Accusare senza prove: il grande orrore della dittatura del sospetto

Al direttore - Possibile che Woodcock non abbia mai indagato su Trump?

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Tutti a chiedere chiarezza a Maria Elena Boschi sull’affaire Etruria. Ma non dovrebbero chiederla a Ferruccio de Bortoli? In un paese “normale”, l’onere della prova dovrebbe spettare a chi accusa, non a chi è accusato. Pardon, dimenticavo che siamo nell’epoca della post verità.

Michele Magno

 

Siamo un paese fondato sul pettegolezzo e la dittatura del pettegolezzo è alla base della post verità. Ciò che è vero non è più ciò che è dimostrato ma è ciò che fa comodo credere, ciò che diventa virale. Esempi. C’è un magistrato che lancia accuse senza avere alcuna prova di ciò che sta dicendo? Che importa: si prende sul serio quel magistrato, si dà spazio alle sue idee, si ignora il fatto che quel magistrato sta parlando senza pezze di appoggio e poi si fa finta di nulla quando quel magistrato (è successo ieri, con il mitico Zuccaro, Catania) ammette di aver parlato solo di “ipotesi di lavoro”. C’è un giornalista molto stimato (che quando parla di Renzi e del suo giglio magico perde però molta lucidità) che lancia accuse (non provate) contro un ministro del governo e cosa succede nel mondo dell’informazione? Che chi è accusato è colpevole fino a prova contraria, chi lancia accuse non dimostrate ha ragione fino a prova contraria. La dittatura del pettegolezzo può far sorridere, quando a essere attaccati sono obiettivi che ci stanno sulle balle. Ma come dice spesso il professor Cassese la repubblica del sospetto, quando si afferma, è l’anticamera dell’autoritarismo, non della verità. Il dubbio è scomodo, diceva Voltaire, ma i dubbi solo gli imbecilli non ne hanno.

 

Al direttore - E’ arrivato in Italia il Byob (bring your own bottle) cioè la possibilità di andare al ristorante portandosi il vino da casa. Con il Byob si è anche aperto il dibattito sul diritto di tappo, cioè quanto far pagare lo stappo, l’apparecchiatura, l’eventuale decanter, la mescita, il lavaggio dei bicchieri. Insomma la faccenda sta prendendo una piega che richiede un serio dibattito, ovviamente sulla rete, sui limiti e sui costi dei diritti del cittadino bevitore. Bloghisti, piattaformisti più o meno associati, democratici diretti e fagottari sono avvertiti.

Valerio Gironi

 

Al direttore - L’Italia l’aveva trovato il suo Macron, è stato buttato nel cesso dalle forze più evolute intelligentemente politiche preparate progressiste avanguardiste imbecillone che assemblate in una armata Brancaleone hanno spianato la strada a forze formidabili pari a loro sfidando queste in una battaglia epocale non tra rane che con le favole di Fedro/Esopo c’erano pure simpatiche no è in atto una battaglia tra pantegane.

Luigi Desa

 

Al direttore - Lei dice bene, giusto, opportuno che lo dica. Macron, Berlusconi, Renzi, Andiamo al sodo? Il modo d’interpretare e praticare la politica da noi, ha avuto nella “ingovernabilità” l’architrave portante. All’ombra della stessa s’è sviluppata e consolidata la frammentazione politica, il proliferare di potentati di categoria, di casta, di interessi: ogni fazione col suo potere d’interdizione. Scopro l’acqua calda: tutto quel mondo vive e prospera nel clima della “ingovernabilità”. Che fosse quello preferito dai poteri frammentati e dalle clientele proprie derivate, lo si è visto il 4 dicembre. O si riesce a cambiare l’impostazione costituzionale, o flatus vocis perenne. Anche da noi nel 1994 spuntò un simil Macron sappiamo che nome porta. Il sistema lo rifiutò. Seguirò con curiosità attenta cosa accadrà in Francia e con rassegnata noia i nostri prossimi stadi di “ingovernabilità”.

Moreno Lupi

Di più su questi argomenti: