“Sai scrivere, non te lo perdonerò mai”, ovvero la ribellione di Edna O'Brien al suo destino irlandese

Annalena Benini
Edna O’Brien ha detto in un’intervista alla Paris Review, trent’anni fa (ora ha ottantacinque anni ed è sempre bellissima) di non essere mai stata “la cocca delle femministe”. “Pensano che io sia troppo occupata con temi fuori moda, come l’amore o la nostalgia. Anche se una donna ha scritto che io mando bollettini di guerra da campi di battaglia dove le altre non vanno”.

E tutte le cose che avevo amato fino a quel momento, come il vetro o le bugie, gli specchi e le piume, e i bottoni di madreperla, la seta e i salici piangenti, sono passate in secondo piano rispetto a quello che aveva fatto lui.

Edna O’Brien, “Oggetto d’amore” (Einaudi stile libero)

 

Edna O’Brien ha detto in un’intervista alla Paris Review, trent’anni fa (ora ha ottantacinque anni ed è sempre bellissima) di non essere mai stata “la cocca delle femministe”. “Pensano che io sia troppo occupata con temi fuori moda, come l’amore o la nostalgia. Anche se una donna ha scritto che io mando bollettini di guerra da campi di battaglia dove le altre non vanno”. Da posti di campagna crudeli eppure amati, dove il sogno di scappare e l’entusiasmo per la vita a volte si spengono dentro una brutta festa a cui una ragazza magra con i capelli neri e lunghi crede di essere stata invitata per rivedere l’uomo che ama, e invece deve pulire il pavimento, spingere le sedie contro il muro, farcire un’oca, stando attenta a non rovinare il vestito di pizzo che le ha prestato la madre. Bollettini di guerra da conventi dove una ragazzina (è la storia accaduta a Edna O’Brien) si innamora di una suora, sente per lei un’attrazione forte, il bisogno di baci (e la suora le confida di che colore sono i suoi capelli sotto il velo) ma sempre, ancora più forte, sente la voglia di godersi il fuoco e la libertà, le calze di seta e un’altra vita lontana da lì. Il desiderio di fuggire, la strana abitudine di sperare, l’esuberanza e l’innocenza, il desiderio di donne che non vogliono perdere nulla, e la rabbia di quelle che non osano immaginare più nulla: Edna O’Brien racconta la vita fisica, il senso dell’umorismo e lo spirito incrollabile (ma fragile) di ragazze che cercano di conquistarsi tutto, in Irlanda negli anni Cinquanta, e poi a New York. Ma “Oggetto d’amore”, che dà il titolo alla raccolta, è ambientato a Londra e racconta una storia d’amore dall’inizio, dalla leggerezza fino al tormento, lui è sposato per la terza volta, lei è divorziata, i figli sono in collegio, lei sente tremare le gambe sotto la grande tovaglia bianca e la testa confusa. “E’ così che mi innamoro”. Da quando è tutto lieve e perfetto e poi intenso e bellissimo a quando si desidera morire, e si chiede all’idraulico una mano per ammazzarsi con il gas. Con senso dell’umorismo e della farneticazione e con i pensieri feriti che combattono contro quelli nuovi, e la delusione non se ne andrà mai più. L’amore chissà. Edna O’ Brien scrive d’amore perché racconta la vita, come in “Ragazze di campagna”, racconta la fame di mondo e di uomini e di felicità.

 

A lei il marito, dopo avere letto il suo primo libro, disse soltanto: “Sai scrivere, non te lo perdonerò mai”, e anche questa è una grande opportunità per una scrittrice, un bella storia da raccontare: Edna O’Brien scrive senza mai togliere di mezzo il sesso e il dolore, ma con una concretezza appassionata, con l’attenzione ai nodi dei grembiuli, se vengono legati più stretti, e alle gomme delle biciclette, che bisogna fermarsi a gonfiare e rigonfiare mentre si pedala verso un destino che si immagina semplice e bellissimo, e che non lo è mai. Verso uomini che stanno dentro un mondo interiore, o a cui si allunga la mano in una notte di vento. “Vi chiederete come mai mi tormento così con i particolari della sua presenza, ma ne ho bisogno, non posso lasciarlo andare adesso perché, se lo facessi, tutta la nostra felicità e il dolore che ha provocato in me – per lui non posso garantire – non sarebbero serviti a niente, e aggrapparsi al niente è spaventoso”. Questo libro è dedicato a Philip Roth, che la considera la più grande scrittrice di lingua inglese, mentre Alice Munro, la regina dei racconti, trova che quelli di Edna O’Brien siano i più belli e dolenti che siano mai stati scritti. Pieni di compassione per le donne, e per gli uomini.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.