mai diventata grande

Annalena Benini

"Tutti i bambini tranne uno" è insieme una coltellata al cuore e una carezza, le parole servono anche per rendere sopportabile ciò che non lo è

Allora, c’era una volta l’inverno scorso. Me lo ricordo: non sapevamo. E forse era meglio così. Meglio, forse, che non sapessimo. L’ignoranza ci proteggeva. Ci teneva al riparo dal dolore. Ancora non sapevamo ma le dovevamo ogni singolo giorno. Sapere ci avrebbe privato di questo dono. Quell’inverno, insomma, fu l’ultimo. E assorbe nella sua luce tutto quello che è stato prima.

Philippe Forest, “Tutti i bambini tranne uno” (Fandango libri)

Tutti i bambini, tranne uno, crescono, è questo l’inizio di Peter Pan di James Barrie. Tutti i bambini tranne uno, tutte le bambine tranne Pauline, che ha tre anni e uno strano dolore al braccio sinistro che a volte la tiene sveglia la notte. Pauline è bella e alta e dolce, ma quest’inverno sarà il suo ultimo inverno, nonostante l’operazione, la speranza e tutto l’amore che esiste. Questo libro è insieme una coltellata al cuore e una carezza, le parole servono anche per rendere sopportabile ciò che non lo è: una bambina che si ammala, soffre, viene curata, è coraggiosa, è forte, è dolce, dice: “Non devo avere paura, vero?”, e si affida ai suoi genitori, ai medici, ai giocattoli, al criceto, eppure per lei non c’è salvezza.

 

Non è sopportabile, ma la letteratura ha il potere di far passare la luce. Il padre, Philippe Forest, critico e scrittore, ha trovato le parole per raccontare l’immensità di un dolore, la bellezza di una vita, le speranze che martellano nella testa e poi se ne vanno. La descrizione dell’attesa durante le ore di sala operatoria, ore a cui non è possibile assistere. Forest lo chiama “l’orrore dell’attesa”. “Una parte di voi non esiste più. Vi precede nell’abisso pesante e freddo della catastrofe. Siete lividi. Solo il pallore della faccia vi tradisce. Non c’è più nessuno a cui potete parlare. Non c’è più niente che potete dire. Provate a vedere con la mente quello che sperate non succeda mai. Pensate che immaginare le cose sia un modo per scongiurarle. Cercate nella vostra testa le parole con cui spiegherete alla vostra bambina il braccio mancante. Vi vedete cercare con le dita la mano che non stringerete più”. A chi dirà che questo è troppo, che non si può leggere qualcosa che non vogliamo nemmeno per un momento immaginare, si può rispondere con le parole di Kafka, che sosteneva che un libro è come un’ascia, serve a rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi.

 

Questo libro è un’ascia. “Il romanzo ci prende per mano e ci guida fin nelle vicinanze di questo punto che acceca”. Intorno a quel punto, c’è la verità. Anche la capacità di imparare il tempo che resta. “Il lungo anno in cui morì nostra figlia fu il più bello della mia vita. Non ce ne sarà un altro uguale. Qualsiasi cosa riservi l’avvenire non staremo mai più tutti e tre insieme. E anche la routine angosciante delle cure, il terrore ripetuto degli esami, non li conosceremo più. Quella dolcezza nell’orrore ci sarà preclusa. Volevamo sempre scappare via da quell’Istituto, ma non potremo più passare davanti ai suoi cancelli senza provare il desiderio violento di accelerare il passo, correre all’ultimo piano, entrare nella stanza dove Pauline, da troppo tempo, certamente ci aspetta”. La dolcezza dell’orrore riguarda anche la stanchezza crescente di Pauline, che a casa non riusciva ad alzarsi dal divano blu, che sorrideva debolmente, che sognava l’Isolachenoncè, sognava di volare via dalla sofferenza. Philippe Forest ha trovato il coraggio letterario e umano di descrivere la morte di sua figlia e di renderla poetica, bianca, luminosa. La bambina che stringe a sé i suoi animali di pezza e giura che ce la farà come ce l’ha fatta sempre. Il nostro mare ghiacciato si è dissolto e adesso vediamo Pauline, e in lei tutti i bambini che muoiono e che sono eterni, e che dicono: non voglio dormire.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.