Opere contestate ma salvifiche. Gli agenti provocatori valgono anche con i pm?

Al direttore - Troppi treni in ritardo e subito arrivano proposte da CasaPound.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Splendido il pezzo di Stefano Cingolani sulla vera storia del termocombustore di Acerra. Avrei solo aggiunto che tutte le emissioni di un anno dell’impianto sono di un milione di volte inferiori a quelle prodotte in una sola notte dai fuochi di artificio di Capodanno a Napoli. Cingolani dovrebbe insistere. Quante sono le opere duramente contestate che, una volta realizzate, hanno prodotto grandi benefici per il nostro paese? Così a memoria: Alta velocità ferroviaria, tangenziale di Venezia, variante di valico, inceneritore di Parma, quello di Brescia, Aurelia…Cordialmente.

Chicco Testa

 

E per non parlare poi del fatto che, come ricorda il Foglio da mesi, il totale delle scorie immesse nell’atmosfera ogni anno da tutti i termovalorizzatori funzionanti in Italia è pari alla quantità di inquinamento prodotto in un’ora di punta dal traffico di una città come Roma. Una politica votata al riformismo la si riconosce da come si gestiscono i rifiuti. Chi sa gestirli, può governare. Chi non sa gestirli, meglio che resti a Città del Messico.

 


  

Al direttore - Ma nel mondo perfetto di Pierbirillo l’agente provocatore potrà offrire soldi anche ai magistrati?

Frank Cimini

 

Valgono tutte le provocazioni tranne quelle infilate nelle scatole di scarpe.

 


  

Al direttore - Leggo ogni giorno ormai da molto tempo il Foglio. Sono il segretario regionale del Pd in Abruzzo e spesso le vostre riflessioni coincidono con le mie. Qualche giorno fa ho molto apprezzato il vostro editoriale sul libro del direttore del Corriere. Voglio scrivervi perché ritengo che dentro la questione della borghesia neutrale si nascondano da molti anni le ragioni per le quali oggi la politica, quella che fa, che si impegna, che cerca di trovare soluzioni ai numerosi problemi, viene costantemente messa da parte o peggio raccontata e linciata attraverso paradossali giustizialismi. Io ho 35 anni, faccio politica da quando ero un ragazzo e non posso evitare di vedere quanto la classe politica in questi anni si sia impoverita. Si è volutamente accettato il binomio “politica=non scelta”. Tutti abbiamo inseguito temi futili come i costi, le province, i rimborsi e abbiamo prodotto una sostanziale accettazione culturale dell’inutilità della politica e quindi poi delle istituzioni. Non mi stupisce che dentro questo quadro impoverito e depauperato, chi ha più scommesso sul fallimento della politica oggi si dica neutrale. E’ esattamente il punto di caduta dove si è voluti arrivare, equiparare tutti tramite l’inefficienza, accertata, del sistema. L’agenda politica in questi 10 anni è stata un rapido cavalcare il sentimento comune e abbiamo prodotto incertezza, incredulità, un elettorato più attento alle fake news piuttosto che ai numeri e al quadro generale. Chi si avvicina alla politica oggi lo fa tramite Rousseau, si affida a una srl che pretende il vincolo contrattuale e non quello costituzionale per il mandato di rappresentanza popolare. Ahimè, molti che hanno difeso il bicameralismo paritario, con la stessa improbabile disattenzione oggi sostengono il contratto con un’azienda privata piuttosto che la garanzia costituzionale del mandato parlamentare. E’ in corso un vero e proprio smantellamento dei baluardi ideali che hanno fondato la nostra Repubblica. Si ritiene più consono dirsi neutrali, perché attraverso questa neutralità si potrà avviare un cambio di classe dirigente. Ma quale? Mi auguro che dopo questa sciagurata campagna elettorale si possa tornare a discutere di come ricostruire l’assetto istituzionale gravemente ferito proprio dai neutrali e che le forze politiche responsabili senza strumentalità elettorali riescano a ricostruire un’agenda di riforma perché è una questione sospesa che resta prioritaria. Su questo terreno andrebbero sfidate le forze populiste, andrebbero sfidate le borghesie neutrali, per capire chiaramente che tipo di paese vogliamo. I leader ci sono, devono poter crescere, avere un campo di confronto che esca dalla stagnazione neutrale, debbono poter misurarsi su argomenti decisivi, dove le scelte devono tornare a contare, dove si riscopra anche una radicalità positiva del confronto democratico. Matteo Renzi è il leader giusto, ha le qualità per guidare il nostro paese. Errori ne ha fatti anche lui, servendosi di cavalli che poi l’hanno disarcionato (come quello di forzare riforma costituzionale/costi della politica), ma oggi è in sella di nuovo con un piglio diverso e io ritengo più efficace. L’auspicio è che non saranno le idi di marzo, le maggioranze pericolose, o le “lunari” discussioni interne del Pd a fermare la costruzione di una nuova “radicalità” che risvegli il paese. In questi giorni di campagna, con la neve, di notte, nei posti più lontani incontro molte persone che ci chiedono di andare avanti, non so come sarà il 5 marzo, ma il sole sorgerà e noi di certo continueremo a lavorare per il futuro del nostro paese.

Un saluto cordiale.

Marco Rapino

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