Gogna e procure. Davvero l'Ordine dei giornalisti non ha nulla da dire?

“Al direttore - Draghi:Crisi ormai alle spalle”. Ora intercettiamo la ripresa?

Giuseppe De Filippi

     

Al direttore - Smetterla di pubblicare intercettazioni? Caro Cerasa, lei ha regione da vendere, ma se non si è in grado di punire la violazione del segreto istruttorio lei crede che Travaglio o un suo simile accettino di aderire al lodo del Foglio?

Lorenzo Lodigiani

    

Nessuno risponderà di sì al nostro appello, ne sono certo, eppure sarebbe importante, per i giornalisti, iniziare a ragionare su un tema che ci sembra centrale: si può davvero accettare di trasformare una professione nella buca delle lettere delle veline delle procure? La questione era centrale ieri ed è centrale oggi visto e considerato che un fatto grave come quello registrato in questi giorni relativamente alla telefonata tra Tiziano Renzi e Matteo Renzi non si era mai visto: un’intercettazione non trascritta perché penalmente irrilevante, offerta a un giornalista in modo probabilmente illegale, utilizzata da un movimento politico per fare campagna contro gli avversari, diffusa e consegnata ai lettori in modo probabilmente illecito con la sola finalità di sputtanare qualcuno e far vendere qualche copia a un libro edito da una casa editrice che ha fondato la sua fortuna sulle veline delle procure. “Il controllo di legalità, funzione suprema della democrazia affidata alla magistratura, a Napoli – ha scritto ieri il direttore del Mattino, Alessandro Barbano, in un commento magistrale sul suo giornale – si è svolto mettendo a rischio la stessa legalità. Questo in troppi, a ogni livello istituzionale, hanno finto di non vedere. Come se il fatto non li riguardasse. Come se tutto fosse opera esclusiva di un maldestro o piuttosto infedele capitano dei carabinieri del Noe”. Se davvero in Italia esiste una corporazione giornalistica che vuole combattere contro la gogna la soluzione per farlo c’è ed è quella che per qualche giorno ripeteremo con un post-it sul nostro giornale: smettere di pubblicare intercettazioni. Noi lo faremo. Dovrebbero farlo tutti. Non lo farà nessuno. E siamo certi che anche questa volta, e in questa occasione, l’Ordine dei giornalisti troverà un modo per non far sentire la sua voce.

    

Al direttore - Martedì scorso nella “fumeria d’oppio’’ di Giovanni Floris si sono esibiti – sulle recenti vicende delle famiglie Boschi e Renzi – due campioni del giustizialismo nostrano: Piercamillo Davigo e Marco Travaglio. Tra le molte affermazioni discutibili alcune mi hanno particolarmente colpito. Al conduttore che gli chiedeva perché tanti indagati alla fine vengono assolti, l’ex presidente della Anm ha risposto (ovviamente senza citare casi e circostanze) accusando la politica di cambiare le leggi e cancellare così i reati. Per orientarsi, quindi, ha suggerito di osservare i motivi dell’assoluzione. Quando sta scritto “il fatto non sussiste’’ tutto va bene. Ma se nella sentenza del giudice (costretto – ahimè – ad applicare la legge) compare “’il fatto non costituisce reato’’, possiamo stare certi, secondo Davigo, che un colpevole è riuscito a farla franca. E giù applausi dal pubblico. Più introspettiva l’analisi di Travaglio sui guai giudiziari di Silvio Berlusconi. A suo avviso l’opinione pubblica (che al Cavaliere ne ha perdonate tante) si è disamorata di lui quando ha saputo ciò che succedeva durante le “cene galanti”. Secondo il direttore, le famiglie si sarebbero scandalizzate immaginando che in quella condizione avrebbero potuto trovarsi (sic!) le loro stesse figlie. Per quanto sia riprovevole il suo stile di vita, Berlusconi non è certo paragonabile a Boko Haram; né Ruby e le Olgettine hanno qualche cosa da spartire con le studentesse rapite. Penso che le “sventurate’’ capissero il senso del burlesque.

Giuliano Cazzola

     

Al direttore - Giuliano Pisapia con una vaporosa intervista al Corriere dice a tutto il popolo della sinistra che o ci sarà unità o ci sarà una nuova lista. Parole foriere di rinnovata speranza, quelle dell’ex sindaco di Milano che, a riprova della sincera volontà di essere uniti e vincenti, ha persino messo in piedi il movimento “Campo progressista”. Un nome ch’è tutto un programma, anche se l’unità che ha in mente il suo fondatore, renderebbe più adatto un nome tipo “Campo santo”.

Valerio Gironi

     

Sarei più per un’altra definizione: una sinistra senza campo né coda.

    

Al direttore - “Diamo a Cesare quel ch’è di Cesare”: del pari, riconosciamo a Ferrara di essere stato tra i pochi ad aver visto giusto sul presidente Trump. E non era facile visto che da più parti, in Italia e all’estero, e da fonti autorevoli si esprimeva apprezzamento nella sua elezione. Onore al merito di chi “vox clamantis in deserto” ha tentato di richiamare tutti alla ragione.

Angelo Costanzo

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