La grande occasione della Rai

Al direttore - Soliti attacchi a orologeria al partito di plastica.

Giuseppe De Filippi

 


  

Al direttore - “Mentre i detrattori fingono di non vedere, i prezzolati mentono spudoratamente riferendo considerazioni sui numeri al posto dei numeri secchi e duri, questi, i numeri secchi e duri illustrano il primato dell’offerta televisiva Rai. Prime time da capogiro portato per mano dal calcio – non i campionati del mondo – e dalla danza, quella classica. Bolle e l’Atalanta inchiodano 5 milioni di persone. La cosa mi rende allegro e mi fa superare con un pizzico d’ironia la dichiarazione del sindacato dei giornalisti della nostra redazione sportiva che per protestare contro il fatto che i Mondiali senza l’Italia li ha presi Mediaset, oggi scioperano. Senza gli Azzurri a motivare il piacere e l’interesse quel torneo sarebbe costato uno sproposito all’Italia. Anche qui a conti fatti, pubblici, noti, non con parole in libertà. Poi ognuno ha diritto di credere leso il proprio profilo professionale, ma anche il ridicolo ha il suo confine. Preferirei che ci sfidassimo adempiendo con estro e piacere il dovere, ma se scopriamo che le partite mute si godono ugualmente, e se in buona compagnia persino di più, l’esperienza potrebbe essere istruttiva”.


Guelfo Guelfi, membro del cda Rai

 

La Rai, come raccontiamo oggi in prima pagina, nell’èra dello sfascio televisivo ha una grande occasione: creare un’alternativa all’Italia del malumore. Se il servizio pubblico ha ancora un senso converrebbe ripartire da qui. O no?

 


 

Al direttore - Che Dio ci conservi a lungo Giulia Pompili per la sua splendida, cattiva, “recensione preventiva” della Carmen di Bizet al Maggio Fiorentino. E l’impietosa Pompili si pone una domanda che è più di una illuminante e corretta risposta: “Ma che se ne fa un teatro di una platea di ottusi?”. E gli “ottusi” di certo correranno ad applaudire una Carmen che, fregandosene di Bizet ma in linea con il soprintendente Chiarot, si ribella al suo eterno morire uccidendo, oplà, a pistolettate Don José. Cristiano Chiarot, già soprintendente del Teatro La Fenice, è cresciuto “culturalmente” incoraggiando come di più non si sarebbe potuto fare il regista Damiano Michieletto cui rivolse la sua “profonda indignazione” Paolo Isotta ma non solo. In breve la Fenice di Chiarot-Michieletto è diventata nel corso degli anni la Salisburgo di regie ottuse per ottusi, dunque perché sorprendersi delle parole di Chiarot quando per spiegare la sua Carmen stravolta afferma “credo si possa rimanere fedeli allo spirito di un’opera prendendosi libertà etiche”. Libertà etiche?! Ma perché mai etiche? Forse perchè viene meglio se etiche, dato che con libertà estetiche chissà dove si andava a sbattere. Di sicuro sugli orrori registici di Michieletto che, però, ha dalla sua la penna entusiasta di Francesco Merlo, che riuscì a dire di questo regista per pubblici ottusi “è il regista italiano più innovativo e più ricercato nel mondo”. Ecco perché Giulia Pompili va tutelata come un tesoro.

Franco Miracco

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