Hannah Arendt e il voto. Il manifesto del Foglio si firma qui: [email protected]

Al direttore - Caro Cerasa, aderisco al manifesto del Foglio.

Sergio Belardinelli

 


 

Al direttore - No protezionismo, no anti vaccinismo. Sì all’euro, sì alla riforma della giustizia, della contrattazione e della pubblica amministrazione. Manca solo meno tasse, per il resto ci sono. Firmo.

Antonluca Cuoco


 

Al direttore - Io ci sono, caro Direttore. aggiungerei al programma totalmente condivisibile, da lei esposto, una nota: ci impegniamo a non mettere in discussione le importanti leggi sui diritti civili approvate nella passata legislatura.

Lorenzo Lodigiani

 

Grazie. Stanno arrivando moltissime firme. Lunedì ne pubblichiamo alcune (di peso). Manager, politici, imprenditori e qualche sorpresa. Per il manifesto anti sfascisti, che trovate sul sito del Foglio, si firma qui: [email protected].

 


 

Al direttore - “Nulla forse illustra la generale disintegrazione della vita politica meglio di questo odio vago di tutto e di tutti, senza un oggetto definito, senza poter addossare la colpa a qualcuno: il governo, la borghesia o una potenza straniera. Esso si rivolgeva, dunque, in tutte le direzioni, a caso e imprevedibilmente, incapace di risparmiare qualcosa sotto il sole’’. Di chi sono queste parole che sembrano descrivere “l’aria che tira’’, da anni in Italia e in questa campagna elettorale, fomentata dalle “fumerie di oppio’’ dei talk-show televisivi? Il brano è tratto da “Le origini del totalitarismo’’ di Hannah Arendt e si riferisce al clima politico che precedette, in Europa, lo scoppio della Seconda guerra mondiale, con le sue tragedie e nefandezze.

Giuliano Cazzola

 


 

Al direttore - Sono inoppugnabili le analisi sulla buona salute dell’export italiano (il Foglio del 16 febbraio) e la sottolineatura degli aspetti positivi dell’economia italiana, più in particolare della manifattura, è importante. Poi, però, senza con ciò cadere nel “benaltrismo”, occorre pur avere presente il quadro d’insieme. Se lo si fa, se ne ricava che il “bradisismo economico” così denominato da Antonio Fazio – che ha colpito aspetti fondamentali della nostra economia almeno dagli anni Novanta – per cui perdiamo costantemente terreno nella crescita, nella produttività, nell’innovazione nei confronti dei partner europei e della media dei paesi dell’Unione e dell’Eurozona, si è un po’ attenuato. Tuttavia, per esempio, pur crescendo lievemente a differenza del passato, gli altri partner crescono molto di più e, dunque, permane il distacco. E non si chiama in ballo qui il cruciale problema del debito pubblico. Insomma, nel raffronto, resta ancora una buona dose di bradisismo. Sembra quasi la materializzazione del paradosso di Zenone che evoca la gara di corsa tra Achille e la tartaruga, anche se, purtroppo, noi non siamo Achille e gli altri partner non sono la tartaruga. Si torna così al “punctum dolens”, all’esigenza sin qui insoddisfatta di una politica economica e di finanza pubblica di vera svolta della quale, purtroppo, non si scorgono le tracce nei programmi elettorali, in cui dominano i libri dei sogni. E’ giusto gioire per gli avanzamenti in questo o quel settore, ma è altrettanto giusto costantemente preoccuparsi per i gravi ritardi a livello complessivo e tentare di contribuire al loro superamento. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

Di più su questi argomenti: