Il numero giusto da stampare sulla fronte di Dibba: 686 miliardi di euro

Al direttore - Conte: “Sarò avvocato difensore del popolo italiano”. Niente stamina però eh.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Conte in taxi al Quirinale. Il 3570: non ci risulta.

Alessio Viola

 


 

Al direttore - Caro Cerasa. Analisi lucida e spietata la sua del mare di guai che ci potrebbe venire addosso. Esito di quell’onda populista che ci ha sommerso, a cui stiamo cercando riparo. La nostra modesta opinione è che, stando così le cose, situazione di grande pericolo, contino più gli uomini capaci di resistere e mettere in salvo il “formicaio”, le stituzioni. Il massimo che può fare il presidente Mattarella è dire no a un eccesso di stranezze che può mettere in pericolo la nostra comunità. Se possibile appellandosi alla Costituzione. Dopo di chE ci vorrà qualcuno capace di guidare una forte resistenza quando arriverà la seconda ondata populista.

Dino Bartalesi

 

Contano molte cose. Ma conta prima di tutto che ci sia qualcuno che ricordi ogni giorno ai signori del governo che gli investitori stranieri che detengono i titoli di stato italiani hanno nel portafoglio 686 miliardi di euro. Di nostri titoli. E’ un numero che l’eversivo Alessandro Di Battista dovrebbe ripetere con più frequenza nei bar che frequenta.

 


 

Al direttore - Oramai abbiamo capito che il pallino di Di Maio è la storia che cita spesso insieme all’aggettivo storico che lui associa sempre alle sue iniziative e a quelle del Movimento. Va bene e ne prendiamo atto: ma, santiddio, perché non si dedica anche un po’ alla geografia materia nella quale zoppica in maniera vistosa?

Vincenzo Covelli

 

E chissà che non sia proprio la geografia italiana a decidere il destino di un governo formato da un partito maggioritario che rappresenta una parte produttivamente minoritaria del paese e da un partito minoritario che rappresenta una parte produttivamente maggioritaria del paese. Semmai dovesse esserci un cortocircuito, tra Salvini e Di Maio, non può che passare da qui.

 


 

Al direttore - Dunque, per sua stessa ammissione, il cuore del futuro presidente batte a sinistra. Allora, per dirla con Michele Magno, sarà bene organizzare un tour che oltre Lourdes tocchi Fatima, Santiago de Compestela e Medjugorje, perché qui ci vuole un miracolone e non solo per il Pd.

Valerio Gironi

 

“Chi non è di sinistra da giovane è senza cuore, ma chi non è di destra da vecchio è senza cervello” (Winston Churchill).

 


 

Al direttore - Alcune agenzie di stampa informano che Steve Bannon, ideologo del sovranismo radicale americano, sarà nei prossimi giorni in Italia e incontrerà Salvini. Ricordo che Bannon, dopo il voto del 4 marzo, fu uno dei primi influenti politici internazionali ad auspicare che si formasse in Italia un esecutivo del sovranismo nazionalistico giallo-verde. Ma l’incontro Salvini-Bannon (unitamente, per altro, all’appoggio di Le Pen al penta-leghismo) riveste un diretto significato per le stesse forze di opposizione al polo M5s-Lega, che si vedono di colpo rottamare superati criteri di interpretazione e di azione politica. Che non possono essere più quelli che ancora sono risultati dominanti, per stare al Pd, nella relazione del reggente Martina all’Assemblea nazionale dei democratici. Egli – ribadendo il logorato schema destra versus sinistra, dissimulato nella forma forze del passato versus forze del futuro – nasconde dietro un bipolarismo vecchio e astratto (si sente ancora l’eco lontana della vetusta dicotomia fascismo-antifascismo) l’incapacità a fare i conti con il bipolarismo reale, che oggi si definisce lungo lo spartiacque sovranismo versus globalismo. Il sovranismo dei nostri tempi, nella specifica miscela di nazionalismo e populismo che esprime e di cui l’imminente incontro Bannon-Salvini è prova, non è riconducibile alla dicotomia moralistica fascismo-antifascismo, se non al prezzo di una forzatura ideologica. A tale riguardo, la stessa alternatività del Pd rispetto al M5s, ribadita da Martina, risulta essere debole e farlocca, perché sul lungo termine ha tutta l’aria di tradursi nell’illusione di un recupero di dialogo con i grillini per una non meglio definita sinistra alternativa a una destra salviniana che incorpori FI. Ma così facendo, chi può escludere che sia piuttosto il Pd a rischiare di dissolversi nel populismo grillino? Nelle prossime settimane, il problema nel Pd non è la maggioranza renziana non più in sintonia con Martina, ma questi non più in sintonia con una realtà politica interna ed estera in rapida trasformazione.

Alberto Bianchi

 

E’ il governo Bannon. Con l'unica differenza che un paese dove un sistema funziona, come l’America, può anche permettersi un Bannon. Un paese dove un sistema non funziona, come l’Italia, con un Bannon può finire nei guai.

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