Matteo Renzi (foto LaPresse)

Renzi e una riflessione critica sugli anti casta. Sms di Cazzullo a Severgnini

Al direttore - Le contaminazioni linguistiche, pur essenziali per l’evoluzione umana, sono sempre state criticate da grandi pensatori. Cicerone contestava l’invasione delle parole greche nel latino. Pure George Orwell nel saggio “Politics and the English Language” inorridiva al pensiero che l’inglese potesse essere invaso da parole di origine straniera perché ha già tutti i vocaboli che servono. Aldo Cazzullo non è da meno. Non sopporta gli anglicismi ed esorta a difendere “l’italiano dall’Inglesorum” – come non sopporta l’invasione del caffè americano di Starbucks a Milano (come osano gli yankee?). Pensavo che gli allergici all’allogeno albergassero solo nel Carroccio, invece ne abbiamo uno in Via Solferino. Ebbene è il caso di arrendersi alla contaminazione linguistica. Oggi toccherebbe persino a Orwell gettare la penna: le cose sono andate peggio di come immaginava. Michael Skapinker sul Financial Times notava come un inglese molto sgrammaticato “l’Eurish” abbia ormai conquistato l’Europa, in quanto la corretta sintassi della lingua di Sua Maestà è ormai superata sia da persone comuni sia della classe dirigente. Forse però questo non è un segno dei tempi. Ma di ignoranza della lingua del diritto, della finanza, del mondo globalizzato. Ah, un altro difensore dell’autarchia linguistica fu il duce: pallacorda invece che tennis, un successone…

Carlo Riccardi

 

Resta solo un mistero da chiarire: ma quando il bravo Cazzullo invita tutti a difendere l’italiano dall’Inglesorum ci sta forse dicendo che dovremmo tutti difenderci dal Severgninorum? Italiani, sì. Italians, no.

 


 

Al direttore - L’Alto medioevo aveva messo all’indice numerosi mestieri, legati agli ancestrali tabù del sangue, della sporcizia e del denaro: osti, macellai, chirurghi, prostitute, notai, mercanti; ma anche sellai, calzolai, giardinieri, cambiavalute, sarti, mugnai. Un altro criterio, più strettamente cristiano, faceva riferimento ai sette peccati capitali. Albergatori, tavernieri e giocolieri favorivano la dissolutezza. L’avarizia caratterizzava i mercanti e gli uomini di legge, la gola il cuoco, la superbia il cavaliere, l’accidia il mendicante. In una delle sue magistrali lezioni di filosofia morale, Hannah Arendt ha osservato che il sadismo era curiosamente assente nel catalogo canonico dei vizi umani. Eppure il puro piacere di infliggere il dolore e contemplare la sofferenza dovrebbe essere considerato il vizio di tutti i vizi. Per secoli è stato rappresentato solo nella letteratura pornografica e nell’arte della perversione. Lo si è sempre rinchiuso nelle pareti della camera da letto, e solo da poco e di tanto in tanto si riesce a trascinarlo nelle aule dei tribunali. Oggi, invece, è praticato liberamente e alla luce del sole nella campagna elettorale. Basta pensare ai patimenti e alle tribolazioni inflitte agli italiani da una lotta politica che tutto è fuorché un confronto tra programmi e una battaglia delle idee. La pancia del paese ribolle di un meteorismo ormai patologico, di una miscela esplosiva di gas velenosi fatta di rancore sociale e di odio per il “diverso”. Ne sono responsabili solo il moralismo ipocrita dei Cinque stelle o il populismo straccione della Lega? Io, che pure il 4 marzo gli darò il mio voto perché credo che la nostra democrazia sia a rischio, mi chiedo: il Pd non ha nulla di cui rimproverarsi? In questi cinque anni non ha lisciato un po’ troppo il pelo all’antipolitica (giustizialismo e “dagli alla casta”)? E anche in questi giorni non sta forse commettendo qualche errore di comunicazione, puntando il dito esclusivamente su “rimborsopoli” e sull’incompetenza di Giggino e soci? Nel frattempo, Berlusconi gode… Tertulliano e Tommaso d’Aquino annoveravano, in perfetta innocenza, la visione dei dannati all’inferno tra i piaceri che attendono i santi in paradiso. Chi scrive non è né un Padre della chiesa né un santo, e quindi non avrà questa opportunità. Continua tuttavia a sperare che Renzi gli risparmi, finalmente, almeno le pene del purgatorio in terra.

Michele Magno

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