I paraguru del grillismo negano di portare acqua al mulino di Casaleggio

Al direttore - Stavolta però Cazzullo potrebbe prendersela coi centri commerciali.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - A Roberto Speranza va riconosciuto il merito di aver plasticamente e semplicemente spiegato l’egemonia culturale grillina. Alla domanda dell’intervistatore (Sette 7/4) se conoscesse l’articolo 99 della Costituzione, l’ex capogruppo alla Camera, laureato in Scienze Politiche, nonché raccoglitore del popolo di sinistra disperso e confuso, ha risposto che no, non lo conosce. L’articolo 99 ė quello che istituisce il Cnel ed era nel novero degli articoli costituzionali che sarebbero stati aboliti o riformati se il 4 dicembre avesse vinto il Sì. Speranza era per il No e ci ha fatto pure una scissione. Dunque, per la proprietà transitiva anche Dibba, “congiuntivo” Di Maio e la Taverna possono legittimamente aspirare a essere considerati giganti della politica. Di questa sicuramente.

Valerio Gironi

 


 

Al direttore - Poiché mi sfuggiva il senso di quasi tutto quel che dicevano Davide Casaleggio e i suoi amabili interlocutori a “Otto e mezzo”, ad un certo punto ho deciso di cambiare canale. Allora finalmente ho capito e mi sono rasserenato. Era una trasmissione non criptica, ma criptata.

Michele Magno

 

Avere un’intervista da Davide Casaleggio è un colpo giornalistico e si può anche arrivare a capire che si sia costruito per l’occasione un format muto, imbelle: Casaleggio non aveva nulla da dire, e infatti non ha detto nulla, e lo ha detto anche male, favorito dal fatto che i suoi interlocutori non gli hanno chiesto granché. L’intervista a Casaleggio è stato un grande spot a Grillo, come ha ammesso anche Lilli Gruber, ma il più grande spot a Grillo non è stato invitare Davide Casaleggio con due para grillini in studio. Il più grande spot a Grillo è un altro: è partecipare a un evento come quello organizzato oggi a Ivrea, sempre da Casaleggio jr Ognuno è libero di legittimare chi crede – e per carità l’egemonia grillina non nasce oggi – ma quando si accetta un invito a una festa non si può dire partecipo alla festa senza essere d’accordo con le ragioni della festa: la festa di Ivrea è la festa di un movimento che calpesta la Costituzione, invita i genitori a non vaccinare i figli, truffa i cittadini con la balla della democrazia diretta, agita la forca contro i giornalisti, violenta le istituzioni della Repubblica, difende la post verità, gioca con la diffamazione, alimenta la gogna, punta a distruggere la democrazia rappresentativa. Ognuno è libero di votare ciò che crede e di portare acqua al mulino che desidera. Ma se si accetta un invito a una festa quantomeno non si dica chissenefrega del festeggiato. Guru sì. Paraguru no.

 


 

Al direttore - Non me ne vorranno i lettori del Foglio se, in tempi così cupi, con quel che succede in Siria, ma finalmente aperti a una speranzella, per la decisione di Trump, la metto un po’ sul lieve – ma di quella levità che a me sembra assai pesantemente indicativa del modo di essere della medicina di oggi nella nostra bella Italia, specialmente in tema di malattie infettivo-contagiose. Dunque, l’influenza. Ancora in corso? Stancamente, straccamente ma, sì, ancora in corso, ci assicurano. Il Rapporto della sorveglianza epidemiologica della 13° settimana di quest’anno, a cavallo tra marzo e aprile, segnala infatti ulteriori 60 mila casi di influenza sul territorio nazionale. Ma questo mentre il Rapporto della sorveglianza virologica assicura, in questa stessa settimana, di aver ricevuto e analizzato 200 campioni biologici (tampone orofaringeo) di influenzati e di avere riscontrato qualche virus influenzale nel 2 per cento appena degli stessi campioni. Ergo, dei 60 mila influenzati riportati in grassetto nel Rapporto epidemiologico poco più di un migliaio, in base ai ben più attendibili risultati virologici ottenuti dagli esami di laboratorio, aveva davvero l’influenza. Entrambi i Rapporti sono opera dell’Istituto superiore di sanità. Siccome solo 3.488 degli 11.391 campioni biologici di ammalati di influenza finora analizzati dai laboratori, pari al 30,6 per cento degli stessi, ha mostrato la presenza di virus influenzali, è lecito domandarsi quali malattie avesse davvero quel quasi 70 per cento (pari a 3,7 milioni sui circa 5,3 milioni di diagnosticati di influenza fino alla 13° settimana di quest’anno) di influenzati senza virus influenzali, e dunque in realtà nient’affatto influenzati. All’Iss l’ardua risposta, mentre l’influenza è ancora viva solo in Rapporti di sorveglianza epidemiologica che sorvegliano quel che torna loro comodo.

Roberto Volpi

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