L'occidente e la vita. I vincenti incapaci, i capaci non vincenti

Al direttore - Ma la manovra? #senzadimef.

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Sul caso Alfie, l’occidente sta diventando la culla della cultura che disprezza la vita se non è “perfetta”, si legifera e si decreta a favore della morte, in alcune nazioni anche a favore del suicidio assistito dei minori se lo richiedono oppure ce ne sono altre dove non nascono bambini Down da decenni e non perché sono riusciti a correggere l’anomalia cromosomica, semplicemente li uccidono appena si sa che sono Down. Purtroppo lo stesso impegno sembra che non ci sia per garantire la vita e per garantire tutte le cure necessarie a vivere dignitosamente anche nella malattia.

Roberto Vaccarini

 

Al direttore - Ci sarà poco da gridare “aiuto”, come ha scritto ieri, nel caso di un governo “macronista” tra Pd e M5s. Infatti le cose a cui il Pd dovrà dire no, il M5s le venderà ai suoi elettori come la prova provata di chi si oppone alla realizzazione dei loro fantastici programmi. E quello a cui inevitabilmente dovrà dir di sì, verrà acquisito da metà partito come sana correzione di presunti rigori. Così il paese perderà due volte: il M5s non sarà costretto a rendere conto delle sue menzogne, e il Pd avrà smarrito per strada la sua credibilità.

Franco Debenedetti

 

Sarebbe un governo mostruoso, contribuirebbe a creare un nuovo bipolarismo populista, trasformando Salvini nell’unica alternativa a Di Maio, eliminando la possibilità di dar vita a un polo fieramente europeista. Purtroppo però quando i vincenti non si mostrano capaci tocca ai non vincenti dimostrare di non essere incapaci come i vincenti.

 

Al direttore - La lettera di Ivan Scalfarotto ha il pregio di fotografare l’ambiguità in cui si trova un partito in cui oltre al medesimo Scalfarotto milita anche il sottoscritto. E se Scalfarotto ha ragione per tutto ciò che scrive nella prima parte, sui limiti di una legislazione per così dire “di compromesso”, e sulle aspettative insoddisfatte di tante persone, vorrei invece entrare nel merito di alcune sue osservazioni: sorvolando sul trito e ritrito “senso di responsabilità”, che pare un vero monumento alla nostra presunzione e quindi alla nostra antipatia, e su quel trasformismo che Scalfarotto forse non ha visto ma io sì, e in troppi casi, veniamo al nocciolo. Scalfarotto dice: “Per quanto il concetto di sinistra possa essere in crisi nel mondo, i nostri valori sono solidi e chiari”. E via con l’elenco. L’Europa, ad esempio, che ci sta così a cuore che dopo aver sparato contro il Fiscal compact abbiamo lasciato sola la Bonino a farci un partito intorno. Ma poi da quando l’Europa è un valore di sinistra? I padri fondatori erano di sinistra? Kohl era di sinistra? E oggi è forse più europeista Mélenchon di Macron? Il viceministro cita anche “il libero commercio contro il protezionismo” tra i nostri indefettibili valori. Ricordo il voto del Pd in diversi Consigli regionali – tra cui il Piemonte – contro il Ceta, e in Parlamento nemmeno lo ha ratificato. In cosa poi il libero commercio sarebbe di sinistra? Vogliamo chiederlo a Speranza, o ai compagni greci e portoghesi? O magari a Corbyn, perché no? Non posso poi immaginare che ci si possa definire – o pensare – di sinistra, nel 2018, per il solo fatto di dare valore alla democrazia rappresentativa, a un’economia di mercato rispettosa delle regole, all’ambiente, etc. Quasi a dire che nel XXI secolo se non sei “di sinistra” questa roba ti è aliena, non ti appartiene. Assurdo. Ma al di là dell’inconsistenza di questi valori presupposti “di sinistra”, il punto che mi toglie ogni dubbio sulla necessità di un chiarimento definitivo del senso e del ruolo del Pd è quando leggo che la differenza tra noi e Corbyn e Sanders “non ha tanto a fare con l’ideologia”, e che “il nostro non è mai stato nient’altro che un partito di sinistra”. Qui non si parla di parole, ma le parole sono importantissime. E Scalfarotto, da persona intelligente lo sa. Nella storia italiana la sinistra ha scritto pagine importanti sempre e solo quando perlomeno combinata con un’altra che è “centro”. Da sola non è mai stata autosufficiente, neppure quando ancora aveva un senso pieno. Oggi quel senso sembra solo nell’intenzione di dirigenti che anziché guardare alla storia e all’evoluzione degli elettorati, cercano una rendita di posizione nella tradizione, e in parole che si credono rassicuranti. Ammesso che lo siano, resta il fatto che ridurre le distinzioni tra un movimento come il Partito democratico e le piattaforme di Corbyn e Sanders a mere differenze “di metodo” – come fa Scalfarotto – dovrebbe far riflettere tutti su quanti e quanto gravi siano diventati gli equivoci alla base del Pd e della sua attuale crisi.

Gabriele Molinari, consigliere regionale Pd Piemonte

 

A breve, forse, la vera domanda che il Pd dovrebbe porsi è un’altra. Non più quale debba essere il futuro del Pd ma se il Pd possa ancora avere un futuro.

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